I pazienti con insufficienza cardiaca che hanno ricevuto un inibitore SGLT2 in aggiunta alla cura convenzionale hanno meno rischio di morte cardiaca improvvisa
I pazienti con insufficienza cardiaca (HF) che hanno ricevuto un inibitore SGLT2 (cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2) – in aggiunta alla terapia medica convenzionale – hanno manifestato minori probabilità di andare incontro a morte cardiaca improvvisa rispetto al gruppo placebo, con un beneficio che è persistito indipendentemente da altre terapie mediche dirette dalle linee guida. Peraltro, con l’uso dell’inibitore SGLT2, non è stata osservata alcuna riduzione degli eventi aritmici. È quanto risulta da uno studio pubblicato online sul “Journal of Cardiovascular Electrophysiology”.
Efficacia indipendente dal valore della frazione di eiezione
«L’incidenza significativamente inferiore di morte cardiaca improvvisa rispetto al placebo nei pazienti con HF che ricevono la terapia con inibitori SGLT2 (o gliflozine) concorda direttamente con gli studi che dimostrano come la terapia con inibitori SGLT2 abbia un profondo impatto sulla morte cardiovascolare e sui ricoveri per HF indipendentemente dalla frazione di eiezione» scrivono gli autori dello studio, con Connor Oates, del MedStar Heart and Vascular Institute e del Georgetown University-Washington Hospital Center,, come ricercatore principale.
«I pazienti con HF, siano essi caratterizzati da ridotta o preservata frazione di eiezione, sviluppano fibrosi, ipertrofia miocardica, disregolazione elettrica e metabolica che possono predisporre a tachiaritmie atriali e ventricolari, bradiaritmie e altri disturbi elettromeccanici» proseguono.
«Questi diversi meccanismi possono portare – in modo indipendente – alla morte cardiaca improvvisa nei pazienti con HF e possono essere direttamente influenzati dalla terapia con inibitori SGLT2» sottolineano.
Metanalisi di sette studi di confronto tra aggiunta o assenza di terapia con gliflozine
Oates e colleghi hanno analizzato i dati di sette studi pubblicati prima del 28 agosto 2022, i quali includevano pazienti con HF messi a confronto in termini di uso di un inibitore SGLT2 (n = 10.796) rispetto al placebo (n = 10.796) e che avevano riportato esiti differenti, tra cui morte cardiaca improvvisa, aritmie ventricolari e aritmie atriali.
La terapia con inibitori SGLT2 è risultata associata a una significativa riduzione del rischio di morte cardiaca improvvisa (RR = 0,68; IC 95%, 0,48-0,95; P = 0,03). In assenza di un monitoraggio dedicato del ritmo cardiaco, non sono state rilevate differenze significative di incidenza di aritmie ventricolari prolungate non associate a morte cardiaca improvvisa (RR = 1,03; IC 95%, 0,83-1,29; P = 0,77) o aritmie atriali (RR = 0,91; IC 95%, 0,77-1,09; P = 0,31) tra i pazienti che hanno ricevuto un inibitore SGLT2 rispetto al placebo.
I messaggi-chiave
- La terapia con inibitori SGLT2 è associata a un ridotto rischio di morte cardiaca improvvisa nei pazienti con HF che ricevono una contemporanea terapia medica. Sono necessari studi prospettici per determinare l’impatto a lungo termine della terapia con inibitori SGLT2 sulle aritmie atriali e ventricolari.
- L’analisi non ha dimostrato una riduzione dell’incidenza di eventi aritmici nei pazienti che ricevono una terapia con inibitori SGLT2. Questo risultato, sebbene coerente con un’analisi post hoc dello studio DAPA-HF, trova dei limiti nel disegno degli studi inclusi, in particolare nella mancanza di un monitoraggio dedicato del ritmo cardiaco.
- Per questo motivo è essenziale – nella progettazione di futuri studi randomizzati sulle terapie per l’HF – includere il monitoraggio dedicato del ritmo dedicato al fine di migliorare la caratterizzazione della morte improvvisa.
Fonte:
Oates CP, Santos-Gallego CG, Smith A, et al. SGLT2 inhibitors reduce sudden cardiac death risk in heart failure: Meta-analysis of randomized clinical trials. J Cardiovasc Electrophysiol. 2023 Mar 23. doi: 10.1111/jce.15894. [Epub ahead of print] leggi