Sono diversi i farmaci immunitari, già approvati per altre malattie cutanee, in varie fasi di sviluppo per il trattamento dell’idrosadenite suppurativa
Sono diversi i farmaci immunitari, già approvati per altre malattie cutanee o completamente nuovi, in varie fasi di sviluppo per il trattamento dell’idrosadenite suppurativa, una malattia cutanea non così diffusa ma che rappresenta un nuovo mercato potenzialmente molto interessante.
L’idrosadenite suppurativa è una malattia autoinfiammatoria dei follicoli piliferi, che causa foruncoli dolorosi e ricorrenti in aree del corpo con ghiandole sudoripare. Si ritiene che ne soffra l’1-4% circa della popolazione statunitense.
L’unica terapia biologica attualmente approvata è dupilumab e i suoi biosimilari, ma la ricerca farmacologica in questo ambito è molto attiva. Alcune compagnie stanno studiando i propri anticorpi monoclonali per le malattie cutanee autoimmuni anche nell’idrosadenite, mentre altre stanno sviluppando nuovi agenti.
Anticorpi diretti contro l’interleuchina-17 sviluppati per altre patologie
La prima strategia è quella adottata dai farmaci in fase clinica più avanzata, ovvero l’inibitore dell’interleuchina (IL)-17 secukinumab (Novartis) e il doppio inibitore della IL-17A ed F bimekizumab (UCB).
Il primo si è rivelato efficace negli studi registrativi ed è già approvato per cinque condizioni autoimmuni tra cui la psoriasi a placche e l’artrite psoriasica.
Bimekizumab è stato approvato per la psoriasi nel 2021, anche se finora solo in Europa. I dati degli studi Be Heard I e II nell’idrosadenite suppurativa presentati di recente al congresso dell’American Academy of Dermatology (AAD) erano molto positivi, apparentemente migliori di secukinumab e alla pari con adalimumab.
Nuovi agenti in fase III di sviluppo clinico
Al congresso sono stati presentati dati interessanti della fase non controllata di un trial di fase III con izokibep (Acelyrin), un nuovo inibitore della IL-17A che vanta una migliore penetrazione tissutale e un’emivita plasmatica estesa, ma bisogna attendere i risultati vs placebo per trarre maggiori conclusioni.
Un’altra potenziale terapia in fase III è il JAK1 inibitore povorcitinib (Incyte). In fase II i pazienti trattati per quattro mesi hanno avuto una riduzione significativamente maggiore del numero di ascessi e noduli infiammatori rispetto a quelli sottoposti a placebo. Entrambi i trial hanno utilizzato come obiettivo primario la percentuale di pazienti che ottiene un miglioramento di almeno il 50% rispetto al basale (Hidradenitis Suppurative Clinical Response, HiSCR 50) nella conta totale di ascessi e noduli infiammatori, senza un aumento della conta di ascessi o tunnel drenanti.
Nuovi agenti in fase II di sviluppo
All’AAD sono stati presentati i risultati di uno studio di fase II con eltrekibart (Eli Lilly), un anticorpo monoclonale septa-specifico per i recettori delle chemochine CXCR1 e CXCR2, vale a dire che lega tutti e sette i ligandi dei due target, coinvolti nella migrazione dei neutrofili verso i siti di infiammazione. Il 66% dei pazienti in trattamento attivo per 4 mesi ha raggiunto una risposta HiSCR 50 rispetto al 41% del gruppo placebo, con una differenza di 25 punti che renderebbe eltrekibart competitivo ma che dovrà tuttavia essere confermata in fase III.
In uno studio di fase II ha raggiunto la risposta HiSCR 50 il 38% dei pazienti trattati per tre mesi con il JAK1 inibitore upadacitinib (Abbvie), rispetto al 25% di quelli sottoposti a placebo. La differenza era statisticamente significativa (p=0,018) ma numericamente di soli 13 punti percentuali, inferiore rispetto ad altri agenti.
Nuovo farmaco sperimentale trispecifico
Un farmaco promettente sembrerebbe sonelokimab nanobody (Moonlake Immunotherapeutics), un agente trispecifico mirato sia alle IL-17A ed F, come bimekizumab, che all’albumina, un meccanismo che dovrebbe consentire una migliore penetrazione nella pelle.
Uno studio di fase II, che ha valutato due diversi dosaggi di sonelokimab rispetto sia al placebo che ad adalimumab, aveva come endpoint primario la risposta HiSCR 75. Secondo gli analisti, la sua emivita più breve rispetto a bimekizumab potrebbe comportare tassi più bassi di candidosi e una migliore tollerabilità.
In uno studio di fase III con l’anticorpo monoclonale spesolimab (Boehringer Ingelheim) diretto contro la IL-36, i pazienti trattati per 12 settimane hanno ottenuto una riduzione del 39% dell’HiSCR rispetto al 35% dei pazienti trattati con placebo, risultati che secondo i ricercatori supportano nel complesso lo sviluppo dell’agente nell’idrosadenite suppurativa.
In fase più preliminare ha destato interesse il meccanismo d’azione mirato alla degradazione della Irak-4 (interleukin-1 receptor-associated kinase 4), una chinasi coinvolta nella segnalazione della risposta immunitaria innata mediata dai Toll-like receptors, da parte dell’agente sperimentale KT-474 (Kymera Therapeutics) che punta alla fase II nel corso dell’anno.