L’attività fisica è uno dei più importanti fattori che determinano la salute pubblica, sia nella cosiddetta prevenzione primaria, sia nella prevenzione secondaria
Oltre il 30% della popolazione italiana si considera sedentario e la prevalenza dell’inattività fisica cresce con l’avanzare dell’età, causando inevitabilmente patologie significative e, in generale, un peggioramento della salute. In particolare, la sedentarietà è causa del 9% delle malattie cardiovascolari. È quanto emerge dai dati elaborati dal sistema di sorveglianza italiano PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) nel biennio 2020-2021.
“Numerosi studi scientifici da anni hanno inserito l’inattività fisica tra i principali fattori di rischio cardiovascolare e addirittura come quarta causa di mortalità nel mondo – afferma Alessandro Biffi, specialista in Cardiologia e Medicina dello Sport e membro del Consiglio Direttivo di SIPREC, oltre che della Commissione scientifica della Federazione medico-sportiva del CONI e della Med-Ex, società medical partner della Scuderia Ferrari – di contro, è evidente, che l’attività fisica, magari svolta secondo gli standard minimi indicati dalle Linee Guida della Società di Cardiologia Europea, svolga un ruolo cruciale nella prevenzione dei fattori di rischio. Le indicazioni sono semplici e possono essere seguite da tutti: bastano 150 minuti a settimana di attività semplice come una corsa leggera, una camminata o una pedalata”.
“Il movimento fisico dopo l’insorgenza di una patologia cardiovascolare con complicanze importanti –spiega Biffi – è ormai inserito nei piani di riabilitazione, alla stregua del trattamento farmacologico. Non va trascurata, inoltre, una motivazione importante a favore dell’attività fisica costante: il rafforzamento del sistema immunitario, la nostra barriera naturale contro ogni tipo di evento avverso. Molti studi recenti hanno dimostrato, per esempio, che chi era abituato a fare attività fisica costante e quotidiana non ha contratto il Covid o ne ha gestito meglio il decorso, senza complicazioni respiratorie”.
Dunque, “muoversi” e abbandonare la sedentarietà non fa bene solo al sistema cardio-vascolare, ma si rivela anche una buona arma contro l’insorgere di patologie neoplastiche o artrosiche, oltre che procurare benessere psicologico.
La buona salute collettiva significa anche risparmio per il servizio sanitario pubblico e risorse che si “liberano” per essere impiegate in modo più efficace e mirato.
Dai dati del Rapporto “Stet UP” pubblicato congiuntamente dall’Ufficio europeo dell’OMS e dall’OCSE, risulta che l’aumento dell’attività fisica, oltre a prevenire migliaia di morti premature, fa risparmiare miliardi di euro di spesa sanitaria annuale. A fare da cassa di risonanza al rapporto di OMS e OCSE è il report del Forum “The European House- Ambrosetti”, riferito al nostro Paese, dal quale si evince che se la pratica sportiva fosse nella media OCSE, l’Italia potrebbe risparmiare circa 32 miliardi fino al 2050. In particolare, l’aumento della pratica sportiva ai livelli minimi raccomandati eviterebbe oltre 11 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili entro il 2050, inclusi 3,8 milioni di casi di malattie cardiovascolari. Nel panorama generale europeo, l’Italia figura al secondo posto per spesa pubblica sanitaria dovuta alla sedentarietà, con un costo annuo pari a circa 3,8 miliardi di euro, inteso come somma di costi diretti e indiretti, e un’incidenza sul totale della spesa sanitaria pubblica e privata pari all’1,7% del PIL. Si potrebbe stimare che ogni persona sedentaria in meno in Italia libererebbe circa 170 euro di risorse economiche e ci sarebbero migliaia di decessi precoci in meno dovuti proprio alle conseguenze dell’inattività fisica.
“Occorre invertire la rotta – conclude Biffi – investendo proprio sulla prevenzione e sull’educazione. Superfluo dirlo, ma vale sempre la pena ribadirlo: bisogna partire dalle scuole, dai luoghi di aggregazione giovanili e dagli ambulatori dei medici di famiglia. Spetterà alle istituzioni, poi, organizzare campagne nazionali di comunicazione e informazione per far arrivare in modo capillare il messaggio secondo cui fare attività fisica è vero atto di difesa della salute pubblica”.