Dermatite atopica: abrocitinib in monosomministrazione giornaliera si è dimostrato efficace nel ridurre il prurito e l’estensione delle lesioni tipiche della patologia
Approvato e rimborsato a fine gennaio 2023 da Aifa per il trattamento dei pazienti adulti con dermatite atopica grave candidati alla terapia sistemica, da oggi è disponibile in Italia abrocitinib, un inibitore orale della Janus chinasi 1 in monosomministrazione giornaliera, che si è dimostrato efficace nel ridurre il prurito e l’estensione delle lesioni tipiche della patologia con un buon profilo di tollerabilità.
La dermatite atopica è malattia cutanea infiammatoria cronica, legata a un pattern genetico che comporta un difetto della barriera cutanea e una propensione all’infiammazione molto più spiccata rispetto alla norma. Il sistema immunitario dei pazienti produce infatti un eccesso di citochine pro-infiammatorie, in particolare interleuchina (IL)-4, 5 e 13. Inoltre chi soffre di dermatite atopica produce pochi peptidi antimicrobici e presenta un’alterazione del microbiota cutaneo, due fattori che favoriscono l’ipercolonizzazione da parte dello Stafilococco aureus, che alimenta l’infiammazione.
Ha una prevalenza media a livello globale di circa il 15% nei bambini e dell’8-10% negli adulti, senza particolari differenze di genere. In Italia sono oltre 35mila le persone che convivono con una forma grave di questa patologia, con un rilevante impatto sulla qualità di vita dei pazienti e delle famiglie.
Nella fase acuta le lesioni, sotto forma di vescicole essudative, sono molto pruriginose, rosse, spesse o a chiazze, squamose o a placche, che si lesionano con il grattamento. Nella fase cronica, il grattamento e lo sfregamento danno luogo a lesioni squamose secche. Il prurito intenso è il sintomo chiave, che peggiora di notte, negli ambienti secchi o caldo-umidi e in presenza di sudore, inquinamento da polveri sottili, indumenti di lana, stress emotivo, saponi aggressivi e lavaggi eccessivi. Le infezioni batteriche secondarie sono frequenti e si verifica una predisposizione alle infezioni cutanee virali.
«La dermatite atopica è una malattia cutanea infiammatoria cronica che può perdurare per tutta la vita con fasi alterne di remissione e riacutizzazioni» ha spiegato il prof. Giuseppe Monfrecola, Presidente SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse). «Si manifesta con arrossamenti molto estesi accompagnati da prurito e/o bruciore intensi e persistenti, accompagnati da una marcata secchezza cutanea. Può interessare testa, tronco e arti, ma spesso le sedi maggiormente colpite sono anche quelle più visibili, come volto, collo, mani. Per questa sua visibilità e il forte prurito, la patologia ha un pesante impatto sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie».
Un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti
La diagnosi di dermatite atopica è in genere tardiva e spesso è necessaria una diagnosi differenziale con altre patologie cutanee, come la dermatite seborroica o la psoriasi. Quanto alla prognosi, può migliorare o scomparire entro i primi 5 anni di età ma le riacutizzazioni sono frequenti durante l’adolescenza e l’età adulta. La malattia ha importanti conseguenze psicologiche e sociali e sono tanti i bisogni ancora insoddisfatti.
«Rispetto a 20 o 30 anni fa le cose sono un po’ migliorate, dermatologi formati e centri di dermatologia sono presenti in tutto il Paese e sono disponibili molti più presidi terapeutici rispetto a prima. Ma c’è ancora molto da fare» ha osservato il dr. Mario Picozza, Presidente ANDeA (Associazione Nazionale Dermatite Atopica). «Convivere con la dermatite atopica è una battaglia e una sfida continua. È una malattia che si “sente” e si “vede”. Il paziente fa fatica a dormire per via del prurito incessante e del dolore, e di giorno non riesce a concentrarsi ed è meno produttivo a scuola o al lavoro».
«La qualità della vita è gravemente compromessa – sottolinea Picozza – con importanti risvolti psicologici che impattano sull’autostima e causano stress e timore del giudizio degli altri, con frequenti fenomeni di isolamento sociale e di bullismo. Tutto questo genera ansia, depressione, tristezza, paura e ritiro sociale» Ha poi continuato «La dermatite atopica è stata sottovalutata e sottotrattata per anni: ANDeA nasce nel 2017 per portare all’attenzione pubblica e delle istituzioni le problematiche legate a questa patologia invalidante. Non possiamo più accettare che ai pazienti non vengano garantiti i propri diritti. Come Associazione abbiamo stilato un Manifesto programmatico con i 10 punti sui quali chiediamo interventi puntuali alle istituzioni e lo facciamo partecipando ove possibile ai tavoli decisionali e mantenendo un dialogo costante con i decisori politici».
Una nuova opzione terapeutica rimborsata per le forme severe della malattia
Abrocitinib è un inibitore della Janus chinasi 1 (JAK1), una tirosin-chinasi intracellulare che svolge un ruolo essenziale nella segnalazione di numerose citochine implicate nella patogenesi di molte malattie infiammatorie. Alla base della fisiopatologia della dermatite atopica ci sono diverse citochine pro-infiammatorie, la cui produzione è sovra regolata dalla segnalazione della JAK1. Inibendone la segnalazione, abrocitinib è stato associato a una riduzione dose-dipendente dei biomarcatori sierici dell’infiammazione.
L’Aifa ne ha approvato la rimborsabilità il 27 gennaio 2023 nel trattamento dei pazienti adulti (≥18 anni) affetti da dermatite atopica grave con punteggio EASI (Eczema Area and Severity Index) ≥24 e candidati alla terapia sistemica. L’approvazione è basata sui risultati di 5 studi clinici su oltre 2.800 pazienti, inclusi 4 studi di fase III e uno studio di estensione in aperto a lungo termine ancora in corso. Il farmaco ha dimostrato miglioramenti significativi sia dei sintomi che nel controllo di malattia rispetto al placebo.
In uno studio di confronto, che ha valutato pazienti in terapia con farmaci per uso topico, abrocitinib 200 mg è stato associato a un miglioramento significativo nel sollievo del prurito dopo due settimane rispetto al farmaco attivo di riferimento.
Ha dimostrato un profilo di sicurezza coerente tra gli studi, con un favorevole rapporto rischio-beneficio anche nello studio di estensione a lungo termine.
«Abrocitinib è un farmaco orale in monosomministrazione giornaliera che agisce bloccando la Janus chinasi 1, che interviene nella trasduzione dei segnali infiammatori della dermatite atopica» ha spiegato il prof. Giampiero Girolomoni, Direttore UOC di Dermatologia e Malattie Veneree Azienda Ospedaliera di Verona. «Agisce bloccando sia i mediatori dell’infiammazione che quelli del prurito, riducendoli entrambi. L’azione è piuttosto rapida e nel giro di pochi giorni i pazienti riscontrano un miglioramento della sintomatologia».
«Gli studi condotti per valutarne efficacia e sicurezza, rigorosi e su vaste popolazioni, controllati e randomizzati, verso placebo o verso altri farmaci attivi di riferimento, hanno dimostrato la superiorità di abrocitinib nella risoluzione precoce di segni e sintomi e un’ottima tollerabilità» ha aggiunto. «Può essere assunto per tutto il tempo che serve, come può essere interrotto e ripreso a seconda delle necessità. Si inizia la terapia con una dose un po’ più alta e man mano si riduce il dosaggio a seconda della risposta del paziente, fino ad arrivare a una dose di mantenimento».
I dosaggi rimborsati dal SSN in classe H sono quelli di 50 mg e 100mg. Abrocitinib è soggetto a prescrizione medica limitativa (RNRL), da rinnovare volta per volta da parte di centri ospedalieri o specialisti.
«La missione di Pfizer è quella di sviluppare e rendere disponibili innovazioni scientifiche in grado di portare cambiamenti concreti nella vita dei pazienti» ha commentato Francesca Cozzolino, Direttore Inflammation&Immunology e Rare Disease di Pfizer Italia. «Abbiamo concentrato i nostri sforzi in aree dove riteniamo di poter dare un contributo unico e di rispondere a importanti bisogni, come le malattie infiammatorie croniche, e abrocitinib ne è un esempio. La dermatite atopica è fonte di discomfort per gli adulti tanto che si è rivelata una delle patologie cutanee con il più alto livello di disabilità nel Global Burden of skin disease study del 2013. Pfizer è stata la prima azienda farmaceutica a dedicarsi allo studio del ruolo svolto dai JAK-inibitori all’interno dei processi infiammatori: si ritiene che il pathway JAK-STAT svolga un ruolo importante nei processi infiammatori in quanto coinvolto nella segnalazione di oltre 50 citochine e fattori di crescita, molti dei quali determinano patologie immuno-mediate. L’inibizione delle JAK rappresenta, quindi, una risorsa importante per lo sviluppo di nuove opzioni di trattamento a beneficio di tante persone che soffrono ogni giorno per queste patologie».