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Mielofibrosi: nuova terapia mirata migliora sintomi di malattia

Raccomandata in UE l'approvazione di momelotinib per il trattamento di pazienti con anemia da moderata a grave

Mielofibrosi: una nuova terapia mirata per migliorare i sintomi e l’anemia della patologia è stata presentata sulla rivista The Lancet

La ricerca può cambiare la vita: oggi grazie a nuove terapie e ai progressi scientifici, per chi si ammala di alcune malattie ematologiche, un tempo incurabili, è possibile vivere bene e più a lungo. Come nel caso della mielofibrosi, un tumore raro che colpisce il midollo osseo – la “fabbrica” che produce le cellule del sangue – per il quale le terapie al momento disponibili sono limitate.

Alessandra Iurlo, responsabile della Struttura dedicata alla diagnosi e alla cura delle Sindromi Mieloproliferative del Policlinico di Milano, è tra gli autori di un articolo pubblicato in questi giorni sull’autorevole rivista scientifica “The Lancet”, che riporta i promettenti risultati di uno studio internazionale multicentrico che ha coinvolto quasi 200 pazienti a cui ha contribuito anche il team della nostra Ematologia. Questa ricerca ha dimostrato l’efficacia di un nuovo farmaco chiamato Momelotinib, nel trattamento dei pazienti affetti da mielofibrosi, soprattutto in presenza di anemia sintomatica. La terapia non è ancora in commercio ma si sta già lavorando per una sua rapida approvazione da parte delle autorità regolatorie.

Febbre, profonda stanchezza e debolezza, sudorazioni notturne, prurito, dolori alle ossa e alle articolazioni, dimagrimento, milza ingrossata e lividi improvvisi: sono i campanelli di allarme più frequenti della mielofibrosi, una malattia ematologica rara che colpisce più frequentemente gli over 60. Si tratta di una patologia neoplastica caratterizzata da una progressiva deposizione di tessuto fibroso a livello del midollo osseo, responsabile a livello del sangue periferico della comparsa di anemia, leucopenia e piastrinopenia.

I meccanismi alla base della mielofibrosi non sono ancora oggi stati del tutto chiariti; tuttavia, è stato evidenziato che più della metà dei pazienti presenta una mutazione puntiforme a carico del gene JAK2, responsabile della alterazione a livello della produzione delle cellule del sangue. Negli ultimi anni è profondamente migliorata la gestione della malattia, grazie a farmaci che hanno come bersaglio questa proteina chiamati inibitori di JAK. Nonostante queste terapie si siano dimostrate efficaci nel miglioramento dei sintomi in alcuni casi possono peggiorarne la severità dell’anemia.

La nuova terapia basata sull’impiego di Momelotinib consentirà, invece, di migliorare la produzione di globuli rossi e di aumentare la disponibilità del ferro circolante, e di rispondere meglio alle esigenze dei pazienti con mielofibrosi, migliorando i sintomi causati dalla malattia, oltre a portare ad una riduzione della dipendenza trasfusionale.

I risultati di questo importante studio internazionale sono stati presentati all’ultimo convegno dell’American Society of Hematology (ASH) che si è tenuto a New Orleans, e indicano Momelotinib come una terapia innovativa che si andrà ad affiancare alle attuali opzioni.

“Questa pubblicazione – spiega Alessandra Iurlo – è un importante riconoscimento del nostro costante impegno nel campo della ricerca e dell’assistenza nelle neoplasie mieloproliferative, facendo della nostra Ematologia un punto di riferimento in questo ambito. Grazie a questo studio è stato possibile dimostrare che Momelotinib potrebbe offrire una nuova efficace opzione terapeutica per la cura dei pazienti con mielofibrosi, che consentirà di migliorare l’anemia, la splenomegalia e altri sintomi correlati alla malattia”.

 

Momelotinib versus danazol in symptomatic patients with anaemia and myelofibrosis (MOMENTUM): results from an international, double-blind, randomised, controlled, phase 3 study

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