Nei pazienti con diabete di tipo 2, l’uso a breve termine di farmaci antinfiammatori non steroidei può aumentare il rischio di ospedalizzazione a causa di scompenso cardiaco
Nei pazienti con diabete di tipo 2, l’uso a breve termine di farmaci antinfiammatori non steroidei può aumentare il rischio di ospedalizzazione a causa di scompenso cardiaco, secondo i risultati di uno studio del registro danese pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology (JACC).
Questa associazione non è una nuova scoperta, ma aggiunge un ulteriore gruppo di pazienti all’elenco di quelli che potrebbero essere vulnerabili ai FANS. In una metanalisi condotta nel 2013 gli inibitori selettivi della COX-2, il diclofenac e l’ibuprofene sono tutti risultati associati a un rischio quasi raddoppiato di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Inoltre, un’ampia analisi europea ha collegato l’uso di ibuprofene, naprossene o diclofenac a un rischio maggiore del 20% di ricovero per insufficienza cardiaca.
Maggior rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco con l’uso di FANS
I ricercatori guidati da Anders Holt del Copenhagen University Hospital–Herlev e Gentofte, Hellerup, Danimarca, hanno valutato oltre 330mila pazienti (età media 62 anni, 44% di sesso femminile) del registro nazionale danese che hanno ricevuto una diagnosi di diabete di tipo 2 tra il 1998 e il 2021. Circa un terzo soffriva di ipertensione, l’8,3% aveva fibrillazione atriale, il 20% assumeva un beta-bloccante, il 41,6% un inibitore del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), il 43% una statina e il 25% un antipiastrinico.
Entro un anno dall’arruolamento, il 16% dei pazienti ha richiesto almeno una prescrizione di ibuprofene, celecoxib, diclofenac o naprossene. A un follow-up mediano di 5,9 anni ci sono stati 23.308 primi ricoveri per scompenso cardiaco. Tra i ricoverati, quasi il 40% erano donne e l’età media era di 76 anni.
L’uso di FANS è stato associato a un maggior rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco (OR 1,43), con risultati simili osservati tra i pazienti esposti a FANS per periodi compresi tra 14 e 42 giorni. Non è stato osservato un aumento del rischio nei soggetti con meno di 65 anni, che invece è stato rilevato in associazione a un precedente uso di FANS in concomitanza con RAAS inibitori e diuretici, un approccio terapeutico chiamato ‘triple whammy’ (OR 1,41).
I sottogruppi più a rischio erano pazienti con più di 80 anni (OR 1,78), quelli mal gestiti come evidenziato da livelli elevati di HbA1c e che non assumevano nessuno o un solo farmaco antidiabetico (OR 1,68) e i nuovi utilizzatori di FANS senza precedenti prescrizioni (OR 2,71).
Lo studio ha anche rilevato che a 5 anni dalla dimissione per il primo ricovero per scompenso cardiaco, i tassi di mortalità per tutte le cause tra i pazienti erano paragonabili indipendentemente da una precedente storia di utilizzo di FANS, suggerendo che i ricoveri per insufficienza cardiaca associati ai FANS non erano legati a un semplice “sovraccarico di liquidi”, hanno concluso i ricercatori.
Smascheramento dell’insufficienza cardiaca subclinica causata dal diabete di tipo 2
I ricercatori hanno eseguito delle analisi dei sottogruppi per capire se l’aumento del rischio osservato nel loro studio potesse essere attribuibile al peggioramento dello scompenso cardiaco strutturale subclinico, o a un impatto transitorio sul sistema renale che ha causato l’accumulo di liquidi. Hanno rilevato che i pazienti con livelli normali di emoglobina glicata (HbA1c) non presentavano un aumento del rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco.
«Questo suggerisce che gli effetti combinati dell’iperglicemia e dell’esposizione ai FANS possono portare a disfunzione endoteliale, con conseguente scompenso cardiaco» hanno scritto gli autori. «Tuttavia, anche gli individui con una ridotta velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) non presentavano un rischio più elevato di insufficienza cardiaca con l’uso dei FANS».
«Se il rischio di essere ricoverati per la prima volta con scompenso cardiaco a seguito dell’esposizione a breve termine ai FANS è sostanziale nei sottogruppi con livelli elevati di HbA1c, più che nei sottogruppi con ridotta funzionalità renale, sembra che una probabile spiegazione fisiopatologica possa essere attribuita a un “smascheramento” dell’insufficienza cardiaca subclinica causata dal diabete di tipo 2» hanno aggiunto.
Uso dei FANS da limitare il più possibile
Secondo Craig Beavers, della University of Kentucky, a Lexington, l’ipotesi dello smascheramento sembra sensata. «L’uso dei FANS avrebbe potuto causare una riacutizzazione in alcuni pazienti che, senza saperlo, avevano un’insufficienza cardiaca, che è stata diagnosticata in occasione di quel particolare frangente» ha spiegato.
Il messaggio generale è di essere cauti nell’uso dei FANS e di limitarlo il più possibile, ha affermato. Anche se sono farmaci ampiamente disponibili in versione OTC, i pazienti nello studio stavano assumendo FANS con prescrizione medica, principalmente ibuprofene. Ma i risultati possono essere generalizzabili anche a quanti assumono farmaci da banco, dato che in molti superano le dosi consigliate e in genere non lo comunicano al proprio medico.
«Potenzialmente ci sono alcuni FANS che potrebbero essere un po’ più appropriati dal punto di vista cardiovascolare. In teoria, il meloxicam potrebbe conferire un rischio inferiore, ma tutti comportano un certo rischio di effetti cardiovascolari. È importante essere cauti e cercare degli agenti alternativi, se possibile» ha consigliato Beavers.
Referenze
Holt A et al. Heart Failure Following Anti-Inflammatory Medications in Patients With Type 2 Diabetes Mellitus. J Am Coll Cardiol. 2023 Apr 18;81(15):1459-1470.