Asportato un ameloblastoma di 1,4 chili dal volto di un uomo: al Galeazzi di Milano ricostruita la mandibola impiegando una porzione di osso del perone del paziente
L’equipe del professor Alessandro Baj, responsabile dell’Unità di Chirurgia Maxillo-facciale dell’Irccs Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano, ha ricostruito la mandibola di un uomo affetto da tumore, impiegando una porzione di osso del perone del paziente stesso. L’ameloblastoma, neoplasia benigna dell’osso mascellare non metastatica ma molto aggressiva che origina dalle cellule di produzione dello smalto dentale, era stato scoperto da oltre 20 anni.
Cresciuta nel tempo, arrivando al peso di 1 chilo e quattrocento grammi, la massa tumorale ha intaccato bocca, mandibola e cavo orale dell’uomo, rendendo indispensabile l’intervento chirurgico, durato otto ore, al termine delle quali sono state rimosse la massa tumorale e la mandibola.
Parallelamente si è proceduto con l’espianto del perone, con l’arteria peroniera e le vene, modellato al fine di riprodurre, anche grazie all’ausilio di mezzi di fissazione, l’esatta curvatura della mandibola. Un trapianto autologo, di un tessuto che viene poi rivascolarizzato con tecniche microvascolari, che permettono pertanto al tessuto trapiantato di essere subito percorso dal sangue.
“Si tratta di un intervento impegnativo e complesso- ha spiegato il professor Baj– date anche le notevoli dimensioni della massa, ma che presenta una bassa possibilità di complicanze soprattutto in pazienti giovani, come in questo caso. Il tasso di successo è molto alto, tuttavia è possibile avere una recidiva, pertanto il follow up post-operatorio sarà di cinque anni, esattamente come accade per alcuni tumori maligni”.
Il paziente sarà sottoposto successivamente a un nuovo intervento, che prevede l’impianto dei denti, il ripristino della funzionalità di labbro e bocca, il miglioramento dell’aspetto della cicatrice sul collo e la rimozione della pelle in eccesso.
“Il viso è il nostro biglietto da visita- ha concluso lo specialista- il primo elemento che le persone notano e ricordano di noi. Quindi per me era importante che il mio paziente tornasse a riconoscersi guardandosi allo specchio”.