SLA: studio clinico italiano denominato FETRALS valuta le potenzialità terapeutiche del trapianto di microbiota intestinale
Modulare la reazione immunitaria alla base della risposta infiammatoria progressiva alla base della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) allo scopo di rallentarne la progressione e farlo, nelle prime fasi della malattia, attraverso un trapianto di microbiota intestinale (‘trapianto fecale’) da un donatore sano. È questa l’ipotesi alla base dello studio FETRALS, un trial clinico randomizzato e multicentrico concepito in sinergia dalla Professoressa Jessica Mandrioli, Neurologa dell’Università di Modena–Reggio Emilia, il Professor Amedeo Amedei, Immunologo dell’Università di Firenze, e il Professor Luca Masucci, Microbiologo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma.
Alcuni risultati preliminari dello studio sono stati presentati a Copenhagen, in occasione del Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive (ECCMID, 15-18 aprile), dalla dottoressa Alessandra Guarnaccia, ricercatrice in microbiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e dal Professor Luca Masucci, docente dell’Università Cattolica e Responsabile dell’Unità Operativa di Diagnostica Molecolare e manipolazione di Microbiota del Dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche del Policlinico A. Gemelli, diretto dal professor Maurizio Sanguinetti, past President dell’ESCMID (Società Europea di Microbiologia e Malattie Infettive).
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una grave patologia caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni motori a livello del midollo spinale e del cervello; questo provoca la comparsa di una paralisi progressiva e di disabilità fisica ingravescente, e porta al decesso in media a 2-5 anni dalla diagnosi. L’età d’esordio della patologia è tra i 40 e i 70 anni (in media 55 anni). Nel 5-10% delle persone con SLA è possibile individuare una serie di fattori genetici trasmessi all’interno delle famiglie, ma ben il 90% dei casi è ‘sporadico’ e non ha cause note. Anche per questo è molto difficile formulare un trattamento che sia valido per tutti i pazienti.
Di recente sono stati proposti come fattori trigger, cruciali per la comparsa di questa malattia, lo stress ossidativo (dovuto ad uno squilibrio tra radicali liberi e fattori anti-ossidanti nell’organismo), un danno o la morte delle cellule nervose (esotossicità) e l’attivazione di vie pro-infiammatorie. Un ruolo molto importante nel regolare o sopprimere le risposte del sistema immunitario è giocato dai “linfociti T regolatori” (T-reg); per questo i ricercatori hanno ipotizzato che l’espansione e l’attivazione dei T-reg potrebbe esercitare un effetto terapeutico nei pazienti con SLA, almeno nelle prime fasi della malattia.
Lo studio FETRALS ha arruolato 42 persone (di età compresa tra i 18 e i 70 anni) con SLA in fase iniziale (i sintomi non dovevano essere comparsi da oltre 18 mesi); i pazienti sono stati quindi randomizzati a ricevere un trapianto di microbiota intestinale (FMT, 28 pazienti), all’inizio dello studio e 6 mesi dopo, o placebo (14 pazienti). In occasione di ogni procedura i ricercatori hanno raccolto campioni di feci, saliva e sangue per valutare come il trapianto di microbiota influenzasse la composizione del microbiota intestinale del paziente, lo stato infiammatorio e il sistema immunitario, allo scopo di gettare luce sui processi iniziali della SLA. Ogni paziente è stato inoltre sottoposto a due biopsie intestinali (a 6 e 12 mesi), mediante colonscopia. Obiettivo principale dello studio era documentare una variazione significativa nel numero dei T-reg nei pazienti sottoposti a trapianto di microbiota nei 6 mesi dall’inizio dello studio.
I ricercatori del Gemelli hanno presentato all’ECCMID risultati preliminari relativi alla composizione del microbiota della mucosa intestinale di 6 pazienti all’inizio dello studio, che mostrano un’abbondanza relativa di Proteobatteri (15%); è questo un vasto gruppo di batteri che presenta sulla superficie cellulare delle proteine in grado di attivare facilmente il sistema immunitario e il conseguente rilascio di molecole infiammatorie. È noto da tempo che alcune alterazioni nella composizione del microbiota intestinale sono legate a determinate patologie neurologiche (asse intestino-cervello). Alcune popolazioni batteriche del microbiota, i Proteobacteria, sono in grado di dialogare con il sistema immunitario e di promuovere l’attivazione di alcune vie pro-infiammatorie, a seguito della riduzione del numero dei T-reg e della soppressione delle loro funzioni. Allo stesso tempo, alcuni studi animali (su modelli murini) hanno evidenziato significative alterazioni del microbiota intestinale nelle prime fasi della SLA; tutto ciò ha portato ad ipotizzare un possibile ruolo del microbiota intestinale nello sviluppo della SLA.
Lo scorso anno, lo stesso gruppo di ricerca aveva pubblicato su Current Microbiology uno studio che documentava per la prima volta l’isolamento di un batterio coreano ‘inusuale’, il Rummeliibacillus suwonensis, nel microbiota intestinale di un paziente 69enne con SLA. “Il microbiota intestinale – spiega il professor Masucci – è un ecosistema complesso composto da trilioni di microrganismi, cruciali per la salute umana. Al momento abbiamo a disposizione due opzioni per esplorarne la complessità: la metagenomica e la colturomica. Quest’ultimo è un approccio che utilizza varie condizioni di coltura e la successiva analisi dei componenti del microbiota, attraverso la spettrometria di massa ed eventualmente il loro sequenziamento. La caratterizzazione del microbiota intestinale rappresenta una strategia fondamentale per mettere in relazione il suo possibile ruolo con la salute dell’individuo e non solo per quanto riguarda le patologie intestinali, ma anche quelle sistemiche”.
“Ci auguriamo che il nostro lavoro apra la strada ad una un’innovativa possibilità di trattamento per una condizione, come la SLA, che ha un enorme bisogno terapeutico insoddisfatto”, commenta la dottoressa Guarnaccia. “La nostra speranza è che il trapianto di microbiota possa aumentare in maniera significativa il numero di T-reg, così da modificare l’attività delle cellule immunitarie che circondano i motoneuroni in senso anti-infiammatorio e neuroprotettivo, per rallentare la progressione della SLA”.
“Le nuove informazioni provenienti da questa nostra ricerca – conclude il professor Masucci – potrebbero aprire la strada a nuovi approcci terapeutici volti ad alterare o ad interferire con l’infiammazione. Contiamo di avere a disposizione tutti i risultati di questo studio nel 2024”.