Degenerazione maculare: faricimab ha determinato un riassorbimento maggiore e più rapido del liquido retinico, con meno iniezioni, rispetto ad aflibercept
Annunciati oggi che i dati post-hoc indicano che il trattamento con faricimab ha determinato un riassorbimento maggiore e più rapido del liquido retinico, con meno iniezioni, rispetto a quanto osservato con aflibercept nella degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD). Nell’edema maculare diabetico (DME), i dati post-hoc suggeriscono che il trattamento con faricimab ha indotto un riassorbimento più rapido del liquido retinico con meno iniezioni, nonché un minore leakage dai vasi della macula, la zona centrale della retina, rispetto a quanto riscontrato con aflibercept.
Le analisi degli studi di fase III TENAYA e LUCERNE (nAMD) e YOSEMITE e RHINE (DME) sono state presentate al congresso annuale dell’Association for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO) del 2023, a New Orleans, negli Stati Uniti.
“La riduzione del liquido retinico è associata a un miglioramento della vista”, ha dichiarato Levi Garraway, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. “Questi dati ribadiscono la capacità di faricimab di determinare il riassorbimento del liquido retinico, comprovando come questo farmaco potrebbe fare davvero la differenza nelle persone affette da patologie oculari che minacciano la vista”.
Faricimab è il primo anticorpo bispecifico per l’occhio ed è attualmente approvato in 60 paesi per il trattamento della nAMD e del DME, con oltre 800.000 dosi distribuite su scala globale. L’AMD neovascolare e il DME sono due delle principali cause di perdita della vista in tutto il mondo e colpiscono oltre 40 milioni di persone. In queste malattie, il leakage vascolare può causare accumulo di liquido ed edema nel polo posteriore dell’occhio, contribuendo alla perdita della vista.
“Questi risultati ci dicono che faricimab potrebbe offrire una migliore stabilità dei vasi sanguigni maculari”, ha dichiarato Roger Goldberg, oftalmologo presso Bay Area Retina Associates a Walnut Creek, in California, negli Stati Uniti, e sperimentatore degli studi di fase III su faricimab. “La stabilità vascolare potrebbe incentivare un riassorbimento più rapido del liquido e una maggiore durata dell’effetto”.
Dati sul riassorbimento del liquido retinico nella nAMD
Un’analisi post-hoc dei dati aggregati del periodo di somministrazione head-to-head (settimane 0-12) degli studi di fase III TENAYA e LUCERNE sulla nAMD ha dimostrato quanto segue:
- In confronto ad aflibercept, faricimab ha determinato una diminuzione del liquido retinico rispetto al basale, valutata in funzione della riduzione dello spessore del sottocampo centrale (CST).
- A 12 settimane, si è osservata una riduzione di 145 μm nel braccio faricimab e di 133 μm nel braccio aflibercept.
- A 12 settimane, una percentuale più elevata di pazienti trattati con faricimab (77%), rispetto a quanto osservato con aflibercept (67%), ha evidenziato l’assenza di liquido retinico, valutata in funzione del liquido sottoretinico e intraretinico (SRF e IRF).
- L’assenza di liquido retinico, valutata in funzione dell’assenza di SRF e IRF osservata nel 75% dei pazienti in ciascun braccio di trattamento, è stata registrata a 8 settimane con faricimab e a 12 settimane con aflibercept, corrispondenti a un numero inferiore di iniezioni nei pazienti trattati con faricimab rispetto a quelli trattati con aflibercept.
Dati sul riassorbimento del liquido retinico e sul leakage vascolare nel DME
Un’analisi post-hoc dei dati aggregati a due anni degli studi di fase III YOSEMITE e RHINE sul DME ha confrontato il tempo al controllo del liquido tra faricimab e aflibercept, valutato in funzione dell’assenza di DME e dell’assenza di IRF. L’analisi ha dimostrato quanto segue:
- L’assenza di DME, definita come CST <325 µm osservato nel 75% dei pazienti in ciascun braccio di trattamento, è stata registrata a 20 settimane con faricimab e a 36 settimane con aflibercept – una differenza di quasi quattro mesi.
- L’assenza di liquido retinico, valutata in funzione dell’assenza di IRF osservata nel 50% dei pazienti in ciascun braccio di trattamento, è stata registrata più di otto mesi prima nei pazienti trattati con faricimab rispetto a quelli trattati con aflibercept.
- L’assenza di IRF è stata registrata a 48 settimane con faricimab e a 84 settimane con aflibercept, corrispondenti a un numero inferiore di iniezioni nei pazienti trattati con faricimab rispetto a quelli trattati con aflibercept.
Un’analisi post-hoc separata dei dati aggregati del periodo di somministrazione head-to-head (settimane 0-16) degli studi YOSEMITE e RHINE ha valutato il leakage maculare, un marcatore importante della stabilità vascolare. Il leakage maculare potrebbe comportare una quantità più elevata di liquido retinico, che può causare edema e visione offuscata. I risultati hanno evidenziato quanto segue:
- A 16 settimane, l’area di leakage maculare nei pazienti trattati con faricimab è stata inferiore di oltre il 50% rispetto a quanto osservato con aflibercept.
- Con faricimab, l’area di leakage maculare si è ridotta a 3,59 mm2 rispetto al basale, contro i 7,62 mm2 di aflibercept.
- Quasi il doppio dei pazienti (28,4%) ha registrato una risoluzione del leakage rispetto a quanto riscontrato con aflibercept (15,2%).
Gli studi TENAYA e LUCERNE
TENAYA (NCT03823287) e LUCERNE (NCT03823300) sono due studi identici di fase III, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco e internazionali, volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di faricimab rispetto ad aflibercept in 1.329 soggetti con degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (671 nello studio TENAYA e 658 nello studio LUCERNE). Gli studi prevedono due bracci di trattamento ciascuno: faricimab 6,0 mg somministrato a intervalli di due, tre o quattro mesi, dopo quattro dosi mensili iniziali, scelti in funzione della valutazione obiettiva dell’attività di malattia in base a tomografia a coerenza ottica ed esami dell’acuità visiva alle settimane 20 e 24, e aflibercept 2,0 mg somministrato a intervalli fissi di due mesi dopo tre dosi mensili iniziali. Alla settimana 60, i pazienti randomizzati al braccio faricimab sono stati trattati con un approccio “treat-and-extend” fino alla settimana 108. Il regime posologico dei pazienti trattati con faricimab durante la fase “treat-and-extend” è stato aggiustato in base alla risposta al trattamento determinata secondo lo spessore del sottocampo centrale (CST) e l’acuità visiva. In entrambi i bracci sono state somministrate iniezioni di placebo alle visite degli studi in cui non erano previste iniezioni del trattamento per mantenere il doppio cieco di sperimentatori e partecipanti.
L’endpoint primario degli studi è la variazione media del punteggio relativo alla migliore acuità visiva corretta (BCVA) (la migliore visione a distanza che può essere ottenuta da un soggetto, anche con mezzi correttivi come gli occhiali, durante la lettura delle lettere su una tavola ottometrica) dal basale alla media delle settimane 40, 44 e 48. Gli endpoint secondari includono sicurezza, percentuale di partecipanti nel braccio faricimab sottoposti al trattamento ogni due, tre e quattro mesi, percentuale di partecipanti che hanno guadagnato (e percentuale che ha evitato una perdita di) 15 o più lettere nella BCVA rispetto al basale nel tempo, e variazione del CST rispetto al basale nel tempo.
Gli studi YOSEMITE e RHINE
YOSEMITE (NCT03622580) e RHINE (NCT03622593) sono due studi identici di fase III, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco e internazionali, volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di faricimab rispetto ad aflibercept in 1.891 soggetti con edema maculare diabetico (940 nello studio YOSEMITE e 951 nello studio RHINE). Gli studi prevedono tre bracci di trattamento ciascuno: faricimab 6,0 mg somministrato a intervalli massimi di quattro mesi dopo quattro dosi mensili iniziali con un approccio “treat-and-extend”, faricimab 6,0 mg somministrato a intervalli di due mesi dopo sei dosi mensili iniziali, e aflibercept 2,0 mg somministrato a intervalli fissi di due mesi dopo cinque dosi mensili iniziali. Il regime posologico dei pazienti trattati con faricimab nel braccio “treat-and-extend” è stato determinato secondo lo spessore del sottocampo centrale (CST) e l’acuità visiva. In tutti e tre i bracci sono state somministrate iniezioni di placebo alle visite degli studi in cui non erano previste iniezioni del trattamento per mantenere il doppio cieco di sperimentatori e partecipanti.
L’endpoint primario degli studi è la variazione media del punteggio relativo alla migliore acuità visiva corretta (BCVA) (la migliore visione a distanza che può essere ottenuta da un soggetto, anche con mezzi correttivi come gli occhiali, durante la lettura delle lettere su una tavola ottometrica) dal basale a un anno (media delle settimane 48, 52 e 56). Gli endpoint secondari includono: sicurezza, percentuale di partecipanti nel braccio “treat-and-extend” trattati con faricimab ogni uno, due, tre e quattro mesi alla settimana 52, percentuale di partecipanti che hanno ottenuto un miglioramento della severità della retinopatia diabetica uguale o superiore a due stadi dal basale alla settimana 52, percentuale di partecipanti che hanno guadagnato (e percentuale che ha evitato una perdita di) 15 o più lettere nella BCVA rispetto al basale nel tempo, variazione del CST rispetto al basale nel tempo, e percentuale di pazienti con assenza di liquido intraretinico nel tempo.
Faricimab
Faricimab è il primo anticorpo bispecifico approvato per uso oculare. Colpisce e inibisce due vie metaboliche connesse a varie patologie retiniche che minacciano la vista; agisce neutralizzando sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A). Ang-2 e VEGF-A contribuiscono alla perdita della vista determinando destabilizzazione vascolare, che causa lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni permeabili e aumenta l’infiammazione. Faricimab è stato sviluppato per stabilizzare i vasi sanguigni attraverso l’inibizione delle vie di Ang-2 e VEGF-A.
Faricimab è approvato in più di 60 Paesi in tutto il mondo, inclusi Stati Uniti, Giappone, Regno Unito e Unione Europea per le persone che vivono con degenerazione maculare neovascolare o “umida” senile ed edema maculare diabetico. La revisione da parte di altre autorità regolatorie è in corso.