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Ipertensione e rischio cardiovascolare: i dati dello studio SPRINT

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Lo studio SPRINT analizza, per i pazienti non diabetici con ipertensione e un alto rischio cardiovascolare, le conseguenze dell’abbassamento intensivo della pressione arteriosa

Per i pazienti non diabetici con ipertensione e un alto rischio cardiovascolare, l’abbassamento intensivo della pressione arteriosa è associato a un calo atteso di NT-proBNP ma anche a un modesto aumento della troponina cardiaca T ad alta sensibilità (hs-cTnT), secondo un’analisi dello studio SPRINT, pubblicata online su “Circulation”.

Quest’ultima relazione era inaspettata considerando il miglioramento dei principali esiti avversi osservati con il trattamento volto a un obiettivo di pressione sistolica < 120 mm Hg rispetto a < 140 mm Hg nello studio complessivo, ed era quasi interamente mediato da un peggioramento del tasso di filtrazione glomerulare stimato (eGFR), secondo quanto riportato da un gruppo di ricercatori guidati da Jarett Berry, della University of Texas at Tyler School of Medicine.

Da notare che i cambiamenti in entrambi i biomarcatori cardiaci nel corso del primo anno di follow-up sono stati fortemente associati a rischio di mortalità per tutte le cause e di esiti cardiovascolari avversi, in particolare insufficienza cardiaca, indipendentemente dal fatto che i pazienti fossero stati assegnati al controllo intensivo o convenzionale della pressione arteriosa. L’aumento della troponina in risposta al trattamento intensivo era piuttosto contenuto, eppure tale risultato ha sorpreso gli autori, come da essi stessi riconosciuto.

NT-proBNP migliore indice di risposta al trattamento rispetto all’hs-cTnT
Tuttavia, ciò che può essere ricavato dal piccolo cambiamento nei valori di troponina – legato a una riduzione della filtrazione renale, fenomeno che si verifica con l’abbassamento della pressione arteriosa, come precedentemente dimostrato – è che «la troponina non è un grande marker della risposta al trattamento» sostengono i ricercatori. «L’NT-proBNP, alla fine di questa analisi, sembra un marcatore migliore, molto sensibile al cambiamento della pressione arteriosa sistolica» aggiungono Berry e colleghi.

Uno studio precedente del gruppo di Berry aveva indicato che i partecipanti allo studio SPRINT con livelli aumentati di NT-proBNP e hs-cTnT al basale avevano il massimo da guadagnare dal controllo intensivo della pressione arteriosa, ma l’impatto del mirare a obiettivi di pressione arteriosa più bassi sui cambiamenti longitudinali di questi biomarcatori, come così come le relazioni tra i cambiamenti nel tempo e gli esiti clinici, non erano stati studiati.

I ricercatori hanno indagato su questi aspetti nell’analisi attuale, che ha esaminato i livelli dei biomarcatori al basale e a 1 anno in campioni conservati prelevati dai partecipanti allo studio SPRINT.

Dopo aver tenuto conto dei livelli basali e di altri fattori, la randomizzazione al controllo intensivo rispetto al controllo standard della pressione arteriosa è stata associata a un aumento del 3% dei livelli di hs-cTnT nel primo anno (rapporto medio geometrico 1,03; P < 0,001), insieme a maggiori probabilità di avere almeno un aumento del 50% dei livelli dell’analita (OR 1,47; 95% CI 1,13-1,90). Il modesto aumento della troponina associato al trattamento intensivo è scomparso, tuttavia, dopo aggiustamento per i cambiamenti dell’eGFR.

Come atteso, il controllo intensivo della BP è stato associato a un calo del 10% dei livelli di NT-proBNP (rapporto medio geometrico 0,90; P < 0,001) e minori probabilità di avere almeno un aumento del 50% di tali livelli (OR 0,57; 95% CI 0,46-0,72). La caduta di NT-proBNP era strettamente legata alla riduzione della pressione arteriosa sistolica ottenuta con un controllo intensivo.

L’impegnativa ricerca di un fenotipo intermedio
Indipendentemente dal gruppo di randomizzazione, i pazienti che hanno avuto aumenti di entrambi i biomarcatori durante il primo anno di follow-up avevano aumentato i rischi di eventi cardiovascolari e mortalità, in linea con la ricerca precedente che dimostrava il valore prognostico di NT-proBNP e hs-cTnT.

Sul fatto che il piccolo aumento della troponina in risposta alla terapia intensiva, anche se mediato da un calo dell’eGFR, possa sollevare preoccupazioni sulla sicurezza della strategia di controllo della pressione arteriosa, Berry e colleghi affermano che non vi sono tali preoccupazioni, sottolineando il miglioramento della mortalità e degli esiti cardiovascolari raggiunti mirando all’obiettivo più basso di pressione arteriosa nello studio.

«I risultati dello studio SPRINT ovviamente sono indipendenti da ciò che accade dal punto di vista dei biomarcatori» precisano Berry e colleghi. All’opposto, aggiungono, «questo mostra che la capacità di trovare un fenotipo intermedio per monitorare la risposta al trattamento è impegnativa».

Questi risultati hanno implicazioni per la ricerca futura sui marcatori associati alla risposta all’abbassamento della pressione arteriosa, sottolineano gli autori, ritenendo «che andando avanti ciò fornisca una certa chiarezza sulla rilevanza di NT-proBNP e forse sull’irrilevanza della troponina in questo particolare contesto».

Bibliografia:
Berry JD, Chen H, Nambi V, et al. Effect of Intensive Blood Pressure Control on Troponin and Natriuretic Peptide Levels: Findings From SPRINT. Circulation. 2022 Dec 19. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.122.059960. [Epub ahead of print] leggi

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