Italia all’avanguardia per la cura della Beta Talassemia: grazie alla prevenzione è possibile evitare 400 nuovi malati l’anno
In Italia oltre 7.000 persone sono colpite da una malattia genetica rara del sangue: la Beta Talassemia. Più della metà dei pazienti vivono nelle nostre due isole maggiori: 2.700 in Sicilia e 1.100 in Sardegna. Fondamentale è il ruolo della prevenzione che evita ogni anno la diagnosi di più di 400 nuovi casi di malattia nel nostro Paese. Per questo deve essere incentivata, anche perché la malattia risulta ancora sottovalutata dai cittadini e dalle Istituzioni. Il nostro Paese però si conferma all’avanguardia in Europa su diagnosi e terapie. È quanto emerso durante una conferenza stampa on line, organizzata dalla Fondazione Franco e Piera Cutino.
“A fine anni 90 l’età media dei pazienti era tra i 25 e i 30 anni – sottolinea Giuseppe Cutino, Presidente della Fondazione Franco e Piera Cutino -. Ora grazie ai continui progressi della ricerca medico-scientifica la patologia è sempre più curabile. L’aspettativa di vita per un neonato, con talassemia, è la stessa di un bimbo senza malattia. In questo ultimo quarto di secolo abbiamo lavorato per riuscire a dare risposte ai bisogni concreti di tutti i pazienti. Siamo soddisfatti del lavoro che abbiamo svolto e degli indubbi progressi ottenuti sia in ambito medico-scientifico che socio-sanitario”.
La Beta Talassemia è causata da alcuni difetti nei geni che regolano la produzione dell’emoglobina, la proteina responsabile del trasporto di ossigeno in tutto l’organismo. I portatori sani in Italia sono oltre 3 milioni e anche in questo caso le incidenze maggiori si riscontrano sempre nelle due isole e in Puglia.
“Se non viene curata il malato va incontro ad una grave anemia dovuta alla mancata produzione della giusta quantità di emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi deputata al trasporto di ossigeno nei tessuti, con pericolose conseguenze – prosegue il prof. Gian Luca Forni, Direttore del Reparto di Microcitemia dell’Ospedale Galliera di Genova -. Il malato necessita di continue trasfusioni di sangue, di solito una ogni 20 giorni. Vanno poi assunte anche delle terapie farmacologiche in grado di evitare i danni causati dall’accumulo di ferro, portato in eccesso dalle trasfusioni, ad organi vitali come pancreas, fegato e soprattutto al cuore”.
“È dimostrato che nelle coppie a rischio, in cui entrambi i genitori sono portatori sani, un bambino su quattro può nascere talassemico – prosegue il prof. Aurelio Maggio, Direttore U.O.C. Ematologia e malattie rare del sangue e degli organi ematopoietici – P.O. Cervello -. Da alcuni anni è disponibile la celocentesi un test di diagnosi prenatale messo a punto proprio in Sicilia. È in grado di individuare nelle coppie a rischio, già a 15 giorni dal test di gravidanza, lo stato di salute del feto e la presenza o meno della malattia”. Al momento è disponibile presso l’Ospedale “Villa Sofia Cervello” di Palermo ma viene offerto gratuitamente a tutte le pazienti curate in altre strutture sanitarie italiane. Sempre all’intero dell’ospedale siciliano da 10 anni è anche attivo il Campus di Ematologia “Cutino”. In media ogni anno vi accedono oltre 1.400 pazienti, sono eseguite più di 5.300 trasfusioni di sangue e si effettuano circa 2.000 studi del portatore sano di talassemia.
“Siamo molto felici di poter celebrare oggi i 10 anni di attività del Campus di Ematologia che porta il nome di mio padre e di mia sorella – aggiunge Giuseppe Cutino -. Non si tratta tuttavia di un traguardo ma solo di una tappa di un viaggio che vogliamo proceda ancora per tanto tempo. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di contribuire al miglioramento della qualità della vita di tante persone affette da talassemia ed altre malattie ematologiche rare. Al Campus, collaborando proficuamente con gli ospedali riuniti “Villa Sofia Cervello”, abbiamo certamente dato un importante contributo. Colgo l’occasione per ringraziare i partner che ci sostengono nelle varie attività del Thalassemia day, Vertex, Agios, Chiesi global rare diseases, Bioar e Tecnoplast”.
“La Fondazione Franco e Piera Cutino rappresenta le nostre istanze ed esigenze – conclude Clementine Pacmogda, paziente con anemia falciforme -. Il loro lavoro deve proseguire soprattutto nell’incentivare la prevenzione della patologia e l’accesso alle cure innovative. La vita di noi pazienti è oggettivamente migliorata nel corso degli anni. Tuttavia, la pandemia ha complicato e in parte compromesso l’assistenza socio-sanitaria. Soprattutto il Covid-19 ha ridotto ulteriormente in Italia il numero di donatori di sangue e questo può rendere più difficile la somministrazione delle trasfusioni che per noi sono fondamentali”.