Leucemia mieloide acuta FLT3-ITD+: bene quizartinib con la chemioterapia


Leucemia mieloide acuta FLT3-ITD+: l’aggiunta di quizartinib a chemioterapia in prima linea raddoppia la sopravvivenza complessiva

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Nei pazienti con leucemia mieloide acuta FLT3-ITD+ di nuova diagnosi, l’aggiunta dell’inibitore orale di FLT3 quizartinib alla chemioterapia standard di induzione e alla terapia di mantenimento raddoppia la sopravvivenza complessiva (OS) rispetto alla sola chemioterapia. Lo hanno evidenziato i risultati dello studio di fase 3 QuANTUM-First, appena pubblicati su The Lancet.

Dopo un follow-up di 39,2 mesi, il trattamento con quizartinib ha più che raddoppiato l’OS mediana rispetto al placebo – 31,9 mesi contro 15,1 mesi –  e ridotto del 22% il rischio di decesso (HR 0,78; IC al 95% 0,62-0,98; P = 0,032).

«Quizartinib rappresenta un’opzione terapeutica nuova, efficace e in generale ben tollerata per i pazienti adulti con leucemia mieloide acuta FLT3-ITD+ di nuova diagnosi», scrivono l’autore principale dello studio, Harry Erba, del Duke Cancer Institute di Durham (North Carolina), e i suoi colleghi nell’articolo. «Il miglioramento significativo di OS è clinicamente rilevante, dato l’alto rischio di ricaduta e la cattiva prognosi della popolazione studiata».

Il vantaggio del trattamento con quizartinib è stato osservato nella maggior parte dei sottogruppi prespecificati, riferiscono i ricercatori. Tuttavia, i risultati di un’analisi post-hoc dell’OS in funzione dell’età suggeriscono che i pazienti più giovani traggono un beneficio maggiore dall’inibitore di FLT3. Infatti, nel gruppo di pazienti al di sotto dei 60 anni il trattamento con quizartinib ha ridotto il rischio di decesso del 32% rispetto al placebo, mentre nel gruppo di 60 anni o più lo ha ridotto del 9%.

La leucemia mieloide acuta e quizartinib
La leucemia mieloide acuta è una neoplasia eterogenea e aggressiva che origina dai progenitori mieloidi immaturi ed è caratterizzata da una cattiva prognosi. Circa un terzo dei pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi è portatore di mutazioni del gene FLT3, la maggior parte delle quali sono di tipo ITD. Storicamente, la leucemia FLT3+, in particolare quella FLT3-ITD+, è risultata associata a un tasso di sopravvivenza più basso rispetto alla forma senza tali mutazioni.

Quizartinib è un potente inibitore tirosin-chinasico (TKI) di FLT3 di tipo II ed è altamente selettivo contro le varianti mutate che originano dalle duplicazioni tandem interne (Internal Tandem Duplications, ITD) del gene corrispondente.

Il farmaco è attualmente al vaglio dell’Fda come trattamento per i pazienti con leucemia mieloide acuta FLT3-ITD+, e la decisione dell’agenzia in merito alla sua approvazione, secondo quanto riferito dall’azienda produttrice (Daiichi Sankyo), è prevista entro il 24 luglio.

Lo studio QuANTUM-First
QuANTUM-First (NCT02668653) è uno studio internazionale randomizzato, controllato contro placebo e in doppio cieco, che ha incluso 539 pazienti (il 55% maschi) con leucemia mieloide acuta FLT3-ITD+ di nuova diagnosi, di età compresa fra 18 e 75 anni, arruolati in 193 centri di 26 Paesi in Europa, Nord America, Asia, Australia e Sudamerica.

Tutti i pazienti hanno iniziato la chemioterapia con il regime standard 7 + 3 durante lo screening. Sono stati quindi assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al trattamento con quizartinib 40 mg al giorno nei giorni 8-21 (268 pazienti) oppure un placebo (271 pazienti), aggiunti alla chemioterapia standard (citarabina nei giorni da 1 a 7 e daunorubicina o idarubicina nei giorni da 1 a 3 come terapia di induzione per un massimo di due cicli. Una seconda induzione era consentita se l’esame del midollo successivo all’induzione evidenziava un residuo di cellule leucemiche.

I pazienti che hanno ottenuto una risposta completa o una risposta completa con recupero ematologico incompleto sono stati trattati con una terapia di consolidamento con citarabina ad alte dosi più quizartinib o il placebo per un massimo di quattro cicli e/o il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. È seguita poi una terapia di mantenimento con quizartinib (40-60 mg al giorno) o il placebo, per un massimo di 36 cicli.

L’endpoint primario dello studio era l’OS, mentre gli endpoint secondari comprendevano la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza libera da eventi (EFS), il tasso di remissione completa, il tasso di remissione completa composita e la sicurezza. Erano, invece, endpoint esplorativi la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) e la durata della remissione completa.

Nella fase di consolidamento sono entrati 173 pazienti del braccio quizartinib e 175 del braccio placebo. Il trapianto allogenico di cellule staminali previsto dal protocollo è stato eseguito in 102 pazienti del braccio quizartinib e in 91 del braccio placebo, mentre i pazienti che hanno proseguito con il trattamento di mantenimento sono stati rispettivamente 116 e 92.

Risultati di EFS da confermare
I risultati di EFS, riferiscono gli autori, hanno mostrato conclusioni contrastanti a seconda della diversa definizione di EFS.

Infatti, l’analisi nella quale il fallimento dell’induzione è stato definito come il mancato raggiungimento della remissione completa entro il giorno 42 dell’ultimo ciclo di induzione non ha mostrato differenze di EFS tra i due bracci dello studio (HR 0,92, IC al 95% 0,75-1,11; P = 0,24).

Tuttavia, si è riscontrato un beneficio a favore di quizartinib quando si è utilizzata la definizione originale del protocollo, cioè il mancato raggiungimento della remissione completa composita entro la fine dell’induzione fino al giorno 56 (HR 0,73, IC al 95% 0,59-0,90; P = 0,0031) o il mancato raggiungimento della remissione completa entro la fine dell’induzione fino al giorno 56 (HR 0,82, IC al 95% 0,67-1,00; P = 0,032).

Gli autori suggeriscono che probabilmente ciò è dovuto al fatto che il periodo fino al cinquantaseiesimo giorno ha permesso ai pazienti di recuperare dagli effetti mielosoppressivi di quizartinib.

Anche per altri endpoint secondari, tra cui i tassi di remissione completa, di remissione completa composita, di remissione completa con recupero incompleto di neutrofili o piastrine, di remissione completa con negatività della malattia minima residua (MRD) e di remissione completa composita con negatività della MRD alla fine dell’induzione, non sono state osservate differenze tra i gruppi di trattamento.

Ciò nonostante, la mediana della durata della remissione completa è risultata significativamente più lunga con quizartinib rispetto al placebo: 38,6 mesi contro 12,4 mesi.

Sicurezza gestibile
Quasi tutti i pazienti di entrambi i bracci hanno manifestato almeno un evento avverso durante il trattamento e l’incidenza di eventi emersi di grado ≥3 è risultata del 92% con quizartinib e 90% con il placebo. Gli eventi avversi di grado 3-4 più comuni sono stati neutropenia febbrile, ipopotassiemia e polmonite in entrambi i bracci, e neutropenia nel braccio sperimentale.

Gli sperimentatori riconoscono che il principale limite dello studio è aver utilizzato come confronto il trattamento con placebo, visto che l’inibitore di FLT3 midostaurina è stato incluso nel trattamento standard della leucemia mieloide acuta FLT3+ di nuova diagnosi già nel 2017.

Commento delle esperte
In un commento di corredo allo studio, Amanda Przespolewski ed Elizabeth Griffiths del Roswell Park Comprehensive Cancer Center di Buffalo, nello stato di New York, osservano che sulla base dei risultati dello studio RATIFY, l’aggiunta dell’inibizione di FLT3 alla chemioterapia è diventata lo standard di cura per i pazienti adulti con leucemia mieloide acuta FLT3+ di nuova diagnosi al di sotto dei 60 anni di età.

Tuttavia, dato che l’età mediana di insorgenza della malattia è di 68 anni, le esperte fanno notare che la maggior parte dei pazienti potrebbe essere esclusa da questo efficace trattamento aggiuntivo alla chemio.

Pertanto, sottolineano Przespolewski e Griffiths, «i criteri di inclusione dello studio QuANTUM-First riflettono una popolazione di pazienti più realistica e potrebbero aver selezionato quelli con una sopravvivenza peggiore». Nonostante ciò, tuttavia, «le risposte sono state sempre a favore di quizartinib».

Bibliografia
H.P. Erba, et al. Quizartinib plus chemotherapy in newly diagnosed patients with FLT3-internal-tandem-duplication-positive acute myeloid leukaemia (QuANTUM-First): a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet 2023; DOI:10.1016/S0140-6736(23)00617-7. Link

A. Przespolewski, E. Griffiths. FLT3-mutated leukaemia: a new opportunity. Lancet 2023; DOI:10.1016/S0140-6736(23)00464-6. Link