Al Museo d’Arte Sacra di San Giovanni degli Agostiniani di Fivizzano fino a ottobre la “Veduta del Monte Forato” nell’ambito del progetto Uffizi Diffusi
A Fivizzano in alta Toscana arriva, in prestito dalla Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti, un capolavoro della pittura dell’Ottocento: la Veduta del Monte Forato, del pre-macchiaiolo Andrea Markò.
La mostra si svolge fino al 23 ottobre 2023, nel Museo d’Arte Sacra di San Giovanni degli Agostiniani. Organizzata nell’ambito degli Uffizi Diffusi e curata da Elena Marconi e Claudio Casini, si intitola Alpe di Luni, con un suggestivo riferimento letterario: così infatti Gabriele d’Annunzio chiama le Apuane carraresi, nella sua raccolta di liriche Alcyone.
La Veduta dal Monte Forato di Andrea Markò fu donata nel 1913 alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti dal pittore anglo-fiorentino Robert William Stranger. Sin dai tempi antichi questa montagna non aveva mancato di attirare l’attenzione.
Lo squarcio del monte non solo incornicia il verde profondo delle colline toscane, ma, a cavallo del solstizio d’estate, per pochissimi giorni, si fa quadro di fenomeni mozzafiato. Osservando dal lato della Versilia il momento dell’alba, si ha l’impressione che il sole, sorgendo dentro il foro e riapparendo poi sopra l’arco, nasca due volte; in maniera complementare, dalla Garfagnana, si può scorgere quello che viene definito un ‘doppio tramonto’.
Proprio per questa caratteristica, oltre a rivestire un forte interesse estetico per gli artisti di tutta Europa, il monte fu inserito anche nell’itinerario della Via Francigena e in quello del Volto Santo.
CENNI BIOGRAFICI SU ANDREA MARKÒ
András, italianizzato in Andrea Markò, giunge a Firenze per raggiungere il padre Carlo, di origine ungherese, che viaggiava per il Grand Tour. I Markò erano una famiglia di pittori: oltre a lui ed al padre dipingeva anche il fratello, Carlo Junior. Nel 1854, insieme a Serafino De Tivoli, i fratelli Markò danno vita alla cosiddetta “Scuola di Staggia”, dal nome della località nel Chianti senese, cenacolo pittorico che presagisce l’esperienza della “macchia”, nella vocazione a dipingere en plein air, sebbene le loro opere siano connotate da una sensibilità ancora intrisa di letteratura romantica, come indicano le ambientazioni medievaleggianti con torri e castelli in rovina.