Ogni anno, in Italia, sono circa 120mila le persone colpite da ictus: la spasticità, che spesso si presenta dopo 3 mesi, è tra i disturbi più comuni e più invalidanti
Ogni anno, in Italia, sono circa 120mila le persone colpite da ictus. Di loro, 45mila riportano disturbi neurologici spesso invalidanti, come la spasticità, che si presenta in circa il 19% dei casi a 3 mesi e dal 17% al 38% a un anno dall’episodio acuto. I trattamenti riabilitativi, soprattutto se intrapresi precocemente, sono in grado di permettere al paziente il ripristino di molte delle funzionalità compromesse e il recupero di una buona qualità di vita. A oggi, solo il 18% dei pazienti che sopravvivono a un ictus riceve una diagnosi di spasticità e soltanto 5.000 beneficiano del corretto trattamento.
Per creare consapevolezza sulla malattia e sulla necessità di interventi dedicati alla riabilitazione, ISA-AII – Associazione Italiana Ictus, con il contributo non condizionante di Ipsen S.p.A, ha ideato e promosso la campagna di comunicazione Strike on stroke, con la realizzazione di due survey, una forte attività social, uno spot, due opuscoli e la pubblicazione di videoclip che hanno visto protagonisti medici e pazienti.
“Con iniziative come questa vogliamo lanciare un messaggio di vicinanza alle persone con spasticità post-ictus e alle loro famiglie, perché potenziare i percorsi di diagnosi e di presa in carico di questa patologia è possibile una volta superato l’evento acuto – aggiunge l’On. Luciano Ciocchetti, Vicepresidente della Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati –. Con l’incontro di oggi mi impegno a raccogliere le istanze dei pazienti e del mondo clinico per lavorare fianco a fianco del Ministero della Salute per potenziare i PDTA, i luoghi di cura sul territorio e stimolare alla creazione di reti multidisciplinari all’interno della riforma della rete ospedaliera (DM 70), garantendo un’offerta sanitaria capillare e omogenea in ogni Regione.”
“L’incidenza dell’ictus ci dimostra che è fondamentale definire e diffondere PDTA (Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali) che tengano in considerazione l’importanza della riabilitazione – spiega Mauro Silvestrini, Presidente ISA-AII–. I disturbi post evento ictale a cui vanno incontro i sopravvissuti sono numerosi e impattano sulla vita in modo molto negativo, impediscono di riprendere a lavorare, camminare, spesso anche di parlare ed esprimersi correttamente. Con la campagna Strike on stroke abbiamo sottoposto due survey a medici e pazienti, per chiedere di raccontarci la loro esperienza in tema riabilitazione. I dati emersi sono preoccupanti: su 250 clinici, uno su tre confessa di non avere a disposizione linee guida adeguate a indirizzare i malati alle strutture idonee alla presa in carico. Sei su dieci non sanno se esistono normative a livello regionale dedicate a percorsi post episodio. Il 38% dei clinici lavora in unità neurovascolari in cui la persona viene dimessa senza essere inserita in un iter di recupero delle funzionalità compromesse. Il 64% ammette che dal ricovero in fase acuta all’arrivo nel reparto di riabilitazione trascorrono in media più di sette giorni.”
“Una delle maggiori criticità riguarda proprio le tempistiche – sottolinea Paola Santalucia, Presidente Eletto ISA-AII –. L’ictus è una patologia tempo-dipendente, prima si interviene, maggiori sono le possibilità di sopravvivenza. Questo vale anche per la riabilitazione: intraprendere subito un iter riabilitativo significa aumentare in modo significativo le opportunità di riprendere a parlare, muoversi, avere una vita di relazione e lavorativa. Le terapie di rivascolarizzazione della fase iperacuta dell’ictus sono fondamentali per ridare flusso ematico a quella parte di cervello sofferente, ma la cura del paziente colpito da ictus sta nella presa in carico nelle unità dedicate, le Stroke Unit. Il ricovero in questi centri è fondamentale per la cura della patologia: la SU, dopo le terapie di rivascolarizzazione, è la cura dell’ictus. Le Istituzioni e gli Enti di programmazione sanitaria devono fare ogni sforzo per garantire la massima disponibilità di posti letto nelle unità ictus, dove è fondamentale che vengano ricoverate la maggior parte se non tutte le persone colpite dalla patologia. È importante attivare percorsi in tutte le strutture ospedaliere, che siano chiari sia per i medici che per i pazienti, che devono essere informati circa le opportunità disponibili. In Italia garantiamo un’ottima assistenza alle persone colpite da questa malattia, grazie a percorsi standardizzati e impostati sulla qualità delle cure in linea con le Linee Guida Nazionali e le evidenze scientifiche. Abbiamo raggiunto ottimi risultati per la gestione della fase acuta dell’ictus, è arrivato il momento di garantire gli stessi elevati standard di cura nella continuità dalla fase acuta a quella riabilitativa.”
“La spasticità è tra i disturbi post-ictus più comuni e invalidanti – aggiunge Danilo Toni, Past President ISA-AII –. Si tratta di un aumento del tono muscolare permanente che impatta fortemente sulla quotidianità del paziente con deformità degli arti e posture anomale. Non sempre compare subito: il 19% delle persone inizia a presentare spasticità a tre mesi dall’evento ictale, quando spesso ha terminato il ricovero. Proprio per la frequenza di questi casi è importante che medici e pazienti lavorino in sinergia: i primi per mantenere inseriti in un iter di cura i malati e i secondi per restare all’erta, pronti a riconoscere i sintomi e ad avvertire il proprio specialista. Anche i disturbi del linguaggio e della memoria sono comuni: in questi casi neurologi e logopedisti sono in grado di permettere un buon recupero, a patto che si inizi un percorso in tempi rapidi, poco dopo la comparsa dei sintomi.”
“Sulla spasticità è possibile intervenire con la tossina botulinica, un trattamento inserito nei LEA – aggiunge Francesco Bono, Coordinatore Nazionale Rete Italiana Tossina Botulinica – SIN (Società Italiana di Neurologia) –. La tossina determina un rilassamento dei muscoli interessati dalla spasticità, riduce l’eccesso di tono e di conseguenza la disabilità, perché facilita il processo riabilitativo. Se consideriamo la frequenza della patologia cerebrovascolare e il numero di persone che arrivano al trattamento della spasticità c’è una netta discrepanza: la causa è un’insufficiente divulgazione dell’utilità di questa terapia e una scarsa presenza di centri specifici pubblici per le cure della spasticità nei grandi ospedali. Queste unità sono essenziali perché i pazienti possano accedere ai trattamenti senza che la distanza diventi un deterrente. La loro diffusione ridurrebbe anche i costi dell’assistenza, perché meglio viene curato il paziente e minore è la spesa pubblica.”
“Per supportare le persone nel recupero post-malattia è fondamentale sollecitare gli addetti alla programmazione sanitaria sia a livello nazionale sia regionale – afferma Nicoletta Reale, Past President di A.L.I.Ce., Italia – Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale –. Devono essere istituiti percorsi idonei e omogenei su tutto il territorio nazionale, oltre che per la diagnosi e la cura, anche per la riabilitazione, una fase altrettanto importante e delicata per chi ha avuto l’ictus e per i i suoi congiunti/caregiver, perché miglioramenti delle funzioni colpite sono sempre possibili. È imprescindibile intervenire anche sulla prevenzione: ben l’80% di tutti i casi di ictus potrebbe essere evitato modificando le cattive abitudini, adottando stili di vita sani e tenendo sotto controllo le patologie che ne possono favorire l’insorgenza.”
“Purtroppo, oggi chi sopravvive a questo evento si trova a confrontarsi ogni giorno con ostacoli visibili e invisibili, che interferiscono con la ripresa di una vita di qualità – sottolinea Roberto Messina, Presidente Senior Italia FederAnziani –. Parlo di barriere architettoniche che impediscono la mobilità e di complicazioni che li costringono a vivere una vita al di sotto delle possibilità. Questo avviene soprattutto quando il paziente è anziano, con minori capacità di recupero a causa dell’età e spesso con minore supporto. La campagna Strike on stroke ha dimostrato che l’unica strada verso la soluzione di un problema è parlarne, chiedere a chi è coinvolto ogni giorno e a chi gli sta vicino di esprimersi. Serve fare informazione, perché solo medici e pazienti consapevoli possono collaborare per un risultato migliore.”
“Siamo orgogliosi di supportare la campagna Strike on Stroke – ha commentato Patrizia Olivari, Presidente e Amministratore Delegato di Ipsen S.p.A –. Crediamo nell’importanza di conoscere la patologia e promuovere momenti di confronto come quello di oggi, in cui associazioni di pazienti, clinici e istituzioni possano discutere delle barriere che sono presenti a livello nazionale e regionale nella gestione dei pazienti che sviluppano disabilità post-ictus. Il nostro ruolo come azienda è anche quello di lavorare in partnership con le istituzioni per la definizione di un modello di accesso adeguato, sostenibile e uniforme per tutti.”