L’imprenditrice Seymandi risponde alla lettera su La Stampa dell’ex Massimo Segre, che ha deciso di lasciarla pubblicamente durante la festa che ufficializzava le loro nozze, e tira in ballo l’anello
Il matrimonio annullato dei due (ex) promessi sposi della Torino che conta continua a tenere banco. Dopo la lettera del banchiere Massimo Segre su La Stampa, arriva la replica dell’ex compagna, l’imprenditrice Cristina Seymandi, lasciata pubblicamente con l’accusa di tradimento durante la festa indetta per ufficializzare le future nozze.
Nella missiva inviata a Rete 4, e ripresa da La Stampa, Seymandi parla di una “vendetta programmata minuziosamente“. “Parla, Massimo – forse con l’intento di attirarsi le simpatie di qualcuno – dell’«anello di fidanzamento di proprietà di sua mamma», il nostro anello fidanzamento, di cui non perde l’occasione di sottolineare il valore materiale specificandone le caratteristiche- scrive Seymandi-, anello al quale ero affezionatissima come ad una delle mie cose più care, misteriosamente sparito (guarda caso) da casa nostra 15 giorni prima di quella tristissima serata salita agli onori delle cronache, a riprova, forse, che c’è chi la vendetta la programma minuziosamente, e perversamente, con largo anticipo”.
E ancora riferendosi alla lettera inviata dall’ex a La Stampa: “Massimo, in quella grande, disorientante, pagina di giornale parla molto di sé stesso: sostiene che «non vi è violenza nell’affermare la verità pubblicamente», riferendosi alla decisione – quella di mettere in piazza il nostro privato – che forse ha preso, quella sera del 27 luglio, convinto dai discorsi di chi – accanto a lui – non ha mai voluto la nostra felicità, ma ha solo desiderato «distruggere».
“Massimo scrive, infine, che «l’amore dovrebbe essere una splendida esclusiva», affermazione che mi stupisce sentir pronunciare proprio da lui…- affonda Seymandi- ma sulla quale preferisco non soffermarmi, perché, a differenza di Massimo, io non sento di avere alcun diritto di erigermi nel contempo a giudice e boia degli eventuali errori delle persone con le quali percorro un pezzo di vita, che siano compagni, familiari o amici, emettendo un giudizio definitivo e applicando anche la massima pena, senza peraltro neppure un minimo di contraddittorio”.
Quindi l’appello, “non a Massimo Segre, ma a tutti gli uomini e donne che in futuro si troveranno nella situazione di poter decidere se divulgare o no fatti privati di una persona. Per vendetta, per voglia di riscatto o per “dare la propria versione dei fatti”, ponendo però inevitabilmente l’altro in una condizione di inferiorità, di umiliazione e di dover patire una violenza psicologica”.
Seymandi racconta di aver ricevuto “messaggi violenti, tipici di quella mascolinità tossica che ancora pervade la nostra società: minacce, insulti, epiteti di ogni genere, offese, umiliazioni. E non sono mancate aspre critiche anche da parte di donne. Non voglio drammatizzare, ma le cronache ci raccontano di persone in difficoltà che in situazioni di questo genere possono arrivare a gesti di autolesionismo o, nei casi peggiori, a togliersi la vita, non riuscendo a reagire a una umiliazione e diffamazione pubblica sui mass media e tramite social e web”. L’imprenditrice parla di “gogna mediatica” e si chiede come avrebbe reagito a tutto ciò “una ragazza o ragazzo di 20 anni, una giovane donna o uomo per mille motivi più fragile di me”.
Infine Seymandi torna a parlare della sua storia d’amore con Segre dichiarando “di aver dato il massimo in questa relazione, e mi spiace molto sinceramente, per il disagio che posso aver creato a Massimo Segre, se – come lui sostiene – non sono stata all’altezza delle sue aspettative come compagna. Ma nel merito di questa triste vicenda, anche considerato il fatto di non aver avuto, per sua scelta, nessuna possibilità di confronto con lui, l’uomo con cui condividevo la mia quotidianità da tre anni – non penso di aver altro da aggiungere”.