Ipercolesterolemia familiare: serve una terapia precoce combinata


Ipercolesterolemia familiare: con i nuovi target ESC/EAS è necessaria una terapia precoce combinata secondo i risultati del Registro FHSC

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I medici stanno migliorando il trattamento dei pazienti con ipercolesterolemia familiare (FH), anche attraverso lo spostamento dei livelli di LDL verso il basso, ma non stanno ancora compiendo un buon lavoro nel far assumere le combinazioni ipolipemizzanti che saranno più efficaci. Sono i risultati del follow-up dei pazienti arruolati nel registro FHSC (Familial Hypercholesterolemia Studies Collaboration) della European Atherosclerosis Society (EAS), che è stato presentato come studio clinico al Congresso EAS 2023, a Mannheim (Germania).

«A livello di popolazione, non stiamo portando i nostri pazienti all’obiettivo perché non stiamo prescrivendo loro abbastanza terapia combinata» ha detto Kausik Ray, dell’Imperial College London (Inghilterra), ricercatore principale del registro FHSC. «Il ‘mantra’ deve essere quello di passare alla terapia combinata piuttosto che puntare alla monoterapia, il che inizia con la valutazione del rischio. Quando quest’ultimo è noto, si capisce bene anche quale deve essere il trattamento».

Nel complesso, poco meno di un terzo di questi pazienti a rischio alto e molto alto erano al target raccomandato dalle linee guida cliniche, che è più di quanto era stato visto in precedenza, ma è un esito ancora deludente, ha affermato Ray.

I dati del registro SANTORINI
Il registro FHSC, noto come SANTORINI, è una collaborazione internazionale di medici che trattano pazienti in cliniche specializzate incluse nei registri FH nazionali, regionali o locali. Il set di dati FHSC è costituito da 61.612 pazienti appartenenti a 56 paesi, di cui 42.167 di età pari o superiore a 18 anni con diagnosi probabile o definita di FH eterozigote.

In un’analisi pubblicata su Lancet lo scorso anno, i ricercatori FHSC hanno dimostrato che quasi il 60% di tutti i pazienti FH sono stati trattati con farmaci ipolipemizzanti e il livello mediano di colesterolo LDL per quelli in trattamento era 4,23 mmol/L (163,57 mg/dL). Per coloro che non assumevano il trattamento, il livello mediano era 5,43 (210,0 mg/dL).

SANTORINI, ha detto Ray, è il primo registro che ha arruolato pazienti FH a seguito dell’aggiornamento delle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC)/EAS che ha abbassato gli obiettivi LDL per i pazienti a rischio alto e molto alto.

A partire dal 2019, l’obiettivo è inferiore a 1,4 mmol/L (55 mg/dL) – oltre a una riduzione di almeno il 50% oltre il basale per i pazienti in prevenzione primaria e secondaria ad altissimo rischio di malattia aterosclerotica cardiovascolare (ASCVD). Per quelli ad alto rischio, l’obiettivo è inferiore a 1,8 mmol/L (70 mg/dL) più 50% di abbassamento, mentre i pazienti a rischio moderato dovrebbero mirare a essere inferiori a 2,6 mmol/L (100 mg/dL).

«Ciò che era diverso in queste linee guida consisteva nel fatto che gli obiettivi erano stati modificati per tre delle categorie di rischio» ha detto Ray. «Per due di queste, vale a dire per i pazienti a rischio alto e molto alto, tali obiettivi sono molto più difficili da raggiungere. Quello che abbiamo dimenticato di dire alla persone è che le linee guida si sono spostate a causa dell’uso della terapia combinata».

Analisi focalizzata su pazienti con rischio CVD alto o molto alto
La nuova presentazione EAS si è concentrata su 7.210 pazienti (età media: 65 anni; 72,1% maschi) a rischio alto o molto alto di malattie cardiovascolari con dati completi sulla terapia ipolipemizzante e sui livelli di colesterolo LDL al basale e a 1 anno. Al basale, il 21,2% di questi pazienti aveva raggiunto l’obiettivo di colesterolo LDL raccomandato dalle linee guida e aveva un colesterolo LDL medio di 2,42 mmol/L (93,58 mg/dL). A 1 anno, il 31,2% dei pazienti era a target, con un colesterolo LDL medio di 1,98 mmol/L (76,57 mg/dL).

Nel gruppo ad alto rischio, c’era stato un aumento del numero di pazienti a target, dal 24,4% al basale al 34,2% a 1 anno, con corrispondenti livelli di colesterolo LDL in calo da 2,74 a 2,29 mmol/L (da 105,96 a 88,55 mg/dL). Nei pazienti ad altissimo rischio, il 30,1% era a target a 1 anno, fino al 20,0% rispetto al basale, e i livelli di LDL erano diminuiti da 2,29 a 1,86 mmol/L (da 88,55 a 71,93 mg/dL). «Ogni gruppo si sta spostando approssimativamente di 0,4 mmol/L, il che si traduce in circa un ulteriore 10% di persone che raggiungono l’obiettivo» ha detto Ray.

In termini di trattamento, solo il 3,0% dei pazienti non assumeva alcuna terapia ipolipemizzante a 1 anno, dato che era sostanzialmente in calo rispetto al basale in cui il 21,6% non assumeva alcun farmaco. Questi pazienti sono stati per lo più trasferiti in monoterapia, ha specificato Ray, facendo notare che c’era stato un aumento di quelli che assumevano un singolo farmaco per abbassare il colesterolo LDL, dal 50,9% al basale al 55,4% a 1 anno. «Si trattava principalmente di monoterapia a base di statine, che è migliorata di circa il 4%» ha precisato.

C’è stato anche un aumento della percentuale di pazienti che assumevano la terapia di combinazione, che era aumentata dal 27,5% al basale al 41,7% a 1 anno. Questo era stato in gran parte il risultato di un maggior numero di pazienti che assumevano ezetimibe oltre alle statine. C’era stato solo un piccolo aumento nell’uso di inibitori PCSK9, che è aumentato dal 5,6% al 7,8%.

Nei gruppi a rischio alto e molto alto, sono state osservate tendenze simili, con ampia riduzione del numero di pazienti non trattati e aumento nell’uso di statine. Nei pazienti ad altissimo rischio, tuttavia, l’uso della terapia di associazione è aumentato dal 29,9% al basale al 45,3% a 1 anno, un aumento guidato dall’uso di statine ed ezetimibe. In questa coorte, l’uso di inibitori PCSK9 è aumentato dal 5,9% all’8,2%.

Quali modelli di trattamento hanno fatto raggiungere l’obiettivo LDL?
Infine, Ray ha presentato i dati sui modelli di trattamento dei pazienti che hanno raggiunto gli obiettivi di colesterolo LDL. Complessivamente, il 36,6% e il 32,0% dei pazienti ad alto e altissimo rischio giunti a target stavano assumendo una terapia di combinazione, con più della metà di questi che assumeva una combinazione che includeva un inibitore PCSK9. Dei pazienti che erano passati dalla monoterapia al basale alla terapia di combinazione nel follow-up, circa un terzo o la metà dei pazienti aveva raggiunto l’obiettivo LDL raccomandato.

Nonostante ci siano stati segni di miglioramento nel registro SANTORINI, Ray ha detto che i medici dovrebbero iniziare il trattamento con la terapia combinata in queste coorti ad alto rischio, data la sostanziale riduzione dei livelli di colesterolo LDL necessaria. Considerando gli alti livelli di colesterolo LDL, non dovrebbero iniziare con un singolo farmaco. «Non appena si inizia a utilizzare la terapia combinata, una percentuale maggiore di pazienti raggiungerà l’obiettivo» ha ribadito Ray.

Effetto Hawthorne, un possibile bias
Nella discussione successiva alla presentazione, Stephen Nicholls, della Monash University di Melbourne (Australia), che non è stato coinvolto nello studio, si è chiesto se ci potesse essere qualche “bias di registro” nei risultati, facendo notare che i centri arruolati nel registro FHSC potevano essere più motivati nel trattamento dei pazienti.

Ray si è detto d’accordo, aggiungendo che SANTORINI potrebbe rappresentare lo «scenario migliore» quando si tratta di prendersi cura di questi pazienti a rischio. C’è anche il potenziale ‘effetto Hawthorne’, con i medici che alterano i comportamenti di prescrizione sapendo che vengono osservati in uno studio. «Non sappiamo per certo che sia così, e non avremo una risposta su questo punto, ma ciò in qualche modo potrebbe avere contribuito» ha detto Ray.

Børge Nordestgaard, dell’Università di Copenhagen (Danimarca), che ha parlato dopo la presentazione, si è chiesto quali paesi stessero ottenendo buoni risultati in riferimento al trattamento ipolipemizzante. Ray ha risposto che si sta pianificando tale analisi, ma ha rilevato che i dati di base hanno mostrato che alcuni paesi hanno ottenuto risultati migliori di altri quando si trattava di utilizzare la terapia combinata. Il Regno Unito e l’Irlanda, per esempio, non erano eccezionali sotto questo profilo, mentre Spagna, Italia e Portogallo erano esempi di paesi in cui l’uso combinato era più alto.

Fonte:
Ray KK, Aguilar C, Arca M, et al. Lipid management in patients with high and very high cardiovascular risk: 1-year follow-up data from routine clinical practice in Europe (SANTORINI study). Presented at: EAS 2023. Mannheim (Germany).