Cancro cervicale avanzato: secondo nuovi studi l’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia migliora la sopravvivenza
L’aggiunta dell’inibitore di PD-1 pembrolizumab alla chemioterapia, con o senza bevacizumab, ha migliorato la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in pazienti con carcinoma cervicale persistente, ricorrente o metastatico, indipendentemente dal fatto che il tumore esprimesse o meno il biomarcatore PD-L1. Questi i risultati – molto attesi – dello studio randomizzato di fase 3 KEYNOTE-826 che saranno presentati da Bradley J. Monk, al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago.
«I risultati di questo studio corroborano il ruolo dell’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia con o senza bevacizumab nelle pazienti con carcinoma cervicale persistente, ricorrente o metastatico come standard di cura di prima linea per questa malattia. Con questo approccio, la sopravvivenza è migliorata in modo significativo indipendentemente dall’espressione di PD-L1, supportando ulteriormente l’utilizzo di pembrolizumab per tutte le pazienti in questa popolazione», ha sottolineato l’esperta dell’ASCO Merry Jennifer Markham.
Lo studio KEYNOTE-826
KEYNOTE-826 (NCT03635567) è un trial multicentrico internazionale di fase 3 che ha incluso 617 donne con carcinoma cervicale persistente, ricorrente o metastatico che non erano già state trattate con la chemioterapia sistemica e non erano idonee al trattamento curativo con la chirurgia o la radioterapia. Era consentito un precedente trattamento con la chemioterapia radiosensibilizzante.
Le pazienti sono state assegnate secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al trattamento con pembrolizumab combinato con la chemioterapia con o senza bevacizumab oppure un placebo più la chemioterapia con o senza bevacizumab per un massimo di 35 cicli. Tra le partecipanti, l’88,8% aveva un’espressione di PD-L1, misurata con il Combined Positive Score (CPS), pari o superiore a 1 e il 51,4% aveva un CPS di PD-L1 pari o superiore a 10.
I due endpoint primari dello studio erano l’OS e la PFS.
I risultati di sopravvivenza
A un follow-up mediano di 39,1 mesi, la combinazione di pembrolizumab con la chemioterapia ha dimostrato di migliorare sia l’OS sia la PFS in tutte le partecipanti allo studio, indipendentemente dall’espressione di PD-L1 e dall’eventuale somministrazione di bevacizumab. I risultati del follow-up a lungo termine confermano i risultati precedenti del trial.
L’OS è risultata di 28,6 mesi nel braccio trattato con pembrolizumab contro 16,5 mesi nel braccio di controllo nel sottogruppo con un CPS di PD-L1 pari o superiore a 1, rispettivamente di 29,6 mesi contro 17,4 mesi nel sottogruppo con un CPS di PD-L1 pari o superiore a 10 e rispettivamente di 26,4 mesi contro 16,8 mesi nell’intera popolazione dello studio.
Nella popolazione complessiva dello studio, la PFS è risultata di 10,4 mesi nel braccio pembrolizumab contro 8,2 mesi nel braccio placebo.
Inoltre, la combinazione di pembrolizumab con la chemioterapia ha ridotto il rischio di morte del 40% nelle pazienti con un CPS di PD-L1 pari o superiore a 1, del 42% in quelle con un CPS di PD-L1 pari o superiore a 10 e del 37% in tutta la popolazione studiata.
I risultati di sicurezza
Sul fronte della sicurezza, gli eventi avversi di grado 3 o superiore sono risultati più comuni nel gruppo pembrolizumab, con un’incidenza dell’82,4%, contro 75,4% nel gruppo placebo. Gli effetti avversi di grado 3 o superiore più comuni con pembrolizumab rispetto al placebo sono stati anemia (30,3% contro 27,8%), neutropenia (12,4% contro 9,7%) e ipertensione (10,4% contro 11,7%).
«Prima dello studio KEYNOTE-826, per le donne con questa diagnosi lo standard di cura era una combinazione di chemioterapia a base di platino e paclitaxel, con o senza bevacizumab», ha dichiarato Monk, che è professore della Divisione di Oncologia Ginecologica presso la Creighton University School of Medicine, HonorHealth Research Institute di Phoenix (Arizona). «Questo studio dimostra che anticipare la somministrazione dell’immunoterapia durante l’iter terapeutico offre un sostanziale beneficio di OS rispetto al suo utilizzo in seconda linea I nostro risultati mostrano inoltre un beneficio di sopravvivenza associato a pembrolizumab nelle pazienti non idonee al trattamento con bevacizumab, offrendo un’opzione terapeutica a questa popolazione di pazienti caratterizzata da un elevato unmet need».
I prossimi passi
Pembrolizumab è attualmente approvato in combinazione con la chemioterapia, con o senza bevacizumab, per il trattamento di pazienti con carcinoma cervicale persistente, ricorrente o metastatico il cui tumore esprime PD-L1 con un CPS ≥ 1.
Lo studio KEYNOTE-826 mostra che l’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia potrebbe essere un’efficace opzione terapeutica di prima linea per le donne con questa diagnosi, indipendentemente dal fatto che il tumore esprima o meno PD-L1.
I ricercatori sperano nel prossimo futuro di comprendere meglio il ruolo del pembrolizumab nel carcinoma cervicale localmente avanzato, che è oggetto di studio in un ulteriore studio clinico di fase 3 attualmente in corso.
Bibliografia
B.J. Monk, et al. KEYNOTE-826: Final overall survival results from a randomized, double-blind, phase 3 study of pembrolizumab + chemotherapy vs placebo + chemotherapy for first-line treatment of persistent, recurrent, or metastatic cervical cancer. J Clin Oncol 41, 2023 (suppl 16; abstract 5500); doi: 10.1200/JCO.2023.41.16_suppl.5500. leggi