Andrea Droghetti è il nuovo direttore della chirurgia oncologica dell’IRCC di Candiolo: tra i suoi obiettivi lo sviluppo e l’implementazione di nuove tecniche “personalizzate”
Rendere possibile l’impossibile, offrendo una nuova speranza anche a chi scopre, come spesso accade, di avere una malattia avanzata. È quello a cui punta Andrea Droghetti, il nuovo direttore della Chirurgia Toracica Oncologica dell’IRCCS Candiolo Cancer Center e grande esperto di chirurgia mini-invasiva. Classe 1970, di origini senesi, ma formato nella scuola romana, Droghetti vanta un curriculum di tutto rispetto: dopo la laurea all’Università degli Studi di Perugia è stato dirigente medico presso la Struttura Complessa di Chirurgia Toracica e Vascolare dell’Azienda Ospedaliera di Bolzano per poi sbarcare oltreoceano al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York City, dove ha perfezionato le tecniche mini-invasive per il trattamento dei tumori polmonari e del mesotelioma. L’enorme esperienza maturata nel settore lo porta ad essere, nel 2013, tra i Fondatori del VATS Group, il più grande Registro sulle lobectomie polmonari mini-invasive videoassistite. Il suo lavoro in chirurgia toracica mini-invasiva ha lasciato il segno anche nel trattamento delle malattie cardiache. Droghetti ha infatti ideato e sviluppato due procedure chirurgiche mini-invasive oggi divenute lo standard nel trattamento toracoscopico dello scompenso cardiaco e della prevenzione della morte improvvisa per arresto cardiaco. Oggi il chirurgo senese insegna queste tecniche come docente e proctor in tutta Europa ed in Medio Oriente. Nel 2021 diventa direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica di ASST Mantova e da luglio di quest’anno inizia la sua nuova avventura a Candiolo.
“Sono davvero orgoglioso di esser entrato a far parte del grande team del Candiolo Cancer Center, dove lavorano rinomati professionisti e dove si fa ricerca di frontiera – commenta Droghetti-. Tra i miei obiettivi c’è quello di contribuire all’implementazione e all’utilizzo sempre più diffuso delle tecniche chirurgiche mini-invasive per ridurre il trauma per l’asportazione del tumore polmonare e consentire una maggiore integrazione con la terapia oncologica medica, massimizzandone l’efficacia sia nel setting neoadiuvante (pre-operatorio), per rendere operabili pazienti con malattia avanzata e/o ridurre la malattia per una chirurgia più conservativa, che in quello post-operatorio nel prevenire le recidive dopo asportazione. I farmaci innovativi, l’immunoterapia e le terapie target a bersaglio molecolare hanno, oggi, meno effetti collaterali e meccanismi d’azione più mirati che permettono un approccio personalizzato ad ogni paziente”.
Forte dell’esperienza maturata al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York City, Droghetti mette il suo bisturi al servizio dei pazienti. Tutti, sia coloro che hanno un tumore polmonare in stadio precoce, quindi considerato operabile, sia coloro che hanno un cancro in fase avanzata e metastatica. E lo fa in maniera “soft”. “Con la chirurgia mini-invasiva si estendono le opzioni di trattamento dei pazienti: grazie appunto al minore traumatismo, si riduce il rischio di complicanze e si dimezzano i tempi di degenza che passano mediamente da 8-12 giorni a 3-4 – spiega Droghetti -. In questo modo il paziente può subito iniziare e/o continuare le terapie mediche in quanto il corpo è meno provato rispetto a quanto invece sarebbe stato dopo un intervento toracico ‘open’. La maggiore integrazione tra terapie mediche e chirurgiche può aumentare le probabilità che i pazienti inizialmente inoperabili, che ancora rappresentano il 70-80% di tutti i tumori polmonari, diventino operabili, aumentando così le chances di sopravvivenza”.
L’innovazione che Droghetti vuole abbracciare a Candiolo non riguarda solo la chirurgia toracica tout court. “L’Istituto di Candiolo vanta un’Unità di Anatomia Patologica di altissimo livello, impegnata sia sul lato assistenziale che su quello della ricerca traslazionale, il laboratorio, infatti, ha un ventaglio di competenze tecnico-metodologiche che ci hanno permesso di mettere in piedi una piattaforma di sequenziamento con profilazione molecolare allargata di circa 500 geni del tessuto tumorale prelevato dai nostri pazienti operati, con l’obiettivo di offrire potenziali terapie ‘su misura personalizzate’ – racconta Droghetti.
Nei piani di Droghetti c’è spazio anche per un team con la Radiologia Interventistica dell’Istituto implementando le tecniche di ablazione più avanzate e la Radiomica “Cercheremo di sfruttare al meglio la radiofrequenza e la crioenergia per le ablazioni dei tumori, ma anche le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale e dalla Radiomica, cioè dall’analisi ‘quantitativa’ delle immagini tramite metodi matematici, per localizzare in maniera più accurata il tumore con lo scopo di effettuare resezioni di precisione, riducendo così l’impatto sulla funzione respiratoria”, sottolinea il chirurgo.
Per Droghetti la guerra al tumore polmonare non è solo una semplice sfida professionale: “È personale ed è il motivo per cui sono diventato un chirurgo toracico, la perdita di un grande affetto familiare quando ero appena laureato mi ha dato una motivazione eccezionale per studiare e applicarmi nel cercare ogni giorno di trovare il massimo di ciò che possiamo fare per i nostri pazienti. – confessa -. Il mio sogno? Rendere operabili anche i tumori oggi ‘impossibili’”.