Indagine PageGroup a livello europeo: la discriminazione sul luogo di lavoro non è più soltanto una questione di genere
51%. È questa la percentuale di persone che, secondo una recente indagine condotta a livello europeo da PageGroup – società internazionale di recruiting che opera in Italia con i brand Page Executive, Michael Page e Page Personnel – su un campione di circa 5.000 intervistati, ha dichiarato di aver subìto discriminazioni sul posto di lavoro una o più volte negli ultimi 12 mesi. Uno su sei (il 18%), inoltre, ritiene di essere discriminato “spesso” o “sempre”, mentre il 33% subisce episodi occasionali.
La discriminazione non riguarda solo il genere: 1 persona su 3 è stata discriminata per l’età nell’ultimo anno. “Solitamente quando pensiamo alla discriminazione, ci vengono in mente episodi legati al genere, tuttavia la nostra indagine Sustainability Insights – precisa Pamela Bonavita, managing director di PageGroup – dipinge un quadro diverso: l’età, infatti, è la causa più comune di discriminazione (34%); seguono il genere (23%) e il background culturale (22%). Indipendentemente dal motivo, non dobbiamo dimenticare che non sentirsi accolti, a lungo andare, può rendere le persone insicure, escluse e svantaggiate e causare insoddisfazione e malcontento. Per questo motivo, è fondamentale che le aziende siano consapevoli e, se necessario, sappiano intervenire tempestivamente”.
Il costo organizzativo della discriminazione. Sebbene i casi di discriminazione possano talvolta apparire come episodi isolati o, forse a causa della mancanza di segnalazioni, non particolarmente frequenti, gli effetti possono avere un impatto significativo sulle organizzazioni perché potrebbe spingere le persone a voler lasciare l’azienda, portando con sé conoscenze e competenze.
Di quel 23% di intervistati che si sono sentiti discriminati, il 38% è rappresentato da donne. Inoltre, con l’aumento dell’anzianità aumenta anche la prevalenza della discriminazione di genere. Il 31% dei dipendenti in posizioni di leadership dichiara di subirla, rispetto al 21% dei lavoratori di livello non dirigenziale. Non solo: 4 lavoratori su 10 di età superiore ai 50 anni (il 41% per la precisione) hanno dichiarato di essere stato discriminato in base all’età negli ultimi 12 mesi.
Code switching, adattarsi per sentirsi parte del gruppo. 2 intervistati su 3 hanno dichiarato di non sentirsi completamente se stessi quando sono in ufficio e per questo cercano di adattare il proprio stile linguistico, l’aspetto, il comportamento e le modalità espressive per provare a ridurre al minimo le differenze con il resto del team.
“Sebbene non esista un modo univoco per ridurre le discriminazioni – conclude Pamela Bonavita – è importante, prima di tutto, capire come si sentano i dipendenti e, nel caso, intervenire. In PageGroup abbiamo dato vita al programma Have Your Say per incoraggiare le persone a condividere i propri pensieri e le proprie esperienze in modo confidenziale. Se volessimo semplificare, potremmo dire che il benessere delle persone si fonda su tre pilastri sui quali le imprese dovrebbero concentrarsi: cultura aziendale che favorisca inclusività e accoglienza, formazione continua per aumentare la consapevolezza sulla discriminazione e sulle questioni ad essa correlate e revisione delle procedure già in essere per identificare e risolvere eventuali problemi”.