Nuovi risultati positivi per l’uso delle cellule CAR-T: conferme di lunga sopravvivenza con brexu-cel nella leucemia linfoblastica acuta e nel linfoma mantellare
Nei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta a cellule B ricaduta/refrattaria o linfoma a cellule mantellari ricaduto/refrattario, la terapia con le cellule CAR-T anti-CD19 brexucabtagene autoleucel (brexu-cel) conferma di migliorare la sopravvivenza globale (OS) e di produrre risposte durature. Lo evidenziano i risultati di alcune analisi di follow-up a lungo termine dei due studi registrativi ZUMA-2 e ZUMA-3, presentate al 64° meeting annuale dell’American Society of Hematology (ASH), a New Orleans.
Nella prima analisi, gli autori hanno confrontato i risultati di follow-up a 2 anni dello studio di fase 2 ZUMA-3 con quelli dello studio SCHOLAR-3, uno studio retrospettivo di controllo storico, valutando brexu-cel (noto in precedenza come KTE-X19) in confronto allo standard di cura in pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivata/refrattaria. I risultati dell’analisi sono stati pubblicati in contemporanea anche sul Journal of Hematology & Oncology.
In un’analisi esplorativa dello studio ZUMA-2, invece, gli autori hanno cercato di identificare le caratteristiche dei pazienti e del prodotto associate a risposte a lungo termine nei pazienti con linfoma mantellare recidivato o refrattario trattati con brexu-cel.
Infine, in un’analisi di confronto fra lo studio ZUMA-2 e lo SCHOLAR-2, un altro studio retrospettivo di controllo storico, brexu-cel è stato valutato rispetto alla terapia standard in pazienti adulti con linfoma mantellare recidivato o refrattario.
«Queste analisi continuano a confermare le risposte significative e mantenute nel tempo a brexu-cel che abbiamo visto negli studi ZUMA-2 e ZUMA-3», ha dichiarato in una nota Frank Neumann, Senior Vice President e Global Head of Clinical Development di Kite. «I risultati aggiornati rafforzano i dati che indicano come brexu-cel abbia il potenziale per indurre remissioni a lungo termine in pazienti con tumori ematologici difficili da trattare, come il linfoma mantellare e la leucemia linfoblastica acuta a cellule B ricaduti o refrattari».
Confronto fra ZUMA-3 e SCHOLAR-3
In questa prima analisi, in pratica, gli autori hanno utilizzato i risultati aggiornati dello studio di controllo storico SCHOLAR-3 per caratterizzare meglio i risultati ottenuti nello studio ZUMA-3, utilizzando la tecnica del propensity score matching.
Nell’analisi sono stati confrontati i dati relativi a 49 pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivata/refrattaria trattati con brexu-cel nello studio ZUMA-3 (di cui 29 già trattati in precedenza con blinatumomab/inotuzumab e gli altri 20 naïve a questi farmaci) con un campione di 40 pazienti (di cui 20 già trattati in precedenza con blinatumomab/inotuzumab e gli altri 20 naïve a questi farmaci) con caratteristiche analoghe della coorte di controllo esterno dello studio SCHOLAR-3 (follow-up mediano: 26,8 mesi), abbinati mediante il propensity score matching.
Sopravvivenza e tassi di risposta superiori con brexu-cel
Il confronto ha mostrato che il trattamento con brexu-cel ha prodotto una sopravvivenza globale (OS) superiore rispetto allo standard of care, indipendentemente dal fatto che i pazienti fossero già stati trattati con blinatumomab/inotuzumab oppure no. Nello specifico, nello studio ZUMA-3 l’OS mediana è risultata quadruplicata rispetto a quella ottenuta negli studi clinici storici: 25,5 mesi contro 5,5 mesi (P=0,0001).
Inoltre, nel gruppo dei pazienti naïve a blinatumomab/inotuzumab i tassi di remissione completa e remissione completa con recupero ematologico incompleto a 24 settimane ottenuti con brexu-cel nello studio ZUMA-3 sono risultati più che raddoppiati rispetto a quelli osservati con le terapie standard nello studio SCHOLAR 3: 85% contro 35% (P= 0,0031).
«In questa analisi di propensity score matching, brexu-cel ha dimostrato, in tutte le misure di efficacia, un impressionante beneficio rispetto allo standard di cura nella leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivata o refrattaria», ha dichiarato il primo autore dello studio ZUMA-3, Bijal Shah, del Moffitt Cancer Center di Tampa, in Florida. «Il miglioramento significativo della sopravvivenza è particolarmente entusiasmante, visto che questi pazienti tipicamente hanno una scarsa risposta al trattamento e remissioni brevi».
Analisi dei fattori associati a risposte durature nello studio ZUMA-2
In un’analisi esplorativa separata dello studio ZUMA-2, volta a identificare i fattori associati a risposte a lungo termine nei pazienti con linfoma mantellare ricaduto o refrattario trattati con brexu-cel, gli autori hanno confrontato le caratteristiche dei pazienti che mantenevano la risposta a 24 mesi dal trattamento (‘responder continuativi’; 47%) con quelle dei pazienti che dopo una risposta iniziale erano ricaduti entro 6 mesi (‘responder ricaduti’; 48%).
I pazienti erano già stati esposti a una mediana di tre linee di terapia, tra cui come ultimo trattamento precedente ibrutinib (66% nei ‘responder continuativi’ contro 43% nei ‘responder ricaduti’) o acalabrutinib (14% nei ‘responder continuativi’ contro 13% nei ‘responder recidivati’), con un tempo mediano dall’ultima terapia precedente rispettivamente di 63 e 64,5 mesi.
Dal confronto è emerso che, rispetto ai ‘responder ricaduti’, quelli che hanno mantenuto la risposta avevano ricevuto in percentuale minore una terapia ponte (21% contro 53%) e una terapia a base di platino (10% contro 40%). Invece, nei due gruppi, quote simili di pazienti erano stati trattati in precedenza con bendamustina (45% contro 53%) o inibitori del proteosoma (41% e 37%) ed erano stati sottoposti a un trapianto di cellule staminali autologhe (48% contro 37%). Infine, al basale, i ‘responder continuativi’ avevano in misura maggiore un punteggio ECOG pari a 0 (79% contro 57%), mentre l’incidenza di caratteristiche ad alto rischio era simile nei due gruppi.
Picco delle CAR-T circa doppio nei ‘responder’ a 24 mesi
Gli sperimentatori hanno, inoltre, evidenziato che i livelli di picco delle CAR-T erano circa il doppio nei pazienti che erano ancora in risposta a 24 mesi dall’infusione (mediana 102,4 cellule/µl; range: 0,3-2241,6) rispetto a quelli recidivati (mediana 59,9 cellule/µl; range: 1,6-2589,5).
«Dopo un follow-up mediano di 3 anni, quasi la metà dei pazienti dello studio ZUMA-2 mantiene una risposta a 2 anni dall’infusione, il che conferma come nei pazienti con linfoma mantellare trattati con brexu-cel si ottengano risposte durature», ha dichiarato il primo autore dello studio, Michael Wang, dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas. «Questa analisi ci aiuta anche a capire chi potrebbe avere maggiori probabilità di ottenere una risposta a lungo termine, dato che i pazienti con un punteggio ECOG più basso e un minor carico di malattia hanno ottenuto una risposta più lunga» ha concluso lo sperimentatore.
Confronto fra ZUMA-2 e SCHOLAR-2
Infine, una conferma dell’efficacia a lungo termine di brexu-cel e della sua superiorità rispetto alle terapie standard nei pazienti adulti con linfoma mantellare ricaduto/refrattario arriva da un confronto indiretto tra i dati dello studio ZUMA-2 e lo studio di controllo storico SCHOLAR-2.
Nello specifico, l’analisi ha comparato l’efficacia di brexu-cel rispetto allo standard di cura in pazienti con linfoma mantellare che erano stati precedentemente trattati con una terapia a base di inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTK), utilizzando tre diversi metodi statistici al fine di aggiustare gli squilibri tra le popolazioni studiate, non randomizzate.
I dati hanno evidenziato un’OS più che triplicata per i pazienti trattati con brexu-cel (68) rispetto a quelli trattati con lo standard di cura (59), con una mediana che è risultata rispettivamente di 46,6 mesi contro 14,2 mesi (HR 0,38; P < 0,001), aggiustata con la tecnica dell’inverse probability weighting (IPW).
Bibliografia
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