La Calunnia di Botticelli contiene importanti riferimenti alle Metamorfosi, alla Divina Commedia, al Decameron: le scoperte in un volume di Monica Centanni e Sara Agnoletto
Tra le fonti che ispirarono Botticelli vi furono anche Ovidio, Dante, Boccaccio, e dunque le Metamorfosi, la Divina Commedia, il Decameron.
Questo, in sintesi, quanto emerge nel libro “La Calunnia di Sandro Botticelli. Politica, vizi e virtù civili a Firenze nel Rinascimento” (Officina Libraria, pp.294), curato da Monica Centanni (professore ordinario di Letteratura greca) e Sara Agnoletto (dottore di ricerca in Storia delle arti) entrambe dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (Iuav).
Lo studio rivela per la prima volta i significati nascosti nel più enigmatico tra i dipinti realizzati dal grande artista fiorentino attraverso riferimenti letterari, in particolare Ovidio, Dante Alighieri e Boccaccio .
Il volume racconta infatti il piccolo e dettagliatissimo quadro esposto agli Uffizi, affiancando al testo una campagna fotografica condotta specificatamente per la pubblicazione. Le autrici indagano il problema della sua datazione sotto una nuova luce e analizzano l’opera da punti di vista inesplorati, svelando simbologie rimaste fino ad oggi nascoste.
L’iconografia della Calunnia è tradizionalmente circondata da un’aura di mistero. La tavola, incentrata su concetti quali la diffamazione e l’ingiustizia, fu realizzata a partire dalla descrizione letteraria di Luciano di Samosata di un famoso dipinto di Apelle, forse mai esistito; la distanza tra testo e immagine, unita alle necessarie rielaborazioni del soggetto da parte di Botticelli, ha da sempre reso estremamente difficile l’interpretazione del quadro.
Grazie all’individuazione di nuove fonti testuali, lo studio di Monica Centanni e Sara Agnoletto permette, per la prima volta, di decifrare le scene contenute nel dipinto.
Ed è stata proprio la Divina Commedia di Dante, oltre a dettare l’aspetto di uno dei personaggi in primo piano, Invidia, ad ispirare alcuni degli spazi architettonici del loggiato, come quello raffigurante la flagellazione di ruffiani e seduttori, evidente rimando alle Malebolge. Alle Metamorfosi di Ovidio si rifanno invece i rilievi di Apollo e Dafne, di Atamante e del giudizio di Paride, mentre di ascendente boccaccesco è il riquadro dedicato a Cimone ed Ifigenia. E ancora, altre sculture risentono dell’influenza di Plinio, Livio, dell’Antico Testamento: la loggia è interamente popolata da visioni letterarie.
L’identificazione di tutte le immagini contenute nella solenne architettura che incornicia la scena principale ha consentito alle studiose di classificare La Calunnia come un vero e proprio “combattimento” tra i vizi e le virtù del tempo, nel clima opprimente che seguì la morte di Savonarola. Il dipinto dovette infatti rivestire, nella mente dell’autore, il ruolo civile di guida alla gestione del potere: attraverso un’analisi acuta e precisa, le autrici hanno identificato in Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, figura trainante della politica fiorentina del tempo, il destinatario di questi importanti insegnamenti. Facendosi manuale di ciò che nel Rinascimento era ritenuto bene e male, ‘La Calunnia’ diventa quindi anche un condensato della cultura e degli ideali dell’epoca, un’enciclopedia visiva del sentire di quegli anni.
Qualsiasi visitatore che abbia ammirato i tesori della sala di Botticelli agli Uffizi si sarà accorto che tra la Nascita di Venere e il piccolo dipinto della Calunnia esiste una connessione inconfutabile: infatti qui,
tra le figure in primo piano spicca la Nuda Veritas, incarnazione degli ideali umanistici di verità ed onestà, mai nominata nel testo di Luciano di Samosata e dunque idea totalmente botticelliana. La donna, che si copre timidamente il pube mentre alza l’altro braccio verso il cielo, non è altro che una miniatura della Venere che, nella sala degli Uffizi, nasce dal mare a pochi metri da lei. La Calunnia è infatti carica di autocitazioni botticelliane, che le ricerche delle autrici del libro hanno permesso di identificare per la prima volta. Il volume illustra infatti come la maggior parte dei soggetti raffigurati nei rilievi della loggia sia in realtà una “mini” riproduzione di opere autonome dell’artista fiorentino: alcuni dei quadri evocati sono, ad esempio, il “Ritorno di Giuditta a Betulia” e il “Giudizio di Paride”, sempre ospitati nelle Gallerie degli Uffizi, o il “Nastagio e la caccia infernale nella pineta di Classe” (Prado, Madrid), altro richiamo al Decameron di Boccaccio. D’altra parte, la stessa ambizione di rappresentare e dunque di collegarsi ad un dipinto di Apelle, il grande pittore greco della Classicità, dimostra la possibilità che Botticelli abbia fatto del suo quadretto ‘La Calunnia’ un manifesto di autoaffermazione: così come Ovidio si era inserito nelle orme del grande poeta greco del simposio, proclamandosi “Alceo Romano”, Botticelli avrebbe potuto eleggersi, sulla scia di Apelle, “maestro della maniera classica”, e dunque, “luminare del Rinascimento”.