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Covid, i vaccini a RNA messaggero sono stati la svolta

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I vaccini a RNA messaggero sono vaccini che hanno segnato la svolta di quella che è la vaccinazione nel mondo, rappresentandone il presente e il futuro

Vaccinarsi è ancora l’unica arma che abbiamo a disposizione contro il Covid per proteggere noi stessi ma, soprattutto, per tutelale le popolazioni fragili (anziani, portatori di malattie croniche, bambini, immunodepressi) per le quali il Covid può rappresentare ancora una patologia molto grave e letale. Questi importanti concetti sono stati ribaditi durante l’evento formativo ECM “Confronto interdisciplinare sulla vaccinazione COVID 19: approcci ed esperienze” L’evento si è svolto in 3 sedi contemporaneamente Roma, Torino e Napoli realizzato con il contributo non condizionante di Moderna Italia.

I vaccini a mRNA
I vaccini a RNA messaggero sono vaccini che hanno segnato la svolta di quella che è la vaccinazione nel mondo, rappresentando il presente e il futuro della vaccinazione.
“Non sono piattaforme di oggi, sono studi quelli sull’ mRNA che iniziano negli anni 90 quando avevamo la pandemia da virus dell’HIV, da virus dell’immunodeficienza umana; è chiaro che la pandemia attuale, quella che abbiamo vissuto in questi ultimi tre anni, ha accelerato questi processi non più sul campo delle patologie neoplastiche dove l’mRNA era principalmente indirizzato, ma sulla vaccinologia quindi sulla produzione di vaccini. È stata un’opportunità eccezionale perché ha dato un impulso notevolissimo alla vaccinologia e quindi alla produzione dei vaccini.

Il Policlinico San Martino di Genova dove lavoro era uno degli Hub vaccinali di secondo livello, quindi, dedicato principalmente ai soggetti con condizioni di rischio, soggetti immunocompromessi, soggetti neoplastici. Abbiamo somministrato circa 200.000 dosi di vaccino Covid nel 2021, un po’ meno del 2022. Direi che è stata un’esperienza, quella del nostro gruppo, estremamente positiva.
Il vaccino a mRNA è assolutamente ben tollerato, sicuro e poi come ci hanno dimostrato i dati, non solo italiani ma a livello mondiale, è anche un vaccino efficace nel limitare le complicanze sia dalla variante Delta che delle varianti e sub varianti Omicron che si sono presentate dopo” racconta il prof. Giancarlo Icardi, Direttore Dip. Scienze Salute, Università di Genova, Direttore UO Igiene Policlinico San Martino, Genova.

“È una tecnologia che permette in tempo reale di adeguarsi a quelle che sono le esigenze dei virus circolanti, e poi  sfrutta in maniera più fisiologica quella che è la risposta immunitaria alla vaccinazione perché nei vaccini ad mRNA è il nostro organismo che produce l’antigene verso il quale noi dobbiamo sviluppare la nostra risposta immunitaria, quindi non è l’introduzione passiva, come siamo sempre stati abituati dell’antigene nel nostro organismo, ma è il nostro organismo che lo produce,. È sicuramente una strategia molto interessante, molto innovativa che rappresenta il futuro” sottolinea il prof. Massimo Andreoni, Professore Emerito di Malattie Infettive Università Tor Vergata Roma, Direttore Scientifico della Società italiana di Malattie Infettive e Tropicali.

“La cosiddetta fedeltà biologica o precisione del nostro vaccino a mRNA aiuta a dare delle risposte immunologiche più importanti; lo abbiamo visto sia nel caso del Covid, dove l’efficacia era altissima oltre il 90%. Non sempre si riescono a raggiungere questi valori, ma anche negli studi di fase 3 con il vaccino contro il virus respiratorio sinciziale (RSV) è stata ottenuta un’efficacia dell’84%. Quello che è affascinante di questa piattaforma è che ha il potere di trasformare completamente in modo in cui si fa la medicina, e non mi riferisco solo alle malattie infettive ma anche agli altri settori come il settore delle malattie rare, delle malattie oncologiche, delle malattie cardiovascolari.

Caratteristica importante di questa piattaforma è la trasversalità, infatti, una volta che si conosce la sequenza che si deve tradurre e che deve rappresentare una proteina, la piattaforma può essere applicata. L’altra caratteristica è la velocità: senza parlare dell’eccezionalità ovviamente del Covid nel caso del pandemico, basta pensare allo sviluppo del nostro vaccino contro il virus respiratorio sincinziale (RSV); in un paio d’anni abbiamo fatto cose che normalmente nella media, per la storia dell’industria farmaceutica e dello sviluppo delle altre tecnologie, richiederebbero dai 6 agli 8 anni, quindi siamo stati rapidi” evidenzia la dott.ssa Francesca Ceddia, SVP Respiratory Vaccines , Medical Affairs Moderna, Moderna.

“In questo percorso veloce c’è stato anche l’aiuto delle autorità regolatorie e degli istituti accademici, quindi, è stato un concerto di diverse istituzioni. Nel caso del Covid, per esempio, si parla ora di aggiornare i vaccini e l’aggiornamento dei vaccini può avvenire nel giro di tre mesi, appena verrà data la prescrizione di quelli che devono essere i ceppi contenuti all’interno del vaccino. Di nuovo qualcosa di straordinario. Quindi grandi speranze nel settore non solo della vaccinazione ma anche di altri approcci terapeutici con la tecnologia dell’mRNA e grandi speranze di allungamento delle aspettative di vita” spiega Ceddia.

“Solo nel settore respiratorio ci sono molte malattie infettive che possono essere ancora trattate con vaccini e in generale ci sono oltre 200 virus che possono colpire l’uomo, ma a disposizione non abbiamo più di una ventina di vaccini. Nel nostro programma di sviluppo abbiamo una ventina di vaccini tra monovalenti e combinazioni dedicati al settore respiratorio e c’è una ragione: prima di tutto perché le malattie respiratorie sono una delle cause principali di mortalità ma anche di conseguenze gravi, una delle principali al mondo tra tutte le patologie. E secondariamente perché i coronavirus respiratori hanno la capacità, di mutare molto rapidamente.

Nel caso dell’influenza le indicazioni da parte dell’OMS su come preparare i vaccini per la stagione autunnale vengono date a febbraio perché con le piattaforme tradizionali ci vuole del tempo per produrre il vaccino. In realtà i virus dell’influenza sono in costante mutazione, quindi quello che succede è che nel periodo autunnale il vaccino non è perfettamente combaciante con quello che è il virus che circola. Uno dei potenziali vantaggi della piattaforma a mRNA è che potendo fare la selezione, anche un po’ più tardi, ci avviciniamo di più al virus che circola.

Il combinato è un’altra delle caratteristiche di punta di questi vaccini; combinare non è mai facile, soprattutto con le tecnologie tradizionali. Noi abbiamo al momento attuale 5 progetti di combinati diversi sia nelle persone di età adulta a partire dai 50-60 anni ma anche nei bambini dove sappiamo che anche le malattie respiratorie sono importanti. Faccio un esempio abbiamo in combinazione il covid e l’influenza, l’influenza e l’ RSV, ed altri virus molto importanti soprattutto per le persone che hanno fattori di rischio e per i bambini” aggiunge Ceddia.

Il cambio di passo grazie ai vaccini
Tutto questo ovviamente non vuol dire che non dobbiamo comunque considerare le altre metodologie di preparazione dei vaccini. “In vaccinologia in funzione delle diverse esigenze può risultare più utile realizzare un certo tipo di vaccino rispetto ad un altro. Però certamente i vaccini a mRNA hanno segnato la grande svolta, hanno determinato quei 15 milioni di persone che oggi si ritiene siano state salvate dalla vaccinazione.

L’Istituto Superiore di Sanità un po’ di tempo fa aveva rilasciato un dato sulle proiezioni in assenza o in presenza di vaccino: aveva detto che in Italia ad un anno erano state salvate 150 mila persone; questo è un dato di efficacia, direi che è il più clamoroso. Se noi andiamo a vedere tutte le vaccinazioni fatte in Italia, almeno il 95% sono state fatte con il vaccino a mRNA. Quindi sostanzialmente quando diciamo che la vaccinazione ha risparmiato 150.000 persone solo in Italia, stiamo parlando dei vaccini a mRNA” aggiunge Andreoni.

“I vaccini all’inizio erano indicati a partire dai 18 anni di età poi questa si è abbassata. Come sempre ci basiamo su evidenze scientifiche e quindi su valutazioni che sono state fatte nella popolazione under 18, quindi prima i dodicenni, poi da 5-11 anni, poi a partire praticamente dai sei mesi fino ai 5 anni. Queste valutazioni hanno indicato come i vaccini a mRNA possono tranquillamente essere utilizzati a partire appunto dai sei mesi di età” specifica Icardi.

Paziente immunodepresso
Il paziente immunodepresso risponde meno alle vaccinazioni perché inevitabilmente ha il problema dell’immunodepressione; quindi, ha un’immunità che non risponde perfettamente agli stimoli. Quello che abbiamo imparato a capire è che in realtà anche in questi pazienti il vaccino funziona di più di quello che noi ritenevamo. Normalmente i vaccini vengono analizzati sulla loro capacità di dare una risposta di anticorpi neutralizzanti, quindi, di produrre anticorpi specifici nei confronti dell’agente presente nel vaccino, in questo caso del SARS-Cov-2. Studiando questa tipologia di risposta si vedeva che si formavano pochi anticorpi in alcuni pazienti immunodepressi e tendevano a svanire rapidamente.

Gli studi ulteriori, invece, ci hanno dato qualche elemento in più di positività, cioè ci fanno vedere che anche nei pazienti immunodepressi si crea un’immunità cellulare; quindi, non quella legata agli anticorpi ma quella legata alle cellule dell’immunità di memoria che è molto più efficace ed è molto più duratura di quello che noi pensavamo.
“Detto questo, ovviamente, ci sono diverse tipologie di immunodepressione, ci sono i soggetti che hanno immunodepressioni anche importanti a livello dell’immunità cellulare, questi pazienti rimangono ovviamente molto delicati, sono dei pazienti in cui c’è l’indicazione alla vaccinazione che comunque seppur poco, un po’ aiuta. Oggi abbiamo ulteriori armi per difendere queste persone anche a livello terapeutico” commenta Andreoni.

Eventi avversi
“Questi vaccini hanno dimostrato oltre che una grande efficacia anche un’ottima tollerabilità con pochi effetti collaterali; al di fuori del dolore locale o dei pochi gradi di febbre nelle ore successive, gli effetti collaterali gravi sono veramente minimali e iniziamo anche ad allontanare da quello spauracchio che alcuni avevano sollevato dicendo che avremmo visto effetti collaterali a distanza.

Abbiamo iniziato la vaccinazione in Italia il 27 dicembre del 2020 con i medici e con me stesso e quindi io ho sulle spalle ormai due anni e mezzo di vaccinazioni fatte.
Il vaccino a mRNA ha superato una prova sul campo enorme visto che è stato adoperato su 14 miliardi di persone cioè una numerosità di dosi somministrate che non abbiamo mai visto in epoche precedenti, neanche con quelli che usiamo da 20 anni” spiega Andreoni.

“Tutti i dati su possibili eventi avversi che abbiamo ricevuto non sono stati filtrati da nessuno, chiunque di noi poteva segnalare il proprio disturbo e malessere e quindi c’è stata una segnalazione importante e massiva. Analizzando questi dati per capire quelli che sono realmente legati al vaccino, si vede che ci sono stati effetti collaterali dovuti alla vaccinazione, ma come già sapevamo, ciò non riguarda questo vaccino. Tutte le vaccinazioni sono legate a degli effetti collaterali che in casi eccezionali possono essere anche molto gravi. In questi casi si fa sempre un’analisi di quello che è il rischio legato alla malattia rispetto al rischio legato al vaccino.

Nell’ambito della vaccinazione contro il SARS-CoV-2, per esempio, c’è stato un’analisi molto attenta sul rischio di miocardite soprattutto post vaccinale nei soggetti giovani, soprattutto maschi: si è visto che il rischio esiste ma che è un rischio infinitamente più basso rispetto al rischio sempre di miocardite, nel soggetto giovane sano; quindi, non stiamo parlando della miocardite dell’anziano o di un fragile, ma del soggetto nel corso della malattia. Quindi il rischio di miocardite aumenta in seguito al vaccino ma in modo nettamente inferiore rispetto al rischio della malattia. Quindi l’analisi costo beneficio è sempre nettamente a favore della vaccinazione” sottolinea Andreoni.

“Miocarditi e pericarditi sono descritte come aumentate soprattutto dopo la somministrazione della seconda dose di vaccino. Sono stati fatti degli studi di vita reale e hanno dimostrato come si può avere un aumento che è intorno a 0,2 casi di miocardite ogni 10.000 soggetti vaccinati.
Questo può verificarsi mediamente dopo un paio di settimane, è stata fatta un’ulteriore valutazione a 28 giorni e i dati evidenziano 0,5 casi ogni 10.000 dosi somministrate, soprattutto seconde dosi.

Questo evento avverso è conosciuto, quindi quando si vaccinano soggetti in queste fasce d’età è importante avvertire il proprio medico se nelle due settimane successive alla vaccinazione avessero dei sintomi quali respiro corto, palpitazioni, dolore toracico; parliamo di miocarditi e pericarditi che hanno un andamento clinico benigno, nel senso che se vengono curati come tutte le infiammazioni con dei farmaci specifici regrediscono completamente” precisa Icardi.

“Miocarditi e pericarditi in chi si contagia possono presentarsi con una frequenza superiore a 1 caso ogni 10.000; si parla di una complicanza cardiaca in 1 caso ogni 1500-2000 e quindi un rischio decisamente superiore dovuto al virus rispetto al vaccino. Tenuto conto che tra l’altro nel caso del vaccino parliamo soprattutto di seconde dosi e tenuto conto che avendo già fatto la prima dose il sistema immunitario è già stato stimolato, questo rischio non scompare ma è tendente a zero parlando di dosi di richiamo.
Non dimentichiamo che il virus non provoca solo miocarditi e pericarditi, ma può provocare tutta un’altra serie di complicanze soprattutto nei soggetti non vaccinati anche se giovani, in misura minore rispetto agli anziani, quali grossi problemi a livello dell’apparato respiratorio, si è sentito parlare tanto di polmonite interstiziale, di pazienti intubati.
Per non parlare poi di tutte le altre complicanze e il long covid. Indubbiamente mettendo sui piatti della bilancia da una parte le complicanze e tutto ciò che può provocare il virus SARS-Cov-2 e dall’altra parte, invece, i minimi effetti collaterali del vaccino è chiaro che il piatto della bilancia pesa assolutamente in termini specifici decisamente con numeri importanti dalla parte del virus” aggiunge Icardi.

Controindicazioni all’uso dei vaccini a mRNA
“Praticamente questi vaccini non hanno controindicazioni se non quelle assolute per qualunque tipo di vaccino. Nel senso che per qualunque vaccino prevale il principio della massima precauzione, soprattutto se dopo una prima dose somministrata si presenta uno shock anafilattico.

Abbiamo poi alcune situazioni che noi chiamiamo “di precauzione”, in cui la vaccinazione può essere posticipata. Dobbiamo essere sempre molto trasparenti, nel senso che quando noi vacciniamo alcuni tipi di popolazione, vale a dire soggetti che fanno terapie con farmaci biologici, soggetti che hanno immunocompromissione, soggetti che magari fanno terapie contro il cancro bisogna informare completamente queste persone che il vaccino non fa male però potrebbe non funzionare perché essendo il loro sistema immunitario debilitato è chiaro che il vaccino potrebbe non metterli al sicuro da eventuali complicanze o addirittura da contrarre la malattia.

Quindi questo è un po’ l’approccio generale che bisogna avere con tutte le vaccinazioni in particolare con questa” commenta Icardi.

Fattori di aggravamento della malattia Covid
Le ricerche hanno individuato dei fattori genetici che rendono le persone più suscettibili ad avere malattie gravi.
“Anche noi abbiamo fatto questi studi: per esempio, gli anticorpi anti interferon che il nostro organismo produce in presenza delle infezioni, un’immunità innata aspecifica, non vengono prodotti sufficientemente da alcune persone. Si è visto che le persone che hanno incapacità a produrre quantità sufficienti e rapide di interferon hanno una evoluzione più sfavorevole, hanno un rischio maggiore di malattia severa e di morte. E questo è al di là delle comorbosità, quindi al di là di avere patologie. Ovviamente avere tante patologie e patologie gravi espone al rischio ma questo vale non solo per il Covid” conclude Andreoni.

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