Carcinoma nasofaringeo: sintilimab riduce il rischio recidive


Carcinoma nasofaringeo: l’aggiunta di sintilimab alla chemioradioterapia riduce il rischio di recidiva nei casi ad alto rischio

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Nei pazienti con carcinoma nasofaringeo localmente avanzato ad alto rischio, l’aggiunta dell’anti-PD-1 sintilimab alla chemioradioterapia riduce in modo significativo – del 41% – il rischio di recidiva della malattia o decesso, con un aumento del 10% del tasso di sopravvivenza libera da eventi (EFS) a 3 anni. È quanto emerge dai risultati dello studio di fase 3 CONTINUUM presentati di recente al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago.

Lo studio ha evidenziato anche una riduzione significativa del rischio di insorgenza di metastasi a distanza e di recidive locoregionali per i pazienti trattati con la combinazione rispetto a quelli trattati con la sola chemioradioterapia.

Con un follow-up mediano di 41,9 mesi, il tasso di EFS a 3 anni è risultato dell’86,1% con la combinazione rispetto al 76,0% con la sola chemioradioterapia standard (HR 0,59; IC al 95% 0,38-0,92; P = 0,019).

Inoltre, il tasso di sopravvivenza libera da metastasi a distanza (DMFS) a 3 anni è risultato rispettivamente del 90,3% contro 82,8% (HR 0,57; IC al 95% 0,33-0,98; P = 0,039), mentre il tasso di sopravvivenza libera da recidive locoregionali (LRFS) a 3 anni è risultato rispettivamente del 93,4% contro 86,8% (HR 0,52; IC al 95% 0,27-0,97; P = 0,038).

Possibile nuovo standard di cura
«Lo studio CONTINUUM pone le basi per l’adozione della combinazione di sintilimab con la chemioradioterapia come nuovo standard di cura per il carcinoma rinofaringeo localmente avanzato ad alto rischio», ha dichiarato l’autore principale dello studio, Jun Ma, del Sun Yat-sen University Cancer Center di Guangzhou, in Cina, durante la presentazione dei dati.

La malattia locoregionale avanzata, ha ricordato l’autore, rappresenta circa il 75% dei casi di carcinoma rinofaringeo.

Ad oggi, la terapia standard per questo tumore è rappresentata da una chemioterapia di induzione con gemcitabina e cisplatino e una chemioradioterapia concomitante. Tuttavia, il 20% dei pazienti sottoposti a questo trattamento è destinato a sviluppare recidive o metastasi.

Tre grossi studi controllati e randomizzati hanno tutti dimostrato l’efficacia dell’inibizione di PD-1 nel trattamento di prima linea del carcinoma nasofaringeo recidivato o metastatico. Sulla stessa scia si inserisce lo studio CONTINUUM.

Lo studio CONTINUUM
CONTINUUM (NCT03700476) è un trial randomizzato, in aperto, che ha arruolato pazienti con carcinoma del nasofaringe in stadio da III a IV, esclusi quelli con malattia a basso rischio, cioè da T3 a T4N0 e T3N1.

Complessivamente 425 pazienti, di età compresa fra 18 e 65 anni, sono stati assegnati in modo casuale e secondo un rapporto 1:1 al trattamento con sintilimab 200 mg ogni 3 settimane per 12 cicli più la chemioradioterapia concomitante (210 pazienti) o alla terapia standard con la sola chemioradioterapia (215 pazienti).

L’endpoint primario era l’EFS, mentre gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale (OS), l’LRFS, la DMFS, la tossicità, la qualità di vita correlata alla salute e lo studio dei biomarcatori.

La chemioterapia di induzione è consistita in gemcitabina 1 g/m2 al giorno 1 e 8 e platino ad alto dosaggio 80 mg/m2 al giorno 1 ogni 3 settimane per 3 cicli, seguita da 100 mg/m2 di platino ad alto dosaggio il giorno 1 ogni 3 settimane per 2 cicli. La radioterapia è stata somministrata a 70 Gy a intensità modulata in 33 frazioni/die per 5 giorni consecutivi ogni settimana.

Caratteristiche dei pazienti
Nel presentare le caratteristiche della popolazione ITT al basale, Ma ha specificato che nel braccio sintilimab il 41,4% e il 45,7% dei pazienti, rispettivamente, presentavano una malattia T3 e T4, contro il 36,2% e il 49,3% dei pazienti trattati con la sola chemioradioterapia.

Inoltre, nel braccio sperimentale il 45,2%, 34,3% e 70,4% dei pazienti, rispettivamente, presentava una malattia N2, N3 o IVA, mentre nel braccio di confronto le percentuali corrispondenti erano rispettivamente del 46,5%, 31,2% e 70,2%.

Trattamento con sintilimab completato da oltre il 70% dei pazienti
Per quanto riguarda la compliance al trattamento, il 70,8% dei pazienti ha completato tutti i 12 cicli di sintilimab, mentre la percentuale di coloro che hanno completato meno di 3, da 4 a 6, da 7 a 9 e da 10 a 11 cicli di sintilimab è risultata rispettivamente del 9,6%, 12%, 3,3% e 4,3%. Le ragioni dell’interruzione includevano il rifiuto del paziente (11,5%), gli eventi avversi (10,5%), la COVID-19 (3,8%), la progressione della malattia (2,4%) o il decesso (1%).

Le percentuali di pazienti che hanno completato la chemioterapia di induzione, la dose concomitante di platino ad alte dosi e la dose concomitante di platino a una dosaggio di almeno 200 mg/msono state del rispettivamente del 92%, 83% e 76% nel braccio sintilimab, contro rispettivamente il 92%, 91% e 80% nel braccio di confronto. Quasi tutti i pazienti hanno completato la radioterapia in entrambi i bracci (97% e 98%).

In un’analisi di sottogruppo è stato rilevato che il maggior beneficio in termini di riduzione del rischio di recidiva o decesso è stato ottenuto dai pazienti con malattia N1 (HR 0,14; IC al 95% 0,03-0,61).

Per quanto riguarda l’OS, Ma ha riferito che la differenza fra i due bracci non è risultata statisticamente significativa (HR 0,95; P = 0,89) ed è necessario un ulteriore follow-up per la valutazione di questo endpoint.

Eventi avversi gestibili
Per quanto riguarda la sicurezza, Ma ha dichiarato che gli eventi avversi associati alla terapia sperimentale, seppure più frequenti rispetto a quanto osservato con la terapia standard, sono stati gestibili.

Sebbene tutti i pazienti abbiano manifestato eventi avversi, quelli di grado 3/4 hanno avuto un’incidenza del 74,2% nel braccio sperimentale contro 65,4% nel braccio della terapia standard e quelli di grado 5 un’incidenza rispettivamente dello 0,95% contro 0,5%.

Eventi avversi che hanno richiesto l’interruzione della chemioterapia si sono verificati nel 12% dei pazienti nel braccio sperimentale e nel 6,5% dei pazienti del braccio di confronto. Inoltre, gli eventi avversi hanno portato all’interruzione della radioterapia rispettivamente due pazienti (lo 0,95%) e un paziente (0,5%).

Gli eventi avversi comuni sono stati anemia (93% con sintilimab contro 92,1% con la terapia standard), leucopenia (rispettivamente 87,1% contro 82,7%), nausea (86,1% contro 85%), stomatite/mucosite (85,2% contro 84,6%), anoressia (84,7% contro 86%), secchezza delle fauci (78,5% contro 83,2%), neutropenia (72,2% contro 66,4%), dermatite (71,3% contro 68,2%), affaticamento (70,8% contro 72,9%), vomito (64,6% contro 62,1%), perdita di peso (63,2% contro 65,4%), perdita dell’udito o otite (62,7% contro 58,9%) e stipsi (58,9% contro 59,3%).

Eventi avversi immuno-correlati sono stati riscontrati nel 59,8% dei pazienti trattati con sintilimab e nel 9,6% dei casi tali eventi sono stati di grado 3/4. Nel 2,9% dei pazienti questi eventi avversi hanno richiesto l’interruzione della chemioterapia e nello 0,95% l’interruzione della radioterapia.

I più frequenti eventi avversi immuno-correlati sono stati rash (28,2%), ipotiroidismo (27,8%), prurito (24,9%), ipertiroidismo (19,1%), aumento dell’amilasi (11,5%) e reazione allergica (3,3%).

Infine, ha sottolineato Ma, i risultati relativi alla qualità della vita a 3 anni, valutati mediante il questionario EORTC QLQ C30, sono risultati paragonabili tra i due bracci.

Bibliografia
J. Ma, et al. PD-1 blockade with sintilimab plus induction chemotherapy (IC) and concurrent chemoradiotherapy (CCRT) versus IC and CCRT in locoregionally-advanced nasopharyngeal carcinoma (LANPC): a multicenter, phase 3, randomized controlled trial (CONTINUUM). J Clin Oncol. 2023;41(suppl 17):LBA6002. doi:10.1200/JCO.2023.41.17_suppl.LBA6002. Link