Tumore al seno: casi in aumento tra le donne con meno di 40 anni


In Italia il 20% delle donne colpite da tumore del seno ha meno di 40 anni. Una percentuale importante, che equivale a 11.140 nuove pazienti l’anno

Tumore della mammella in stadio iniziale: ribociclib in adiuvante riduce di un quarto il rischio di recidiva secondo nuovi studi

In Italia il 20% delle donne colpite da tumore del seno ha meno di 40 anni. Una percentuale importante, che equivale a 11.140 nuovi pazienti l’anno e che riguarda persone nel pieno dell’attività lavorativa e famigliare. Questo determina enormi problemi da un punto di vista socio-sanitario. Allo stesso tempo si registra anche un incremento di diagnosi fra le donne con più di 74 anni e che sono ormai escluse dai programmi di screening. Rappresentano il 35% dei casi e nel 2022 sono state 20mila le anziane colpite. È indispensabile rimodulare al più presto interventi di prevenzione primaria e secondaria, tenendo conto di quali possano essere le indagini di prevenzione più adatte alle giovani donne, per favorire la diagnosi precoce e la possibilità di guarigione.

È questo l’appello lanciato dalla Fondazione IncontraDonna durante il convegno nazionale “CURA.R.T.E. Alimentazione, Ricerca, Terapia, Emozione”.

“Il carcinoma mammario è una malattia sempre più “trasversale” in quanto ogni anno colpisce donne di diverse fasce d’età e anche 500 uomini – afferma la prof.ssa Adriana Bonifacino, Presidente di Fondazione IncontraDonna -. I progressi che stiamo ottenendo sono evidenti e attualmente la sopravvivenza a cinque anni è dell’88%. La probabilità di viverne ulteriori quattro, condizionata ad aver superato il primo anno dopo la diagnosi, è addirittura del 91%. Al di là dei positivi dati epidemiologici, l’impatto sul singolo paziente è ancora molto forte. Così come per l’intero sistema socio-sanitario che deve provvedere all’assistenza di un numero crescente di persone. Come clinici dobbiamo considerare con maggiore attenzione aspetti della malattia che fino a poco tempo fa consideravamo secondari. Come alimentazione e attività fisica che hanno un ruolo rilevante, sempre più sotto i riflettori della medicina e della ricerca. Non rappresentano solo fattori di prevenzione primaria del cancro ma sono anche supporti importanti per l’organismo del malato. Anche il lato emozionale va maggiormente curato a partire proprio dal delicato momento della comunicazione della diagnosi tra medico e paziente. Infine la ricerca e l’innovazione terapeutica sono altre due armi a nostra disposizione che devono essere maggiormente incentivate, soprattutto nel nostro Paese”.

“La personalizzazione dei trattamenti è la vera chiave per capire i successi ottenuti nella lotta al tumore del seno – prosegue il prof. Antonio Russo, del Direttivo Nazionale AIOM – Associazione Italiana di Oncologia Medica -. Come emerge oggi dal convegno di Roma, l’età del paziente è estremamente varia e questo influisce sulla scelta della tipologia di cura. Anche perché le terapie sono sempre più mirate e rappresentano il frutto di studi genetici e genomici molto complessi. La ricerca sta inoltre portando a innovazioni tecnologiche notevoli incluso il nuovo approccio all’intelligenza artificiale”.

“La maggiore precisione dei farmaci riesce a garantire cure meno invasive e quindi più adatte sia per una giovane che per un’anziana – sottolinea il prof. Andrea Botticelli, Dirigente Medico presso il Policlinico Umberto I Università La Sapienza di Roma-. Uno dei più grandi successi ottenuti negli ultimi decenni è l’evoluzione della terapia adiuvante e quindi somministrata dopo l’intervento chirurgico. Stiamo riducendo le probabilità che la patologia oncologica si ripresenti con una recidiva o con metastasi. Anche grazie a questo, la mortalità nell’ultimo decennio è sensibilmente in calo nonostante vi sia un costante aumento del numero di nuovi casi. L’incremento delle possibilità di guarigione stanno cambiando i percorsi di cura e assistenza che ora devono considerare le nuove esigenze delle donne”.

In Italia vivono oltre 800mila persone con un tumore della mammella e si calcola che una donna su otto si ammalerà nel corso della vita. “Numeri importanti che quantificano chiaramente una patologia ancora molto temuta – sostiene la prof.ssa Nicoletta Gandolfo, Presidente Eletta SIRM – Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica -. E’ possibile ottenere una diagnosi precoce grazie a esami semplici e soprattutto poco invasivi. Oggi esiste la mammografia digitale che consente l’acquisizione delle immagini della mammella, di elevata qualità, su un dispositivo elettronico. Le immagini vengono trasferite su monitor dedicati alla visualizzazione, utilizzando un terzo in meno di raggi X rispetto agli apparecchi tradizionali. Per quanto riguarda gli screening, l’aumento dei casi “giovanili” pone il problema oggettivo di ampliare la platea di donne da sottoporre gratuitamente alla mammografia. Abbassare a 45 anni l’inizio dei programmi di prevenzione secondaria su tutto il territorio nazionale, può essere una possibile soluzione come stanno ipotizzando alcuni Paesi Occidentali, non potendo tuttavia non prendere in considerazione le risorse necessarie, i costi conseguenti e la sostenibilità del sistema”.

“Diverse Regioni della Penisola già prevedono per le donne la mammografia biennale a partire dai 45 anni – prosegue la prof.ssa Bonifacino -. Tuttavia in Italia rimane il grande problema di una scarsa adesione agli screening gratuiti che si registra soprattutto in alcuni territori del centro-sud. E’ una battaglia innanzitutto culturale che va portata avanti per incentivare il più possibile la partecipazione ad esami che possono evitare molti gravi problemi a migliaia di potenziali pazienti”.