Colangiocarcinoma: il trattamento con zanidatamab, un nuovo anticorpo bispecifico diretto contro il recettore HER2, produce risposte rapide e durature
Il trattamento con zanidatamab, un nuovo anticorpo bispecifico diretto contro il recettore HER2, produce risposte rapide e durature in pazienti con colangiocarcinoma localmente avanzato, non resecabile o metastatico e caratterizzato da amplificazione di HER2, trattato in precedenza con gemcitabina. Lo hanno evidenziato i risultati dello studio di fase 2b HERIZON-BTC-01 presentati di recente a Chicago al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e pubblicati in contemporanea su The Lancet Oncology.
Secondo quanto riportato, il tasso di risposta obiettiva (ORR), confermato da un comitato centrale di revisori indipendenti, è stato del 41,3% (IC al 95% 30,4%-52,8%) negli 80 pazienti che presentavano un punteggio immunoistochimico (IHC) di 2+ o 3+ (coorte 1).
Con un follow-up mediano di 12,4 mesi, la durata della risposta (DOR) mediana è risultata di 12,9 mesi (range: 1,5-non valutabile) e al momento della presentazione 16 pazienti avevano risposte in corso. Inoltre, il tempo mediano di ottenimento della prima risposta è stato di 1,8 mesi (range: 1,6-5,5) e la durata del trattamento mediana è risultata di 5,6 mesi (range: 0,5-19,8).
«Zanidatamab ha mostrato un’attività antitumorale, producendo risposte rapide e durature in pazienti con tumore delle vie biliari HER2-positivo refrattario al trattamento», ha dichiarato Shubham Pant, dell’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas di Houston, durante la presentazione dei risultati.
Lo studio HERIZON-BTC-01
Il trial HERIZON-BTC-01 (NCT04466891) è uno studio multicentrico, in aperto, a braccio singolo, multicoorte in cui si è valutata l’attività antitumorale di zanidatamab in monoterapia nei pazienti con carcinoma delle vie biliari localmente avanzato inoperabile o metastatico, con amplificazione di HER2.
Complessivamente sono stati arruolati 87 pazienti, di cui la quasi totalità nella coorte 1, che comprendeva pazienti con IHC di 2+ o 3+, mentre la coorte 2 includeva sette pazienti con IHC 0 or 1+.
L’endpoint primario era l’ORR confermato da un comitato centrale di revisori indipendenti, mentre gli endpoint secondari chiave erano la DOR, il tasso di controllo della malattia, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS).
Erano candidabili al trattamento pazienti in progressione dopo un trattamento a base di gemcitabina, per i quali era disponibile un tessuto su cui valutare l’espressione di HER2 e con un performance status ECOG pari a 0 o 1. Inoltre, i partecipanti non dovevano essere stati trattati in precedenza con terapie anti-HER2.
Da 30 a 60 minuti prima della somministrazione di zanidatamab i pazienti sono stati trattati con terapie per contrastare le reazioni correlate all’infusione, mentre zanidatamab è stato somministrato alla dose di 20 mg/kg nei giorni 1 e 15 di ogni ciclo di 28 giorni.
Dati della coorte 1
L’analisi presentata si riferisce principalmente ai risultati della coorte 1, dal momento che la coorte 2, di dimensioni ridotte, non ha mostrato risposte o segnali di sicurezza univoci.
Nella coorte 1, l’età mediana dei pazienti era di 64 anni, il 56,3% era di sesso femminile e il 65% asiatico. La maggior parte dei partecipanti aveva un ECOG performance score di 1 (72,5%) e un IHC score pari a 3+ (77,5%).
Per quanto riguarda la localizzazione del tumore, il 51,3% dei pazienti aveva un tumore della colecisti, il 28,8% un colangiocarcinoma intraepatico e il 20% un colangiocarcinoma extraepatico. Inoltre, l’88,8% dei pazienti aveva un tumore in stadio IV.
La mediana delle terapie precedenti effettuate era pari a 1 (range: 1-7).
Al momento del cut-off dei dati (10 ottobre 2022), il 21% dei pazienti era ancora in trattamento, mentre il 26%, pur avendolo interrotto, era ancora in follow-up per la valutazione della sopravvivenza. Il motivo più frequente di interruzione è stata la progressione radiologica (74%). In totale, 37 pazienti sono deceduti e 9 hanno ritirato il consenso alla partecipazione allo studio.
Riduzione delle lesioni in quasi il 70% dei pazienti
Le risposte valutate da revisori indipendenti in modo centralizzato comprendevano una risposta completa, 32 risposte parziali e la stabilizzazione della malattia in 22 pazienti, con un tasso di controllo della malattia complessivamente del 68,8% (IC al 95% 57,4%-78,7%) e un tasso di beneficio clinico (dato dalla somma delle risposte complete, le risposte parziali e le stabilizzazioni della malattia per almeno 6 mesi) del 47,5% (IC al 95% 36,2%-59,0%). La maggioranza dei pazienti valutabili (il 68,4%) ha mostrato una riduzione delle lesioni, ha riferito Pant.
È stata, inoltre, valutata l’influenza sulle risposte del trattamento precedente. In particolare, in un’analisi post-hoc è emerso che quasi la metà (9) dei 21 pazienti trattati in precedenza con inibitori di PD-1 o PD-L1 ha ottenuto risposte confermate (IC al 95% 22%-66%).
Nella coorte 1, la PFS valutata dai revisori indipendenti è risultata di 5,5 mesi (IC al 95% 3,7-7,2), mentre il tasso di OS a 9 mesi è risultato del 69,9% (IC al 95% 57,8%-79,1%). Tuttavia, i dati sull’OS mediana non erano ancora maturi al momento del cut-off dei dati, fino al quale si erano registrati 32 decessi.
Nella coorte 2, la PFS mediana è risultata di 1,9 mesi e l’OS mediana di 5,5 mesi.
Profilo di effetti avversi gestibile
Il profilo degli effetti avversi di zanidatamab, ha detto Pant, è risultato tollerabile e gestibile.
Per quanto riguarda gli eventi avversi correlati al trattamento, nella coorte 1 sono stati segnalati nel 97,5% dei pazienti e per il 72% sono stati attribuiti a zanidatamab. Le reazioni avverse correlate al trattamento verificatesi nel 10% o più dei pazienti sono state la diarrea (40%) e quelle correlate all’infusione (35%), per lo più di basso grado e reversibili.
Eventi avversi seri correlati al trattamento sono stati segnalati nell’8,8% dei pazienti, ma non sono stati segnalati eventi di grado 4 o con esito fatale. Si è verificata solo una reazione di grado 3 correlata all’infusione, che si è risolta e non ha precluso il trattamento con zanidatamab.
Tra gli eventi avversi di particolare interesse, nella coorte 1 gli eventi di grado 3 o superiore sono stati le reazioni infusionali (1,3%), eventi cardiaci confermati (3,8%) e tossicità polmonari di natura non infettiva (1,3%).
Due eventi avversi correlati al trattamento (2,5%) hanno richiesto l’interruzione del trattamento con zanidatamab (una polmonite di grado 3 e una riduzione della frazione di eiezione di grado 2) mentre tre pazienti hanno sviluppato eventi avversi che hanno richiesto una riduzione del dosaggio del farmaco.
La maggior parte degli eventi di particolare interesse emersi durante il trattamento (87/99) erano risolti al momento del cut-off dei dati, ha specificato Pant.
Prossimi passi
Riguardo allo sviluppo futuro di zanidatamab, l’autore ha riferito che sono attualmente in corso e pianificati studi in cui il bispecifico è valutato in associazione con cisplatino e gemcitabina.
Bibliografia
S. Pant, et al. Results from the pivotal phase (Ph) 2b HERIZON-BTC-01 study: zanidatamab in previously-treated HER2 amplified biliary tract cancer (BTC). J Clin Oncol. 2023;41(suppl 16):4008; doi:10.1200/JCO.2023.41.16_suppl.4008.Link
J.J. Harding, et al. Zanidatamab for HER2-amplified, unresectable, locally advanced or metastatic biliary tract cancer (HERIZONBTC-01): a multicentre, single-arm, phase 2b study. Lancet Oncol. 2023. Published online June 2, 2023. doi:10.1016/S1470-2045(23)00242-5. Link