Ufficializzata la rimborsabilità di maribavir, farmaco orfano per il trattamento dell’infezione/malattia da citomegalovirus (CMV) post-trapianto
Pubblicata la determina AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), è stata ufficializzata la rimborsabilità di maribavir, farmaco orfano per il trattamento dell’infezione/malattia da citomegalovirus (CMV) refrattaria (con o senza resistenza) a una o più terapie precedenti, tra cui ganciclovir, valganciclovir, cidofovir o foscarnet, in pazienti adulti che hanno ricevuto un trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) o di organo solido (SOT).
Con la decisione dell’agenzia regolatoria nazionale, maribavir, il primo trattamento orale che inibisce la proteina chinasi UL97 specifica del CMV e i suoi substrati naturali, è classificato in Fascia A-PHT, a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
Il citomegalovirus è causa di una delle infezioni più comuni riscontrate nei pazienti riceventi trapianto, con un tasso di incidenza globale stimato tra il 16 e il 56% nei pazienti sottoposti a SOT e tra il 30 e l’80% nei riceventi HSCT. In Italia, il tasso di incidenza è paragonabile; con una stima pari al 23,5% nei SOT e tra il 18 e l’82% negli HSCT. Sebbene la prevenzione e la gestione dell’infezione da CMV, nei pazienti sottoposti a SOT e HSCT, con le terapie disponibili, possano contribuire a migliorare gli esiti, anche con la profilassi possono verificarsi infezioni e alcune possono non rispondere al trattamento. Inoltre, le terapie antivirali attualmente disponibili possono risultare inadeguate a causa delle gravi tossicità ad esse associate.
“A seguito di un trapianto, i pazienti devono aderire a regimi di farmaci immunosoppressori, anche per tutta la vita. Questi farmaci tuttavia inibiscono la risposta immunitaria, rendendo l’organismo vulnerabile alle infezioni. In queste persone, le infezioni da CMV possono portare a diverse complicazioni, al rigetto dell’organo e ad un aumento dei tassi di ospedalizzazione, con un impatto significativo sulla vita del paziente e sul Sistema Sanitario. La notizia della rimborsabilità di maribavir, dunque, è un grande traguardo per l’accessibilità di un farmaco che rappresenta un valore per questa categoria di pazienti e per il Sistema Salute”, ha spiegato Alessandra Fionda, Medical & Regulatory Head di Takeda Italia.
L’autorizzazione all’immissione in commercio si basa sullo studio di Fase 3 SOLSTICE, che ha valutato l’efficacia e il profilo di sicurezza di maribavir rispetto alle terapie antivirali convenzionali – ganciclovir, valganciclovir, cidofovir o foscarnet – per il trattamento di pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche o di organo solido con infezione da CMV refrattaria (con o senza resistenza) a una terapia precedente.
“La rimborsabilità in fascia A di maribavir rappresenta un nuovo traguardo per Takeda Italia, che da sempre si pone come obiettivo centrale l’attenzione all’intero percorso del paziente. Il trapianto è un dono che deve essere preservato attraverso l’attenzione al paziente lungo tutto il percorso di cura: la gestione dei rischi post-trapianto, tra cui l’infezione da CMV, ne è una parte fondamentale e critica. Questo si traduce nella necessità di cambiare la prospettiva del trapianto, dal successo di una procedura chirurgica a un beneficio a lungo termine per la tutela della vita, affinché la donazione sia una ricchezza non sprecata”, ha dichiarato Annarita Egidi, Amministratore Delegato di Takeda Italia.
Informazioni sullo studio registrativo SOLSTICE
Lo studio TAK-620-303/SOLSTICE (NCT02931539, Eudra CT 2015-004725-13) è stato uno studio globale, multicentrico, randomizzato, in aperto, con controllo attivo, che ha confrontato il trattamento con maribavir o quello assegnato dallo sperimentatore (IAT; terapia antivirale convenzionale) in 352 pazienti adulti sottoposti a HSCT e SOT con infezione da CMV refrattaria (con o senza resistenza) a una terapia antivirale convenzionale o a una combinazione delle stesse: ganciclovir, valganciclovir, foscarnet o cidofovir. I pazienti sono stati sottoposti a un periodo di screening di 2 settimane, seguito dalla randomizzazione 2:1 a maribavir (n=235) (400 mg, due volte al giorno) o alle terapie antivirali convenzionali (n=117) per un massimo di 8 settimane. Dopo il completamento del periodo di trattamento, i soggetti sono stati sottoposti a una fase di follow-up di 12 settimane.
L’endpoint primario di efficacia era la clearance della viremia da CMV confermata in due prelievi consecutivi a distanza di 5 giorni (concentrazione plasmatica del DNA del CMV al di sotto del limite inferiore di quantificazione (LLOQ <137 UI/ml) alla settimana 8.