Mieloma multiplo ricaduto/refrattario: secondo nuove analisi il bispecifico elranatamab è una valida opzione anche in pazienti già esposti ad anti-BCMA
Il trattamento con l’anticorpo bispecifico anti-BCMA elranatamab è fattibile, sicuro ed efficace, ottenendo risposte rapide, profonde e durature, in pazienti con mieloma multiplo ricaduto/refrattario già sottoposti a una terapia diretta contro l’antigene BCMA (un coniugato anticorpo-farmaco e/o cellule CAR-T). Lo evidenziano i risultati di un’analisi dei dati aggregati degli studi di fase 1 MagnetisMM-1 e MagnetisMM-2, e degli studi di fase 2 MagnetisMM-3 e MagnetisMM-9, analisi presentata di recente a Francoforte, al congresso annuale della European Hematology Association (EHA), e circa una settimana prima anche al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago.
Tasso di risposta di quasi il 50%
Con un follow-up mediano di 11,3 mesi (range: 0,3-32,3), negli 87 pazienti trattati con elranatamab dopo essere stati esposti in precedenza a un’altra terapia anti-BCMA si è osservato un tasso di risposta complessivo (ORR) del 46% (IC al 95% 35,2%-57,0%), con un tasso di risposta completa stringente del 4,6%, un tasso di risposta completa del 13,8%, un tasso di risposta parziale molto buona del 24,1% e un tasso di risposta parziale del 3,4%. Nei 40 pazienti che hanno risposto al trattamento con il bispecifico, il tempo mediano di risposta è risultato di 1,7 mesi (range: 0,3-9,3).
Nei 59 pazienti in cui l’anti-BCMA ricevuto in precedenza era un coniugato anticorpo-farmaco (ADC), l’ORR è risultato del 42,4%, con tassi di risposta completa stringente del 5,1%, di risposta completa del 13,6%, di risposta parziale molto buona del 20,3% e di risposta parziale del 3,4%. Nei 36 pazienti trattati in precedenza con cellule CAR-T anti-BCMA, invece, l’ORR è risultato del 52,8%, con tassi di risposta completa stringente del 2,8%, di risposta completa del 16,7%, di risposta parziale molto buona del 27,8% e di risposta parziale del 5,6%. Da notare che otto pazienti erano già stati trattati sia con un ADC anti-BCMA sia con cellule CAR-T anti-BCMA.
«In questa analisi aggregata si sono valutati pazienti che hanno ricevuto elranatamab in diversi studi del programma di sviluppo di questo bispecifico e che erano già stati esposti a un anti-BCMA», ha spiegato in un’intervista a PharmaStar Roberto Mina, ematologo della Città della Salute e della Scienza di Torino e ricercatore presso l’Università degli Studi di Torino. «L’importanza di questa analisi deriva dal fatto che oggi abbiamo a disposizione diverse tecnologie e farmaci diretti contro questo nuovo bersaglio terapeutico che è appunto il BCMA e si sta cercando di capire se questo stesso target possa essere utilizzato in sequenza, quindi più volte, sfruttando di volta in volta tecnologie anti-BCMA differenti».
«L’analisi su questi pazienti precedentemente trattati con un anti-BCMA – o un anticorpo-coniugato o cellule CAR-T – ha dimostrato che elranatamab, un farmaco con un meccanismo d’azione diverso rispetto a questi trattamenti precedenti, ma diretto verso lo stesso target, cioè il BCMA, è in grado di indurre nuovamente una risposta in circa la metà dei pazienti e in un 20% circa di essi è in grado di indurre anche una risposta molto profonda, come la remissione completa», ha sottolineato l’esperto italiano.
Elranatamab
Elranatamab è un nuovo anticorpo bispecifico umanizzato in grado di legarsi da un lato al recettore CD3 espresso sulle cellule T e dall’altro al BCMA, espresso sulle plasmacellule mielomatose. Grazie a questa proprietà, il farmaco è in grado di attivare e dirigere la risposta immunitaria mediata dalle cellule T verso le cellule del mieloma multiplo.
I dati dello studio MagnetisMM-3, ancora in corso, hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza di elranatamab nei pazienti con mieloma multiplo ricaduto/refrattario naïve agli anti-BCMA. In questi pazienti, con un follow-up mediano che al momento del cut-off dei dati era di 14,7 mesi (range: 0,2-25,1), l’ORR è risultato del 61% (IC al 95% 51,8%-69,6%), mentre la mediana della durata della risposta (DOR) non è stata ancora raggiunta (IC al 95% non valutabile [NE]-NE) così come la mediana della sopravvivenza libera da progressione (PFS) (NR; IC al 95% 9,9-NE).
Nell’analisi aggregata presentata a Francoforte, gli autori, coordinati da Solomon Manier, dell’Università di Lille (Francia) hanno voluto, invece, valutare efficacia e sicurezza di elranatamab in pazienti con mieloma multiplo ricaduto/refrattario già esposti a terapie anti-BCMA, aggregando i dati di pazienti che avevano partecipato ai quattro studi sopra citati del programma MagnetisMM ed erano già stati trattati con almeno un inibitore del proteasoma, un immunomodulatore, un anticorpo monoclonale anti-CD38, un ADC anti-BCMA e/o cellule CAR-T anti-BCMA.
I quatto studi MagnetisMM
Dello studio MagnetisMM-1 sono stati considerati 13 pazienti, che erano stati trattati con un dosaggio di elranatamab compreso fra 215 µg/kg a 1000 µg/kg, somministrato per via sottocutanea (sc) una volta alla settimana o una volta ogni 2 settimane. Dello studio MagnetisMM-2 è stato incluso un solo paziente trattato con elranatamab sc con una dose di step-up pari a 600 µg/kg e poi con 1000 µg/kg una volta alla settimana. Ai 64 pazienti dello studio MagnetisMM-3 inclusi nell’analisi sono stati somministrati 76 mg di elranatamab sc una volta alla settimana, preceduti da due dosi di step-up pari a 12 mg e 32 mg. Infine, dello studio MagnetisMM-9 sono stati inclusi nell’analisi 9 pazienti trattati con 76 mg di elranatamab sc una volta alla settimana, preceduti due dosi di step-up pari a 4 mg e 20 mg.
Gli endpoint di efficacia sono stati valutati in base ai criteri dell’International Myeloma Working Group (IMWG), mentre gli endpoint di sicurezza includevano gli effetti avversi emergenti dal trattamento (TEAE), la sindrome da rilascio di citochine (CRS) e la sindrome da neurotossicità associata a cellule effettrici immunitarie (ICANS).
Oltre metà dei pazienti con malattia extramidollare
L’età mediana della popolazione analizzata era di 66 anni (range: 40-84) e 13 pazienti (il 14,9%) avevano almeno 75 anni, di cui 12 erano stati trattati in precedenza con un ADC anti-BCMA e uno con cellule CAR-T anti-BCMA. Inoltre, il 47,1% dei pazienti era di sesso maschile e il 64,4% di razza bianca.
Il 29,9% dei partecipanti aveva un performance status (PS) ECOG pari a 0, il 65,5% un PS ECOG pari a 1 e il 4,6% un PS ECOG pari a 2. Inoltre, il 20,7% aveva una malattia in stadio 1 secondo il Revised Multiple Myeloma International Staging System (R-ISS), il 50,6% una malattia in stadio 2 e il 23,0% una malattia in stadio 3, mentre per il restante 5,7% dei pazienti i dati sullo stadio della malattia erano mancanti o sconosciuti.
Il 65,5% aveva un rischio citogenetico standard e il 24,1% un rischio citogenetico alto, mentre per il 10,3% dei pazienti mancavano i dati sul rischio citogenetico. Il 54% aveva una malattia extramidollare, mentre le plasmacellule del midollo osseo erano inferiori al 50% nel 70,1% dei casi.
Pazienti fortemente pretrattati
Tutti i pazienti inseriti nell’analisi erano fortemente pretrattati e avevano già effettuato una mediana di 7 (range: 3-19) precedenti linee di terapia; inoltre, l’81,6% di essi era stato sottoposto in precedenza a un trapianto di cellule staminali.
Tutti erano già stati esposti alle tre classi di farmaci attualmente standard per il trattamento del mieloma multiplo (inibitori del proteasoma, immunomodulatori e anticorpi monoclonali anti-CD38) e l’85,1% era già stato esposto a cinque di questi agenti. Inoltre, il 96,6% era risultato triplo-refrattario, il 55,2% penta-refrattario e l’85,1% refrattario all’ultima linea di terapia. Il 62,1% si era dimostrato refrattario anche a una precedente terapia anti-BCMA; in particolare, il 54% era risultato refrattario a un ADC anti-BCMA e l’11,5% refrattario alle cellule CAR-T anti-BCMA.
Altri risultati
Al momento del cut-off dei dati, la durata mediana del trattamento era di 3,5 mesi (range: 0,03-30,9), il 39,1% dei pazienti aveva effettuato più di 6 mesi di trattamento con elranatamab e il 23% era ancora in trattamento con il bispecifico. I motivi principali per cui i pazienti avevano interrotto in via definitiva il farmaco includevano la progressione della malattia (46,0%) e gli eventi avversi (11,5%).
La DOR mediana è risultata complessivamente di 17,1 mesi (IC al 95% 9,8-NE) e di 13,6 mesi nel sottogruppo di pazienti trattati in precedenza con un ADC anti-BCMA (IC al 95% 6,8-NE), mentre non era valutabile in quello già trattato con cellule CAR-T anti-BCMA (IC al 95% 9,8-NE).
La PFS mediana è risultata di 5,5 mesi (IC al 95% 2,2-10,0) nella popolazione complessiva analizzata, 3,9 mesi (IC al 95% 1,9-6,6) nel sottogruppo trattato in precedenza con un ADC anti-BCMA e 10 mesi in quello già trattato con CAR-T anti-BCMA, mentre la sopravvivenza globale (OS) mediana è risultata di 12,1 mesi in tutti e tre i casi (IC al 95% 7,5-NE nella popolazione complessiva).
«Una PFS di 5,5 mesi è un risultato inferiore rispetto a quello che si è osservato nei pazienti naïve agli anti-BCMA, ma nel contempo in questa analisi su pazienti già esposti agli anti-BCMA si è vista una durata della risposta estremamente promettente, e superiore all’anno. Questi dati ci dicono che in questo gruppo di pazienti ce ne saranno alcuni in cui la strategia di utilizzare una sequenza di trattamenti diversi diretti tutti contro il BCMA non funziona, ma ce ne sono altri, invece, in cui questa strategia ha successo», ha sottolineato Mina. «Bisognerà ora lavorare per capire quale sia la popolazione che beneficiare del ritrattamento contro lo stesso target e quale, invece, avrà necessità di cambiarlo».
Confermato il profilo di sicurezza
Il profilo di sicurezza e tollerabilità di elranatamab in questa analisi è risultato simile a quello riportato per i pazienti naïve ai trattamenti anti-BCMA che erano stati trattati nello studio MagnetisMM-3. Inoltre, le tossicità di elranatamab sono risultate gestibili.
Nel complesso, 87 pazienti hanno manifestato TEAE, che nel 65,5% dei casi sono stati di grado 3/4.
I TEAE ematologici più comuni riportati in almeno il 20% dei pazienti sono stati l’anemia (58,6% di qualsiasi grado; 46% di grado 3/4), la neutropenia (rispettivamente, 44,8% e 41,4%), la trombocitopenia (40,2% e 28,7%), la linfopenia (32,2% e 29,9%) e la leucopenia (21,8% e 12,6%). I TEAE non ematologici più comuni sono stati, invece, la CRS (65,5% e 2,3%), la diarrea (35,6% e nessun caso di grado 3/4), TEAE correlati alla COVID-19 (25,3% e 9,2%), la diminuzione dell’appetito (23,0% e 1,1%), la tosse (21,8% e 1,1%), le reazioni nella sede dell’iniezione (20,7% % e nessun caso di grado 3/4) e la piressia (20,7% e 1,1%).
Sono state riportate infezioni nel 73,6% dei pazienti, nel 26,4% dei casi sono state di grado 3/4 e nel 9,2% dei casi di grado 5. Quelle più frequenti sono state quelle correlate alla COVID-19 (25,3%) e il 6,9% dei pazienti ha dovuto interrompere definitivamente il trattamento con elranatamab a causa di infezioni.
CRS per lo più di grado lieve
Per quanto riguarda la CRS, la strategia di incrementare gradualmente il dosaggio in due passaggi, iniziando con 12 mg, per poi salire a 32 mg e quindi arrivare alla dose piena di 76 mg ha consentito di mitigare con successo sia l’incidenza sia la gravità della CRS, osservano Manier e i colleghi nel loro poster
Infatti, l’incidenza complessiva della CRS è risultata del 65%, ma il 48,3% dei pazienti ha avuto un evento al massimo di grado 1, il 14,9% di grado 2 e solo il 2,3% di grado 3, mentre non sono stati segnalati casi di CRS di grado 4/5. Tuttavia, nei pazienti trattati con i dosaggi crescenti pari a 12 mg e 32 mg è stata riportata una CRS di qualsiasi grado nel 60,9% dei casi e l’1,6% dei pazienti ha sviluppato una CRS di grado 3.
Il profilo della CRS è risultato prevedibile e nella maggioranza dei casi si è sviluppata entro le prime due somministrazioni (82,2%) o entro le prime tre (95,6%).
Il tempo mediano di insorgenza della CRS è stato di 2 giorni (range: 1,0-4,0) e il tempo mediano di risoluzione del problema di 2 giorni (range: 1,0-10,0). Nel 21,8% dei pazienti la CRS è stata trattata somministrando l’anti-IL6 tocilizumab, mentre l’11,5% è stato trattato con steroidi. Un paziente (1,1%) ha dovuto interrompere definitivamente il trattamento a causa della CRS.
Per quanto riguarda la tossicità neurologica, nel 5,7% dei pazienti si è sviluppata una ICANS di qualsiasi grado, che nel 3,4% dei casi è stata al massimo di grado 2 e nel 2,3% di grado 3/4. Il tempo mediano di insorgenza è stato di 2 giorni (range: 1,0-3,0) e il tempo mediano di risoluzione nuovamente di 2 giorni (range: 1,0-18,0). Inoltre, il 2,3% dei pazienti è stato trattato con tocilizumab per gestire questo effetto avverso e il 3,5% con steroidi. La neurotossicità ha richiesto l’interruzione definitiva del trattamento in due pazienti (2.3%).
Ulteriore sviluppo di elranatamab
Complessivamente, ha affermato Mina, «I dati presentati agli ultimi congressi ci confermano e dimostrano il valore di elranatamab come farmaco estremamente potente per il trattamento del mieloma, che ha dato risultati veramente sorprendenti, i migliori risultati possibili per un agente singolo, assieme a quelli ottenuti con le CAR-T, in pazienti con malattia in fase avanzata. Si può dire pertanto che elranatamab in questo momento si posiziona sicuramente come una delle migliori opzioni di trattamento per quei pazienti con mieloma multiplo in fase avanzata già sottoposti ad almeno tre linee di trattamento».
«Certamente, questi stessi risultati danno impulso a un ulteriore sviluppo di elranatamab, che peraltro è già in corso nelle linee più precoci di trattamento, come accade per tutti i farmaci di successo nel mieloma multiplo, e infatti ci sono già studi su elranatamab in combinazione con altri agenti, studi di confronto con gli attuali standard-of-care alla recidiva e anche studi con lo stesso farmaco utilizzato in prima linea nel paziente anziano e anche come agente di mantenimento, a testimonianza della bontà dei risultati finora ottenuti», ha concluso l’esperto.
Bibliografia
S. Manier, et al. Efficacy And Safety of Elranatamab in Patients With Relapsed/Refractory Multiple Myeloma and Prior B-Cell Maturation Antigen (BCMA)-Directed Therapies: A Pooled Analysis From MagnetisMM Studies. HemaSphere, 2023;7(S3):pages; abstract P870; doi: leggi