Fenilchetonuria: la dietoterapia gioca un ruolo fondamentale


La fenilchetonuria è una malattia metabolica rara ereditaria: dopo la terapia enzimatica sostitutiva, in arrivo altre molecole e terapie geniche

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Terza edizione di PKU&Noi, evento annuale che ha l’obiettivo di fare sensibilizzazione e divulgazione sulla Fenilchetonuria (PKU). Una malattia metabolica rara ereditaria che si presenta fin dalla nascita e che è caratterizzata dalla mutazione di un gene, la fenilalanina idrossilasi (PAH), necessario per il metabolismo della fenilalanina (Phe), un aminoacido essenziale presente negli alimenti proteici. Nel mondo interessa più di 500.000 persone e solo in Italia ne è colpito 1 bambino ogni 2.581 nati. Per chi è affetto da questa malattia, la dietoterapia gioca un ruolo fondamentale nel suo trattamento, così come la supplementazione a base di amminoacidi privi di fenilalanina.

Tra i temi trattati durante l’evento, particolare rilevanza si è data alle novità scientifiche discusse in apertura con il professor Alberto Burlina, Direttore della UOC Malattie metaboliche ereditarie, Direttore del Centro regionale malattie metaboliche ereditarie della Regione Veneto e direttore del Programma regionale screening neonatale allargato per le malattie metaboliche ereditarie dell’Azienda Ospedaliera Università di Padova.

Quali sono e che benefici potranno dare? «Avremo a breve una grande rivoluzione terapeutica per tutte i tipi di PKU. Una delle novità più promettenti è una nuova forma sintetica più attiva di tetrabiopterina, la sepiapterina, che va direttamente ad agire come cofattore della terapia enzimatica, e sarà somministrata per via orale. Tra le terapie orali, poi, si sta cercando di replicare quello che avviene con la terapia enzimatica sostitutiva. Si sta lavorando inoltre sul microbiota, per modificarlo, creando dei ceppi batterici che siano “ingordi” di fenilialanina in modo tale da non ingenerare i danni dati dall’accumulo.

Un livello un po’ più complesso di novità scientifiche è rappresentato dalle terapie geniche, su cui c’è una vera rivoluzione basata su due approcci. Il primo, più classico, che utilizza dei vettori virali che, attraverso un’unica somministrazione, porterà alla cura definitiva della patologia. Un altro approccio, è rappresentato dalla possibilità di utilizzare una tecnica che si chiama CRISP, dove una volta identificata una particolare mutazione, ci permette di agire su quella, di correggerla e di normalizzare il quadro. Solo dieci anni fa era impensabile!», afferma il Professor Burlina.

Mentre aspettiamo che queste novità arrivino, che risultati sta dando la terapia enzimatica sostitutiva presente in Italia dal 2019? «Il pegvaliase, un enzima noto come ammonialisai che previene l’accumulo di fenilalanina nell’organismo, è una svolta importante nel trattamento e nella gestione della PKU. La somministrazione avviene tramite iniezione sottocutanea quotidiana. Tale terapia è riservata ai pazienti che non hanno risposto al test della tetraidrobiopterina e con mutazioni classiche della patologia. I risultati non sono immediati, la dieta va seguita sino alla modificazione dei valori di fenilalanina e ciò può richiedere anche diversi mesi. Pertanto, la riduzione del valore di fenilalanina e la conseguente liberalizzazione della dieta richiedono da parte del soggetto pazienza. In prima battuta sarà quindi fondamentale continuare a seguire la dietoterapia emantenere un rapporto stretto con il medico e il centro di cura durante l’assunzione del farmaco, poiché possono presentarsi effetti avversi di tipo anafilattico che devono essere prevenuti e monitorati anche se forme gravi succedono in casi rari», sottolinea il Professor Alberto Burlina.

AIFA prevede la somministrazione di pegvaliase ai pazienti al di sopra dei 16 anni e con un valore maggiore di 600 di PHE. Si potrà prescrivere anche a chi è al di sotto di questa età? «Attualmente, no. Oggi solo i pazienti affetti da PKU classica non rispondenti alla tetraidrobiopterina sopra ai 16 anni, ma studi per allargare la fascia d’età sono in corso. In Italia, il 30-40% dei pazienti presenta una forma classica e questi possono beneficiare di tale terapia. È necessario, però, far comprendere ai pazienti e alle loro famiglie, l’importanza della dietoterapia soprattutto nell’ età pediatrica per controllare i valori di fenilalanina in attesa di altre terapie», continua il Professor Burlina.

Dietoterapia che richiede anche una piena aderenza terapeutica. E, stante ai dati, sappiamo che l’aderenza cala con l’avanzare dell’età, a causa delle difficoltà sociali che si incontrano nel rispettare la dieta. Come si può risolvere questo problema? «Pazienti e famiglie che hanno consapevolezza della propria patologia, che l’hanno compresa e accettata, saranno pazienti e famiglie in grado di aderire in modo continuo alle indicazioni terapeutiche. Per quanto vi siano evidenze di quanto la gestione possa talvolta diventare socialmente complicata e indaginosa, specialmente nell’età adulta quando si è impegnati in viaggi o nelle trasferte di lavoro, la chiave per mantenere alta la vigilanza in termini di dietoterapia è averne chiara l’utilità, lo scopo. Il passaggio dall’età dell’infanzia, dove è la famiglia a guidare il percorso, all’età adulta deve essere accompagnato da una maggiore comprensione della malattia e delle conseguenze ad essa connesse ove non correttamente gestita, sono fondamentali per mantenerne ottimale il trattamento», osserva la Dottoressa Valentina Rovelli, Responsabile dell’Equipe Malattie Metaboliche Congenite della S.C. di Pediatria dell’Ospedale San Paolo di Milano, ASST Santi Paolo e Carlo, Università di Milano, Centro di Riferimento Regionale per le iperfenilalaninemie/PKU biochimiche e genetiche.

PKU&Noi ha sfatato anche un falso mito. Alcuni pensano che con l’avanzare dell’età la fenilalanina diventi meno tossica rispetto a quando si è nel periodo dell’infanzia e dalla prima adolescenza: come stanno le cose? «La tossicità della fenilalanina non diminuisce con l’aumentare dell’età. La fenilalanina rimane sempre fenilalanina, pertanto rimane sempre tossica, è sempre presente negli alimenti, si accumula, e determina sempre danni. Questi sono direttamente connessi alla fase evolutiva di esposizione: più precoce è l’esposizione, maggiore è il rischio di sviluppare gravi problematiche neurologiche, sempre presenti ma diversamente espresse in età più avanzate», sottolinea la Dottoressa Rovelli. «È importante che i pazienti comprendano questo, al fine di  non interrompere e mantenere le cure sempre!».

Ma se fino a oggi ci si è focalizzati in particolare sui danni neurologici dei livelli stabilmente elevati di fenilalanina, a PKU&Noi 2023 si è fatto il punto anche sulle comorbidità. Quali sono le più frequenti nei pazienti PKU? «Gli studi sono ancora in corso, ma oggi quello che abbiamo osservato sono patologie al cuore, ai reni e agli occhi, ipercolesterolemia, diabete di tipo 2, sovrappeso e obesità, riduzione della densità ossea», sostiene la Dottoressa Albina Tummolo, pediatra, referente per le malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale, Regione Puglia e Basilicata. Quanto l’alimentazione da seguire per il trattamento della PKU incide sull’aumento di peso? «Le statistiche riguardanti l’obesità nei pazienti fenilchetonurici adolescenti sono contrastanti, alcune indicano un aumento significativo del peso, mentre altre non mostrano differenze rispetto ai coetanei sani. Il sovrappeso nella popolazione della stessa età è in linea con la tendenza generale. La sedentarietà, quindi, potrebbe essere la principale causa del problema, e non necessariamente la dietoterapia, basata su un alto contenuto di carboidrati e grassi, e bassi livelli di proteine. Da sempre combattiamo il pregiudizio che la malattia debba o possa impedire l’attività fisica e sportiva, educando sul fatto che non ci sono controindicazioni specifiche al movimento per chi ha la PKU. Dobbiamo promuovere l’importanza del movimento, fatto in base alle proprie esigenze e con costanza, senza temere eventuali limiti dovuti al minor apporto proteico: questo potrà aiutare a contrastare le altre possibili comorbidità», conclude la Dott.ssa Tummolo.

Altra novità dell’edizione 2023 riguarda l’impegno e il lavoro di advocacy delle 8 associazioni pazienti promotrici dell’evento: è stato infatti annunciato che lavoreranno sempre più in rete a livello nazionale, per rafforzare l’azione partecipata in ambito malattie metaboliche rare ereditarie.

Tutti i video dei diversi interventi saranno disponibili sul sito pkuenoi.it.

PKU&noi è stato voluto da 8 Associazioni pazienti, AMMeC, A.P.M.M.C., Cometa ASMME, A.ME.GE.P. Domenico Campanella, IRIS Associazione Siciliana e Cometa Emilia Romagna, AISMME, L’ APE APS Associazione PKU. L’evento è stato organizzato da ATSTRAT, grazie al contributo dei gold sponsor Vitaflo, Piam e APR Applied Pharma Research e il silver sponsor Cambrooke, e ha ricevuto il patrocinio di UNIAMO e Fondazione Telethon e delle società scientifiche SIMMESN e SINUPE.