Leucemia mieloide acuta: con gilteritinib nel mantenimento post-trapianto rischio di recidiva quasi dimezzato nei pazienti FLT3-mutati e MRD+
Nei pazienti con leucemia mieloide acuta FLT3-ITD-mutata e malattia minima residua (MRD) rilevabile sia prima sia dopo il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, una terapia di mantenimento con l’inibitore di FLT3 gilteritinib può ridurre del 48% il rischio di recidiva di malattia rispetto al placebo. È quanto emerge dallo studio di fase 3 BMT-CTN 1506/MORPHO presentato di recente a Francoforte durante il convegno annuale della European Hematology Association (EHA). Il risultato evidenzia il potenziale ruolo di gilteritinib in questa specifica popolazione di pazienti.
Nello specifico, i risultati hanno mostrato un HR di 0,515 a favore di gilteritinib rispetto al placebo (IC al 95% 0,316-0,838; P = 0,0065) in quei pazienti che presentavano una MRD rilevabile, misurata con una sensibilità di 10-6 (MRD6). Inoltre, i tassi di sopravvivenza libera da recidiva (RFS) a 2 anni sono risultati del 72,4% negli 89 pazienti trattati con gilteritinib e 57,4% nei 91 trattati con il placebo.
Il beneficio di RFS è risultato inferiore nei pazienti con malattia MRD-negativa (P = 0,5750). Tuttavia, quando l’RFS è stata valutata nella popolazione complessiva, combinando i pazienti con MRD pre-trapianto negativa con quelli con MRD positiva, si è osservata una riduzione del rischio di recidiva del 32% con gilteritinib rispetto al placebo, differenza che non ha raggiunto, tuttavia, la significatività statistica, ragion per cui lo studio non ha centrato l’endpoint primario. In questo caso, i tassi di RFS a 2 anni sono risultati del 77,2% con gilteritinib contro 69,9% con il placebo.
«Lo studio non ha raggiunto l’endpoint primario, ma credo che sia stato comunque uno studio positivo. Abbiamo imparato come usare questi farmaci e su quali pazienti», ha dichiarato l’autore principale dello studio, Mark J. Levis, del Sidney Kimmel Comprehensive Cancer Center, e professore di oncologia della Johns Hopkins University di Baltimora, durante la presentazione dei risultati. «Questi dati dimostrano in modo prospettico una correlazione tra l’MRD e la sopravvivenza nella terapia post-trapianto della leucemia mieloide acuta FLT3-ITD-mutata. Gilteritinib dovrebbe essere uno standard di cura per coloro che sono MRD-positivi».
Pazienti FLT3-ITD-mutati ad alto rischio ricaduta
I pazienti con leucemia mieloide acuta portatori di una duplicazione tandem interna (ITD) del gene FLT3 (FLT3-ITD) hanno un alto rischio di ricaduta e spesso devono essere sottoposti a un trapianto allogenico di cellule staminali. È noto che un MRD rilevabile prima del trapianto è altamente predittiva degli esiti post-trapianto. Sebbene nel post-trapianto si somministri spesso sorafenib come terapia di mantenimento, si tratta di un’opzione off-labele spesso poco tollerata.
Gilteritinib è stato approvato nel novembre 2018 dalla Food and drug administration e nell’ottobre 2019 dalla European medicines agency per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta recidivata o refrattaria portatori di mutazioni del gene FLT3.
Lo studio MORPHO
Lo studio MORPHO (NCT02997202) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, in cui si è valutato l’impatto di gilteritinib come terapia di mantenimento post-trapianto nei pazienti con leucemia mieloide acuta con mutazioni ITD del gene FLT3. Gli sperimentatori hanno cercato, inoltre, di determinare se l’MRD potesse essere utilizzata per indirizzare il trattamento con gilteritinib in questo contesto.
Lo studio è stato condotto all’interno del Blood and Marrow Transplant Clinical Trials Network e i pazienti sono stati arruolati in 110 centri di 16 Paesi. I partecipanti con leucemia mieloide acuta FLT3-ITD-mutata, in prima remissione morfologica dopo uno o due trattamenti di induzione con trapianto di cellule ematopoietiche programmato entro 12 mesi dall’aver raggiunto la remissione sono stati sottoposti a screening e analisi dell’ago-aspirato midollare mediante un test di sequenziamento PCR di ultima generazione a due fasi per la valutazione dell’MRD.
I partecipanti sono stati poi sottoposti a trapianto allogenico, senza restrizione del tipo di donatore, del tipo di terapia di condizionamento o profilassi della malattia del trapianto e dell’ospite (GVHD). Nei giorni dal trentesimo al novantesimo dal trapianto doveva aver avuto luogo l’attecchimento (conta assoluta dei neutrofili ≥500, piastrine ≥20.000, indipendenza dalle trasfusioni), i pazienti dovevano poter assumere farmaci per via orale e non dovevano presentare una GVHD acuta attiva di grado da 2 a 4 che richiedesse più di 0,5 mg/kg di prednisone al giorno.
A questo punto, 356 pazienti sono stati assegnati alla terapia di mantenimento con gilteritinib 120 mg al giorno per via orale o placebo per 24 mesi. I fattori di stratificazione comprendevano l’intensità del regime di condizionamento (mieloablativo contro a intensità ridotta), il tempo trascorso dal trapianto alla randomizzazione (30-60 giorni contro 61-90 giorni) e una MRD di almeno 10-4 (MRD4) (presenza contro assenza dalla registrazione del campione). Nel campione di registrazione.
L’endpoint primario era la RFS, mentre fra gli endpoint secondari vi erano la sopravvivenza globale (OS), l’effetto della MRD pre- e post-trapianto sulla RFS e sull’OS, la sopravvivenza libera da eventi (EFS), la mortalità senza recidiva, la GVHD acuta, la GVHD cronica e l’incidenza di infezioni.
Prima del trapianto, il 46% di pazienti presentava una MRD rilevabile, mentre nel 52% dei pazienti l’MRD non era rilevabile e nel 2% dei pazienti non era stata valutata.
Nel post-trapianto, ma prima della randomizzazione, circa il 20% dei pazienti presentava una MRD pari a 10-6 o superiore, percentuale che comprendeva anche un 4,5% di pazienti che prima del trapianto avevano una MRD non rilevabile.
Poco più della metà dei pazienti nei due bracci ha completato i 2 anni di trattamento programmati (52,8% nel braccio gilteritinib contro 53,9% nel braccio placebo). Il 17,4% dei pazienti del braccio sperimentale ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi, l’8,4% a causa di una recidiva, il 7,3% per il ritiro del paziente dallo studio, il 4,5% a causa del decesso, il 2,8% per GVHD. Nel braccio placebo i tassi corrispondenti sono risultati rispettivamente del 5,6%, 23%, 9,6%, 1,1%, 3,9% e 2,8%.
Caratteristiche dei pazienti
Per quanto riguarda le caratteristiche dei pazienti al basale, l’età mediana della popolazione era di 53 anni (range:18-78) e quasi la metà (48,5%) era rappresentata da donne. Il 43% dei pazienti proveniva dal Nord America, il 26% dall’Europa e il resto dall’area Asia/Pacifico. Prima del trapianto il 60% era stato trattato con una terapia di condizionamento mieloablativa mentre il 60% anche con un inibitore di FLT3.
Circa un terzo dei partecipanti (34,5%) era portatore di una mutazione di NPM1.
Infine, il 21,5% aveva una MRD pre-trapianto di almeno 10-4, il 47% di almeno 10-6 e il 51,5% una MRD pre- o post-trapianto di 10-6 o superiore.
Risultati di OS
Per quanto riguarda l’OS, l’HR è risultato pari a 0,846 (IC al 95% 0,554-1,293; P = 0,4394). Indipendentemente dal braccio di trattamento, l’OS è risultata peggiore nei pazienti che al momento della registrazione, prima o dopo il trapianto avevano un MRD di almeno 10-6, rispetto a quelli con malattia MRD-negativa (HR 0,514; IC al 95% 0,331-0,798; P = 0,0025).
Inoltre, dopo condizionamento mieloablativo con gilteritinib, lo stato della MRD è risultato correlato sia alla RFS (HR 0,378; IC al 95% 0,208-0,688; P < 0,001) sia all’OS (HR 0,426; IC al 95% 0,217-0,839; P = 0,0109). Infatti, il condizionamento ha prodotto un beneficio di RFS maggiore nei pazienti con MRD positiva (HR 0,418; IC al 95% 0,213-0,818; P = 0,0087) rispetto a quelli con MRD negativa (HR 1,511; IC al 95%, 0,538-4,247; P = 0,4282).
Il tasso di negativizzazione dell’MRD (misurata con una sensibilità pari a 10-6) dopo la randomizzazione è risultato del 68,8% con gilteritinib e 43,6% con il placebo, il che, secondo Levi, evidenzia il potenziale utilizzo della presenza di mutazioni di FLT3-ITD per indirizzare il trattamento in questi pazienti.
Risultati migliori nei pazienti nordamericani
Secondo quanto riferito da Levis, i pazienti provenienti dal continente nordamericano hanno ottenuto una RFS significativamente più alta se trattati con gilteritinib rispetto al placebo (HR 0,397; IC al 95%, 0,215-0,733; P = 0,0022), mentre non si è osservata la stessa cosa per i pazienti europei (HR 1,424; IC al 95% 0,672-3,016; P = 0,3537) o della regione Asia Pacifico/resto del mondo (HR, 0,807; IC al 95% 0,378-1,724; P = 0,5801).
A tal proposito, Levis ha precisato che i pazienti del Nord America, sono stati sottoposti a trapianto in media 26 giorni prima rispetto a quelli provenienti dalle altre aree geografiche. Inoltre i pazienti nordamericani prima del trapianto hanno ricevuto un minor numero di cicli di chemioterapia e sono stati trattati in maggior numero con un inibitore di FLT3 (93,5% contro 36,6%, rispettivamente).
Il beneficio di RFS prodotto da gilteritinib è stato riscontrato con tutti i livelli di MRD rilevabili (con 10-4 HR 0,23; con10-6 HR 0,04) e anche per i pazienti già trattati in precedenza con inibitori di FLT3 (HR 0,60).
Inoltre, la terapia di condizionamento mieloablativa è risultata associata a una migliore OS rispetto a quella a intensità ridotta (HR 0,529; IC al 95% 0,346-0,808; P = 0,0027), anche indipendentemente dallo stato della MRD status (con MRD positiva: HR 0,562; IC al 95% 0,331-0,955; P = 0,0307; con MRD negativa: HR 0,423; IC al 95% 0,205-0,873; P = 0,0164).
Sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, gli eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o superiore sono stati maggiori nel braccio trattato con gilteritinib rispetto al braccio di controllo: 61,2% contro 25,4%. Lo stesso dicasi per le infezioni correlate al trattamento di grado ≥ 3: 32,6% contro 21,5%. Anche la mielosoppressione di grado ≥ 3 è stata più frequente con gilteritinib rispetto al placebo (24,7% contro 7,9%), così come la diminuzione della conta piastrinica (15,2% contro 5,6%), l’anemia (6,2% contro 1,7%), l’aumento dell’alanina aminotransferasi (3,4% contro 2,2%) e l’aumento della creatina fosfochinasi (6,7% contro 0%).
Nel braccio trattato con l’inibitore di FLT3, inoltre, si sono osservati un maggior numero di interruzioni correlate al trattamento e di ritiri dal trattamento rispetto al placebo; rispettivamente 18% contro 6,8% e 15,2% contro 7,9%.
«Anche se stiamo continuando a svolgere valutazioni approfondite dell’intera serie di dati dello studio di fase 3 MORPHO, siamo incoraggiati da questi dati che esplorano il potenziale di gilteritinib in un setting di mantenimento», ha dichiarato in un comunicato stampa Ahsan Arozullah, vicepresidente senior e responsabile dello sviluppo dei farmaci oncologici dell’azienda che ha sviluppato gilteritinib, Astellas. «I pazienti affetti da leucemia mieloide acuta con mutazioni FLT3-ITD hanno spesso esiti peggiori rispetto a quelli portatori di altre mutazioni e dispongono di opzioni terapeutiche limitate dopo il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, presentando, dunque, bisogni insoddisfatti. Con questi risultati, rimaniamo concentrati sulla condivisione di aggiornamenti con il mondo scientifico sulle continue innovazioni per i pazienti con leucemia mieloide acuta».
Bibliografia
M.J. Levis, et al. BMT-CTN 1506 (MORPHO): A randomized trial of the FLT3 inhibitor gilteritinib as post-transplant maintenance for FLT3-ITD AML. EHA2023; abstract LB2711. Link