Miastenia gravis: sembra funzionare la terapia rCAR-T a base di cellule T esprimenti un recettore chimerico per antigene basata sull’RNA
Nel primo studio condotto in pazienti con miastenia gravis generalizzata in cui è stata utilizzata una terapia a base di cellule T esprimenti un recettore chimerico per antigene basata sull’RNA (rCAR-T) è stato mostrato che le persone affette dalla patologia autoimmune hanno tollerato bene il trattamento e hanno fatto registrare miglioramenti nelle scale di gravità della malattia. Dai risultati dello studio di fase Ib/II MG-001, pubblicati su “Lancet Neurology”, non sono emersi eventi avversi gravi correlati allo studio o casi di tossicità dose-limitante, sindrome da rilascio di citochine o neurotossicità in nessuno dei 14 partecipanti.
Sebbene quattro partecipanti abbiano sviluppato febbre, tutti questi episodi si sono risolti entro 24 ore dall’infusione e non sono stati associati alla sindrome da rilascio di citochine, scrivono i ricercatori guidati da James Howard Jr., dell’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill.
I miglioramenti medi dal basale alla settimana 12 sono stati osservati su quattro scale convalidate, quali:
- Myasthenia Gravis-Activities of Daily Living (MG-ADL): 6 punti
- Quantitative Myasthenia Gravis (QMG): 7 punti
- Myasthenia Gravis Composite (MGC): 14 punti
- Myasthenia Gravis Quality of Life 15-revised (MG-QoL-15r): 9 punti.
Un cambiamento di 2 punti sulla scala MG-ADL e un cambiamento di 3 punti nelle scale QMG e MGC sono considerati clinicamente significativi, fanno notare Howard e colleghi. Non esiste consenso su ciò che è considerato un cambiamento clinicamente significativo nella MG-QoL-15r, aggiungono.
Fase iniziale di dose-finding
MG-001 è stato uno studio in aperto, di fase Ib/IIa che ha valutato la terapia autologa rCAR-T ‘Descartes-08’ anti-BCMA (antigene di maturazione delle cellule B) in adulti con miastenia grave generalizzata.
Nella parte di dose-finding dello studio (fase Ib), tre pazienti con malattia di classe MGFA (Myasthenia Gravis Foundation of America) III-IV hanno ricevuto tre dosi crescenti di Descartes-08 per determinare la dose massima tollerata. Durante la fase IIa, 11 pazienti con malattia di classe MGFA II-IV hanno ricevuto sei dosi alla dose massima tollerata in regime ambulatoriale.
Le terapie CAR-T basate sul DNA, che diventano una parte permanente del genoma delle cellule T e si replicano con ogni divisione cellulare, sono utilizzate con successo per trattare vari tumori ematologici avanzati. Ma le loro tossicità spesso gravi e i requisiti di pre-trattamento per la chemioterapia di linfodeplezione hanno limitato il loro uso all’ambiente oncologico.
Nell’ambito delle indicazioni nelle malattie autoimmuni, sottolineano gli autori, hanno ricevuto terapie con cellule CAR-T basate sul DNA pazienti con forme gravi di lupus eritematoso sistemico e neuromielite ottica. Il loro uso è stato limitato agli studi clinici e ha richiesto un ampio monitoraggio ospedaliero.
I perché del favorevole profilo di sicurezza
Nell’MG-001, i ricercatori hanno ingegnerizzato le cellule con l’RNA, invece che con il DNA, «in base al presupposto che l’influsso temporaneo e non replicabile dell’mRNA avrebbe conferito una farmacocinetica prevedibile e di conseguenza un profilo di sicurezza più favorevole» scrivono Howard e coautori, osservando che questi progressi nell’ingegneria dell’RNA erano gli stessi che hanno permesso l’uso diffuso dell’mRNA nei vaccini.
«L’elegante approccio basato sull’RNA alle cellule CAR-T utilizzato da questi ricercatori ha il vantaggio – rispetto alla terapia standard con cellule CAR-T basata sul DNA, che la chemioterapia per la linfodeplezione, potenzialmente dannosa, non è necessaria per l’ingegneria rCAR-T» scrive Andreas Meisel, della Charité Universitaetsmedizin di Berlino, in un editoriale di accompagnamento. «Una scoperta importante è la fattibilità della produzione di rCAR-T da pazienti con miastenia grave generalizzata trattati con terapie immunosoppressive standard» aggiunge.
Ogni paziente dello studio aveva precedentemente ricevuto almeno una dose di immunoglobuline per via endovenosa, corticosteroidi, immunosoppressori non steroidei o plasmaferesi terapeutica (o scambio plasmatico). Nonostante l’uso di immunosoppressori, i ricercatori sono stati in grado di produrre cellule Descartes-08 da tutti i partecipanti, con una potenza simile a quella di un volontario sano.
Howard e coautori riportano che l’RNA CAR è stato rilevato nel sangue periferico dei partecipanti solo da 1 a 2 ore dopo l’infusione, osservando che questa scoperta ha supportato la fattibilità dell’utilizzo di terapie rCAR-T in ambito ambulatoriale.
«Sebbene anche le terapie con cellule CAR-T basate sul DNA si stiano spostando verso l’ambiente ambulatoriale, richiedono ancora un attento monitoraggio dopo l’infusione, con visite cliniche giornaliere e prenotazione di letti ospedalieri in caso di gravi tossicità» scrivono. «In accordo con l’espressione limitata nel tempo delle molecole CAR basate sull’RNA in vitro, il rilevamento dell’mRNA nel nostro studio è stato transitorio».
Approccio innovativo con implicazioni anche per altre malattie neurologiche
Lo studio MG-001 ha implicazioni più ampie, suggerisce Meisel. «La miastenia gravis può servire come modello di malattia per esplorare questo approccio terapeutico innovativo, che è anche di grande interesse per altre malattie neurologiche mediate da autoanticorpi, come l’encefalite autoimmune».
Lo studio aveva diverse limitazioni, riconoscono gli autori, tra cui le piccole dimensioni e il fatto che non fosse in cieco. Una parte dello studio MG-001 di fase IIb, ora in corso, prevede un arruolamento di 30 pazienti e include un gruppo placebo.
Fonti:
Granit V, Benatar M, Kurtoglu M, et al. Safety and clinical activity of autologous RNA chimeric antigen receptor T-cell therapy in myasthenia gravis (MG-001): a prospective, multicentre, open-label, non-randomised phase 1b/2a study. Lancet Neurol, 2023;22:578-90. doi: 10.1016/S1474-4422(23)00194-1. leggi
Meisel A. Are CAR-T cells the answer to myasthenia gravis therapy? Lancet Neurol, 2023;22:545-6. doi: 10.1016/S1474-4422(23)00211-9. leggi