Nei pazienti con leucemia mieloide acuta portatori di mutazioni del gene NPM1, gemtuzumab ozogamicin aggiunto a FLAG-Ida migliora la sopravvivenza
Nei pazienti con leucemia mieloide acuta portatori di mutazioni del gene NPM1, il trattamento di induzione con il regime FLAG-IDA (fludarabina, citarabina ad alto dosaggio, idarubicina più G-CSF) associato al coniugato farmaco anticorpo (ADC) gemtuzumab ozogamicin (GO) migliora il tasso di sopravvivenza globale (OS) e aumenta il numero di pazienti con malattia minima residua (MRD) negativa nel sangue periferico dopo un secondo ciclo di chemioterapia rispetto al regime DA più gemtuzumab ozogamicin. Lo evidenziano nuovi dati dello studio AML19, un trial randomizzato del National Cancer Research Institute (NCRI), di cui sono stati presentati di recente nuovi risultati al convegno annuale dell’European Hematology Association (EHA) svoltosi a Francoforte, in Germania.
Inoltre, ha spiegato l’autore che ha presentato i dati al convegno, Nigel Russell, del Guy’s Hospital NHS Trust di Londra, il beneficio di sopravvivenza del regime FLAG-IDA-GO è risultato indipendente dallo stato mutazionale di FLT3 ed è stato riscontrato sia nei pazienti con MRD-positiva sia in quelli con MRD-negativa nel sangue periferico dopo due cicli di trattamento.
L’autore ha poi sottolineato che con il regime FLAG-IDA-GO si sono ottenute risposte più profonde. Infatti, i livelli di MRD misurati nel midollo osseo sono risultati più bassi nei pazienti trattati con il regime FLAG-IDA-GO.
Gemtuzumab ozogamicin e le premesse dello studio
Gemtuzumab ozogamicin è un ADC composto da un anti-CD33 legato in modo covalente all’agente citotossico N-acetil-gamma-calicheamicina.
In precedenza, lo studio AML15 dell’NCRI aveva stabilito che il regime FLAG-IDA riduce in modo significativo le ricadute rispetto a DA più etoposide (38% contro 55%; P = 0,0001), ma non migliora l’OS. Nello stesso studio era stato anche dimostrato che una singola somministrazione di gemtuzumab ozogamicin durante l’induzione migliora l’OS nei pazienti con un rischio citogenetico favorevole/intermedio.
D’altro canto, nello studio ALFA0707, in cui era stata utilizzata una dose frazionata di gemtuzumab ozogamicin, si è osservato un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti anziani, inclusi i portatori di mutazioni di NPM1.
Più recentemente, nello studio AMLSG0909, anch’esso condotto in pazienti NPM1-mutati, si è visto che l’aggiunta di gemtuzumab ozogamicin ha aumentato la clearance molecolare e ridotto l’incidenza delle ricadute, sebbene non siano stati osservati miglioramenti della sopravvivenza libera da eventi (EFS) o dell’OS.
Infine, il trial AML17, aveva stabilito che lo stato dell’MRD, determinata mediante RT-qPCR, rappresenta il più importante fattore prognostico nei pazienti con leucemia mieloide acuta portatori di mutazioni di NPM1. Infatti, coloro che dopo il secondo ciclo di chemioterapia (PC2) presentavano una MRD positiva nel sangue periferico hanno mostrato un elevato rischio di recidiva rispetto ai pazienti con MRD-negativa (83% contro 28% a 3 anni) e un’OS ridotta (25% contro 77% a 3 anni).
Lo studio AML19
Nello studio AML19, pazienti con leucemia mieloide acuta o sindromi mielodisplastiche sono stati trattati con una dose singola o frazionata di gemtuzumab ozogamicin allo scopo di analizzare le potenzialità del farmaco in associazione ai regimi chemioterapici a base di FLAG-IDA o DA seguiti da un trattamento di consolidamento.
In particolare, 1475 pazienti con leucemia mieloide acuta o sindrome mielodisplastica con eccesso di blasti di tipo 2 (MDS-EB2) di nuova diagnosi, senza citogenetica sfavorevole nota, sono stati assegnati al trattamento di induzione con il regime FLAG-IDA o il regime DA (daunorubicina 60 mg/m2 x 3 più AraC 100 mg/m2 due volte al giorno x 10 giorni).
Di questi, 1031 sono stati randomizzati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con gemtuzumab ozogamicin in dose singola (3 mg/m2 il giorno 1) oppure frazionata (massimo 5 mg nei giorni 1+4).
La terapia post-remissione consisteva in un secondo ciclo con solo FLAG-IDA o DA senza gemtuzumab ozogamicin seguito da un massimo di due cicli di AraC (citarabina ad alto dosaggio) senza gemtuzumab ozogamicin.
I pazienti non sono stati trattati con inibitori di FLT3.
30% dei pazienti con mutazioni di NPM1
All’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH), nel dicembre scorso, sono stati presentati risultati dello studio che non hanno mostrato un beneficio di OS nella popolazione complessiva. Tuttavia, è stato riscontrato un beneficio del regime FLAG-IDA più gemtuzumab ozogamicin nel sottogruppo di pazienti portatori di mutazioni di NPM1 (OS a 5 anni 82% contro 64%; HR 0,50, IC al 95% 0,31-0,81; P < 0,005), che erano il 30% (307 su 1031 randomizzati)..
Nell’analisi presentata ora al congresso europeo gli autori hanno analizzato l’impatto del regime FLAG-IDA-GO sull’MRD e sugli outcome della terapia di induzione nei pazienti NPM1-mutati, con e senza mutazioni di FLT3.
L’MRD in questi pazienti è stata misurata dopo ogni ciclo di terapia. Per i pazienti in remissione completa che dopo il secondo ciclo presentavano una MRD positiva nel sangue periferico era raccomandato l’invio al trapianto.
Beneficio di sopravvivenza con FLAG-IDA più gemtuzumab indipendente dallo status mutazionale di FLT3
Il beneficio di sopravvivenza del regime FLAG-IDA-GO rispetto a DA-GO è risultato indipendente dallo stato mutazionale di FLT3 e si è visto sia nei pazienti che avevano un MRD negativa sia in quelli con MRD-positiva nel sangue periferico dopo 2 cicli di chemioterapia.
Infatti, il beneficio del regime FLAG-IDA-GO stato osservato sia nel sottogruppo di pazienti con FLT3 mutato (HR 0,32, IC al 95% 0,17-0,62) sia nel sottogruppo con FLT3 wild-type (HR 0,75, IC al 95% 0,37-1,51) senza evidenze di un beneficio differenziale con i test di eterogeneità.
Con FLAG-IDA-GO maggior numero di pazienti MRD-negativi
Il vantaggio del trattamento con FLAG-IDA-GO rispetto alla combinazione DA-GO si è manifestato anche con l’aumento del numero di pazienti che hanno ottenuto la negativizzazione dell’MRD dopo il secondo ciclo di chemioterapia sia quando misurata nel sangue periferico (88% contro 77%; P = 0,02) sia quando misurata nel midollo osseo (56% contro 37%; p=0,004) e anche alla fine del trattamento (70% contro 58%; p=0,32).
Nei pazienti che avevano una MRD non rilevabile nel sangue periferico, quando l’MRD è stata valutata anche nel midollo osseo, la risposta è risultata più profonda nel braccio trattato con FLAG-IDA-GO rispetto al braccio trattato con DA-GO, con un tasso di MRD-negatività nel midollo osseo rispettivamente del 60% contro 47% (P = 0,069).
La stessa tendenza verso una risposta più profonda a livello del midollo è stata osservata anche in coloro che presentavano MRD-positività nel sangue periferico dopo il secondo ciclo di trattamento.
L’aumento dei tassi di MRD-negatività nel sangue periferico dopo il secondo ciclo di chemio associato al regime FLAG-IDA-GO rispetto a DA-GO si è osservato indipendentemente dallo stato mutazionale di FLT3. Infatti, nel sottogruppo con FLT3 mutato l’MRD-negatività nel sangue periferico dopo il secondo ciclo di trattamento è risultata rispettivamente dell’83% contro 68%, mentre nel sottogruppo con FLT3 wild-type l’MRD è risultata negativa rispettivamente nel 92% dei pazienti contro l’82%.
Con DA meglio gemtuzumab frazionato, ma non con FLAG-IDA
Nel braccio trattato con DA-GO, il sottogruppo trattato con la dose frazionata di gemtuzumab ha mostrato un risultato migliore di MRD-negatività nel sangue periferico dopo il secondo ciclo rispetto al sottogruppo trattato con la dose singola (84% contro 69%; p=0,04), ma non si è osservato un aumento della sopravvivenza.
Nel braccio assegnato a FLAG-IDA-GO, la modalità di somministrazione di gemtuzumab – dose singola o frazionata – non ha influenzato il tasso di MRD-negatività.
Vantaggio di sopravvivenza con FLAG-IDA-GO anche nei pazienti con MRD-positiva
Tra i pazienti che dopo il secondo ciclo avevano un’MRD positiva nel sangue periferico, il 61% è stato sottoposto a trapianto mentre era in remissione completa.
In questi pazienti, l’OS a 3 anni è stata complessivamente del 59%, ma si è osservata una tendenza verso una sopravvivenza maggiore in quelli del braccio FLAG-IDA-GO rispetto al braccio DA-GO (OS a 3 anni: 74% contro 51%; HR 0,52; IC al 95% 0,17-1,57).
Nei pazienti che dopo il secondo ciclo di traattamento mostravano un’MRD negativa nel sangue periferico, gli esiti sono stati eccellenti con entrambi i regimi, ma anche in questo caso la sopravvivenza è stata superiore nei pazienti trattati con il regime FLAG-IDA-GO (OS a 3 anni: 90% contro 78%; HR 0,43; IC al 95% 0,22-0,87).
Quale terapia di consolidamento dopo FLAG-IDA-GO?
Per i pazienti trattati con FLAG-IDA-GO che dopo secondo ciclo di chemioterapia presentavano un’MRD negativa nel sangue periferico sembra non essere necessario un ulteriore trattamento, ha affermato Russel nelle sue conclusioni.
Il protocollo infatti prevedeva che i partecipanti ricevessero fino a due cicli di consolidamento con AraC dopo la remissione. Tuttavia, nei 115 pazienti trattati con FLAG-IDA-GO che dopo il secondo ciclo di chemioterapia avevano un’MRD negativa nel sangue periferico non è emersa alcuna evidenza che il consolidamento migliorasse l’OS, né la sopravvivenza libera da recidiva (RFS). Infatti, in questi pazienti l’OS a 3 anni è risultata del 90% in quelli non sottoposti al consolidamento, contro 83% e 93% in quelli trattati rispettivamente con uno o due cicli di consolidamento (P = 0,53), mentre per quanto riguarda l’RFS i tassi corrispondenti a 3 anni sono risultati rispettivamente del 75% contro 65% e 81% (P = 0,14).
Bibliografia
N.H. Russell, et al. FLAG-IDA combined with gemtuzumab ozogamicin (GO) reduced MRD levels and improved overall survival in NPM1MUT AML independent of FLT3 and MRD status, results from the AML19 trial. EHA 2023; abstract S134. Link