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Obesità grave monogenica: setmelanotide assicura perdita di peso significativa

Un BMI elevato determina rischi maggiori di insorgenza di malattie reumatiche: effetto più pronunciato nelle donne sia per la gotta che per l'artropatia psoriasica

Nei pazienti adulti e pediatrici affetti da una rara forma genetica di obesità grave, buoni risultati dal trattamento con setmelanotide

Nei pazienti adulti e pediatrici affetti da una rara forma genetica di obesità grave, il trattamento con setmelanotide ha consentito una riduzione importante del BMI e del peso corporeo che si è mantenuta nel corso di 3 anni, secondo i risultati di uno studio a lungo termine presentati al congresso della French Pediatric Society.

Setmelanotide è il frutto di due decenni di ricerca che portato all’identificazione dei geni coinvolti nell’obesità a esordio precoce e la caratterizzazione del recettore 4 della melanocortina (MC4R). Il farmaco è stato approvato dall’Ema nel luglio 2021 per l’uso quotidiano tramite somministrazione sottocutanea.

Attualmente il suo impiego è limitato al trattamento dell’obesità legata a un deficit biallelico (omozigote) di pro-opiomelanocortina (POMC)/dell’enzima PCSK1 o del recettore della leptina (LEPR), una forma monogenica di obesità che interessa meno dell’1% dei pazienti che soffrono di obesità grave. Tuttavia setmelanotide è in fase di sperimentazione per altre mutazioni responsabili dell’obesità grave, con la speranza che possa essere presto indicato in un numero maggiore di pazienti.

Anche se al momento solo un piccolo numero di soggetti soddisfa i criteri per il trattamento con il farmaco, non è escluso che i pazienti con altre forme di obesità grave potranno beneficiare di questo prodotto, comprese quelle con varianti monoalleliche eterozigoti che rappresentano oltre il 10% dei pazienti con obesità grave a esordio precoce.

Regolazione di fame, sazietà e dispendio energetico 
«Setmelanotide è un agonista del recettore 4 della melanocortina» ha affermato la relatrice Béatrice Dubern, pediatra all’ospedale Trousseau di Parigi e membro del team del French medical research institute (INSERM)/Università della Sorbona che si occupa di nutrizione e obesità.

«La sua modalità di azione si basa sull’attivazione della via di segnalazione della leptina-melanocortina nell’ipotalamo che regola la fame, la sazietà, il dispendio energetico e quindi il peso corporeo» ha aggiunto. «Rare varianti genetiche in questa via di segnalazione sono associate a polifagia e obesità grave a esordio precoce. Si ritiene che oltre 60 geni coinvolti in questo siano attualmente associati all’obesità».

Riduzione importante di peso e BMI sostenuta nel tempo
Negli studi di fase III setmelanotide si è dimostrato efficace nel ridurre il peso e la fame nei pazienti con obesità causata da un deficit di POMC/PCSK1 o LEPR. Dopo un anno di trattamento 24 pazienti con almeno 6 anni di età hanno mostrato una risposta significativa al farmaco e sono stati inclusi nello studio di estensione.

Una risposta significativa è stata definita come una riduzione del peso corporeo di almeno il 10% dopo 52 settimane per i pazienti dai 18 anni in avanti o una riduzione del punteggio z dell’indice di massa corporea (BMI) ≥0,3 dopo 52 settimane per i pazienti con meno di 18 anni.

Complessivamente nella popolazione in studio la riduzione media del BMI è stata del 24,8% (n = 24), 21% (n = 23) e 24% (n = 15) rispettivamente a 12, 24 e 36 mesi. Nei pazienti ≥18 anni (n = 11) la diminuzione media del peso è stata del 25,1% (n = 11), 22,9% (n = 11) e 24,4% (n = 8) rispettivamente a 12, 24 e 36 mesi.

Nei bambini e negli adolescenti (<18 anni, n = 13), la riduzione media del punteggio z del BMI è stata di 1,31 (n = 13), 1,10 (n = 11) e 1,01 (n = 4) rispettivamente a 12, 24 e 36 mesi. Dopo tre anni di setmelanotide, in questo gruppo la diminuzione media del punteggio z del BMI è stata di 1,01 (n = 4), con un punteggio z medio del BMI di 2,42.

In termini pratici, i pazienti che hanno ridotto il loro peso corporeo di almeno il 10% e quelli con una variazione media ≥0,3 nel punteggio z del BMI dopo 1 anno hanno ottenuto dei benefici duraturi e clinicamente significativi dopo 3 anni, un risultato che supporta l’uso a lungo termine di setmelanotide in questi soggetti.

«Temevamo che l’effetto del farmaco diminuisse nel tempo, ma dopo 3 anni questo non è accaduto e ci auguriamo che questa efficacia sostenuta si mantenga a lungo termine. I primi due pazienti che hanno assunto il farmaco nel 2016 non hanno notato nessuna perdita di efficacia» ha fatto presente Dubern.

Nei dati presentati al congresso anche il profilo di sicurezza è stato rassicurante e coerente con gli studi precedenti. Gli effetti indesiderati, riportati in almeno il 15% dei pazienti, includevano reazioni al sito di iniezione, iperpigmentazione cutanea, nausea, diarrea, disturbi dell’umore, dolore addominale, vomito, gastroenterite ed erezione spontanea.

Tra i limiti dello studio riconosciuti dagli autori vanno menzionati la mancanza di un gruppo di controllo e il fatto che siano stati arruolati solo i pazienti che hanno risposto al trattamento con setmelanotide durante gli studi in fase iniziale (85,7%).

Quali implicazioni cliniche?
Come riassunto dalla relatrice, le implicazioni cliniche sono che nei pazienti con obesità a esordio precoce, che inizia prima dei 5 anni di età, i medici dovrebbero realmente prendere in considerane la possibilità che vi sia un coinvolgimento genetico.

Per avere delle conferme e per chiedere il parere di esperti, in tutta la Francia ci sono cliniche specializzate nell’obesità. Inoltre il team di ricerca INSERM NutriOmics guidato dalla prof.ssa Karine Clément della Università della Sorbona, in collaborazione con la prof.ssa Christine Poitou, ha sviluppato uno strumento diagnostico chiamato ObsGen a vantaggio dei medici con pazienti con potenziali cause genetiche dell’obesità.

«Possiamo rispondere a tutte le loro domande sulla probabilità che un particolare paziente abbia una forma genetica di obesità e guidare i loro passi successivi. Il trattamento precoce aiuta a limitare la possibilità che la condizione peggiori durante l’adolescenza, previene le complicanze correlate e può ridurre la stigmatizzazione e la sofferenza vissute da queste persone. Attualmente è in corso uno studio clinico con setmelanotide su bambini di età superiore ai 2 anni» ha sottolineato.

Setmelanotide come potenziale nuovo trattamento per l’obesità ipotalamica 
In un’altra relazione sono stati presentati i risultati di uno studio di fase II che ha valutato l’efficacia e la tollerabilità del farmaco come possibile nuovo trattamento per l’obesità ipotalamica, una condizione che può essere causata da lesioni nell’ipotalamo che possono alterare la segnalazione del recettore 4 della melanocortina.

Lo studio ha arruolato 18 pazienti di età compresa tra 6 e 40 anni con un BMI ≥95° percentile (per i soggetti di età compresa tra 6 e 18 anni) o ≥35 kg/m2 (per gli adulti dai 18 anni in avanti) e obesità ipotalamica (craniofaringioma o altri tumori cerebrali benigni, rimozione chirurgica, e/o chemioterapia).

Dopo 16 settimane di terapia una percentuale significativa di partecipanti ha ottenuto una riduzione di almeno il 5% del proprio BMI (n = 16, 88,9%, P<0,0001) e il 72,2% una riduzione di almeno il 10%, con una diminuzione media del BMI del 14,9% (n = 17). Questi primi risultati possono giustificare ulteriori studi con setmelanotide nel trattamento dell’obesità ipotalamica.

Referenze

Annual Scientific Sessions of the American Diabetes Association. Abstract 836-P. Presented June 23, 2023.

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