Uno studio recentemente pubblicato su Arthritis Cara & Research ha identificato 4 pattern differenti di malattia renale associata alle vasculiti ANCA-associate
L’alterazione della funzione renale rappresenta la peggiore tra le complicanze associate alla vasculiti ANCA-associate (AAV). Uno studio recentemente pubblicato su Arthritis Cara & Research ha identificato 4 pattern differenti di malattia renale associata alle AAV. La conoscenza di questi pattern differenti potrebbe avere implicazioni cliniche in termini di personalizzazione della terapia e di messa a punto di trial clinici ad hoc per saggiare l’efficacia dei farmaci su questi pazienti particolari.
Razionale e disegno dello studio
Con il termine di vasculiti ANCA-associate (AAV) si indica una famiglia di patologie autoimmuni in cui si sviluppano anticorpi contro i neutrofili; ciò porta alla distruzione di queste cellule ma alla loro iperattivazione. Il risultato di questo processo è l’infiammazione e la distruzione finale dei piccoli vasi sanguigni. Essendo i reni irrorati da vasi di piccolo calibro, si comprende il motivo per cui le complicanze renali colpiscono più della metà dei pazienti con AAV.
Ad oggi, tuttavia, non è nota ancora la modalità con cui si sviluppa l’insufficienza renale, nonché la progressione del danno renale nel tempo in concomitanza con la vasculite. Stando ai risultati di uno studio già presente in letteratura, condotto su pazienti con AAV, in quasi la metà dei casi di nefropatia allo stadio terminale (ESRD) non vi era alcuna evidenza clinica di malattia renale vasculitica attiva al momento dell’insorgenza dell’ESRD.
La ridotta disponibilità di dati longitudinali, utilizzabili per caratterizzare e differenziare i pazienti che progrediscono lentamente da quelli che subiscono un rapido deterioramento della funzione renale all’inizio del decorso della malattia, ha sollecitato la messa a punto del nuovo studio che ha analizzato le cartelle cliniche di 225 pazienti con AAV relativi al periodo 2002-2017. Questi pazienti erano stati sottoposti a test di funzionalità renale prima di iniziare la terapia specifica per l’AAV e in seguito, con un follow-up della durata pari a 10 anni.
Gli outcome principali considerati sono stati: 1) la variazione della velocità stimata di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) in un periodo che iniziava 1 anno prima dell’inizio del trattamento e terminava 2 anni dopo; 2) il tempo all’insorgenza dell’ESRD. (Quest’ultima è stata identificata attraverso i codici della cartella clinica suggestivi di dialisi cronica o di trapianto di rene).
Risultati principali
Dallo studio è emerso che, su 225 pazienti, 20 erano andati incontro a rapido declino della funzione renale, 82 hanno sperimentato una compromissione renale stabile nel tempo, 182 hanno presentato una funzione renale stabile quasi nella norma, mentre 24 sono andati incontro addirittura a miglioramento della funzione renale.
I ricercatori non sono risultati sorpresi dal fatto che i pazienti che avessero mostrato i risultati peggiori relativamente alla funzione renale fossero, tendenzialmente, quelli con il maggior numero di comorbidità e una funzione renale relativamente compromessa già prima di sviluppare la vasculite.
Analizzando i risultati nel dettaglio:
– Tutti i membri del gruppo di pazienti con “declino rapido della funzione renale” hanno sviluppato ESRD, per lo più all’inizio del trattamento con AAV. Prima dell’inizio del trattamento, i loro valori di eGFR erano in media di 48 mL/min/1,73 m2, per poi ridursi fino a zero durante il primo anno di terapia. Degna di nota è stata l’osservazione che il punteggio mediano dell’indice di comorbilità di Charlson in questo gruppo era di 4,5 (range inter quartile 3,5-6), superiore a quello degli altri gruppi
– I valori di eGFR al pretrattamento erano simili nel gruppo con compromissione renale stabile, ma non hanno subito un declino visibile durante il follow-up: la media al pretrattamento era di 44 mL/min/1,73 m2 e si è attestata a 48 al quinto anno di follow-up. Nel gruppo di pazienti con funzione renale stabile quasi nella norma, i valori di eGFR si sono aggirati intorno a 70 mL/min/1,73 m2 per tutto il follow-up. Solo pochi pazienti in questi due gruppi hanno sviluppato ESRD (7% ciascuno)
– Il quarto gruppo ha mostrato un comportamento strano. Inizialmente il trend di declino della funzione renale di questo gruppo assomigliava al gruppo a declino rapido, con valori di eGFR che crollavano nel corso dell’anno precedente all’inizio del trattamento e per alcuni mesi dopo. Ma al primo anno di trattamento, l’eGFR medio aveva recuperato un po’, raggiungendo 24 mL/min/1,73 m2 da un livello di partenza pari a 10 all’inizio della terapia, per continuare a salire anche in seguito. Al quinto anno, l’eGFR in questo gruppo era in media di 58 mL/min/1,73 m2
Implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori non sono stati in grado di offrire spiegazione dell’esistenza di questi diversi pattern di funzione renale. Hanno osservato, tuttavia, che i pazienti del gruppo con compromissione stabile della funzione renale erano più anziani e affetti da un numero maggiore di comorbilità rispetto al gruppo con funzione renale stabile quasi nella norma e al quarto gruppo (recupero della funzione renale).
Per quanto si possa ipotizzare che la terapia per l’AAV abbia contribuito a invertire il danno microvascolare nel quarto gruppo , i ricercatori hanno messo in guardia dall’attribuire qualsiasi pattern renale agli effetti del trattamento per l’AAV, in ragione dell’esistenza di un probabile bias di confondimento dell’indicazione.
Ciò detto “…quanto da noi osservato ci permette di identificare i pazienti ad alto rischio che potrebbero beneficiare di un approccio personalizzato alla cura in base all’età, al carico di comorbilità e al pattern della funzione renale rilevato”, scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro”.
Tra i limiti metodologici dello studio, ammessi dagli stessi autori, si segnalano il numero esiguo di pazienti considerati e il disegno monocentrico.
Bibliografia
Hanberg JS, et al “Longitudinal patterns of renal function in ANCA-associated vasculitis” Arthritis Care Res 2023; DOI: 10.1002/acr.25100.
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