Dodici mesi di trattamento con l’anticoagulante orale ad azione diretta (DOAC) edoxaban sono superiori a un trattamento con lo stesso DOAC per 3 mesi ai fini della prevenzione
Dodici mesi di trattamento con l’anticoagulante orale ad azione diretta (DOAC) edoxaban sono superiori a un trattamento con lo stesso DOAC per 3 mesi ai fini della prevenzione degli eventi trombotici nei pazienti che hanno un tumore attivo e hanno sviluppato una trombosi venosa profonda (TVP) distale. Lo suggeriscono i risultati di un trial multicentrico giapponese, lo studio ONCO DVT, presentati durante una Hot Line session al congresso della European Society of Cardiology (ESC), ad Amsterdam, e pubblicati in contemporanea su Circulation.
Nello studio, i pazienti trattati con edoxaban per un anno andati incontro a un episodio di tromboembolismo venoso (TEV) sintomatico ricorrente o un decesso correlato al TEV sono stati l’1% (tre su 296), contro il 7,2% (22 su 305) in quelli sottoposti al trattamento più breve con lo stesso farmaco (OR 0,13; IC al 95% 0,03-0,44).
Sebbene la terapia più prolungata con edoxaban abbia comportato un rischio di sanguinamento maggiore leggermente aumentato, la differenza fra i due bracci non è risultata statisticamente significativa, ha osservato Yugo Yamashita, dell’Università di Kyoto.
«Nei pazienti oncologici con TVP distale isolata, 12 mesi di trattamento con edoxaban sono stati superiori a 3 mesi rispetto all’incidenza dell’endpoint primario», ha affermato Yamashita, sottolineando che ONCO DVT è il primo e unico studio randomizzato a dimostrare la superiorità della terapia anticoagulante di durata più lunga rispetto a quella più breve nel ridurre gli eventi trombotici nei pazienti oncologici con TVP distale isolata.
Possibile cambio nella pratica clinica
Inoltre, ha sottolineato l’autore, «ci aspettiamo che i risultati attuali cambino le linee guida e la pratica clinica nel campo cardio-oncologico», dal momento che per i pazienti con un tumore attivo e una TVP distale isolata le attuali linee guida raccomandano solo debolmente l’anticoagulazione per una durata superiore ai 3 mesi.
Le linee guida ESC sulla cardioncologia, pubblicate lo scorso anno, raccomandano apixaban, edoxaban o rivaroxaban per il trattamento del TEV sintomatico o incidentale nei pazienti oncologici senza controindicazioni e dicono che bisognerebbe prendere in considerazione il prolungamento dell’anticoagulazione oltre i 6 mesi in pazienti selezionati con un tumore attivo, inclusi quelli con malattia metastatica, ha affermato Teresa López-Fernández, dell’Ospedale Universitario La Paz di Madrid, invitata come discussant dello studio.
Inoltre, ha ricordato l’esperta, le linee guida della European Society for Medical Oncology (ESMO) affermano che si può prendere in considerazione una terapia anticoagulante prolungata se il rischio di recidiva supera le complicanze emorragiche. Tuttavia, nessuna delle raccomandazioni fa riferimento specificamente ai pazienti oncologici con TVP.
«Questo studio fornisce dati a supporto della necessità di una terapia anticoagulante prolungata nei pazienti con un tumore attivo », ha sottolineato López-Fernández, invitando però alla cautela e sottolineando la necessità di capire quale sia il rischio di sanguinamento di questi pazienti, soprattutto perché non è sempre facile trasferire i risultati da una popolazione asiatica ad altre popolazioni.
La specialista ha anche affermato che sono necessari ulteriori studi per capire se si possano ottenere risultati simili con altri DOAC e nei pazienti oncologici che hanno un rischio di sanguinamento più elevato.
Lo studio ONCO DVT
ONCO DVT è stato il primo studio randomizzato a confrontare due diverse durate di trattamento con edoxaban per la TVP distale isolata nei pazienti oncologici.
In particolare, il trial, randomizzato e in aperto, è stato disegnato per confrontare un trattamento con edoxaban per 12 mesi con un trattamento con lo stesso farmaco per 3 mesi in pazienti con un tumore attivo e una TVP distale isolata di nuova diagnosi. Non potevano partecipare i pazienti che erano in terapia anticoagulante al momento della randomizzazione, quelli con una prognosi non superiore ai 3 mesi e quelli con un’embolia polmonare o nei quali edoxaban era controindicato.
Da aprile 2019 a giugno 2022 sono stati arruolati in 60 centri complessivamente 604 pazienti (età media: 70,8 anni; il 72% rappresentato da donne), assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con edoxaban per 12 mesi oppure 3 mesi. Il DOAC è stato somministrato per via orale a una dose fissa di 60 mg una volta al giorno oppure a una dose inferiore, 30 mg una volta al giorno, nei pazienti con una clearance della creatinina compresa tra 30 e 50 ml/min o con un peso corporeo non superiore a 60 kg o in terapia concomitante con un inibitore della glicoproteina P.
La sede più frequente del tumore era rappresenta dalle ovaie (14%), seguita dall’utero (13%), i polmoni (11%), il colon (9%) e il pancreas (8%). Altre sedi meno rappresentate erano lo stomaco, la mammella e il sangue (5% ciascuna).
L’endpoint primario era la recidiva di TEV sintomatico o un decesso correlato al TEV a 12 mesi, mentre l’endpoint secondario principale era il sanguinamento maggiore, definito secondo i criteri della International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH), a 12 mesi.
Sanguinamenti maggiori leggermente superiori con la terapia più prolungata
L’analisi sui sottogruppi prespecificati ha mostrato che i risultati relativi all’endpoint primario non sono stati influenzati dall’età, il peso corporeo, il sesso, la funzionalità renale, la conta piastrinica, l’anemia e anche altri fattori,
Sanguinamenti maggiori si sono verificati nel 9,5% dei pazienti (28 su 296) trattati con edoxaban per 12 mesi e nel 7,2% (22 su 305) di quelli trattati per 3 mesi (OR, 1,34; IC al 95% 0,75-2,41). La sede più comune di sanguinamento maggiore è risultata il tratto gastrointestinale inferiore.
Inoltre, sono stati riportati 53 pazienti con episodi di sanguinamento clinicamente rilevanti nel braccio trattato con edoxaban per 12 mesi e 41 nel gruppo trattato per 3 mesi (OR 1,40; IC al 95% 0,90-2,19).
Yamashita ha osservato che, sebbene non sia statisticamente significativa, la differenza nei sanguinamenti maggiori fra i due bracci indica la necessità di un monitoraggio frequente dei pazienti che vengono trattati per 12 mesi di terapia e ha aggiunto che i medici dovrebbero decidere quale strategia anticoagulante adottare in base al rapporto rischio-beneficio di tale terapia in ogni singolo paziente.
Altrettanto importante, ha osservato López-Fernández, è tenere presente che durante il trattamento del tumore possono cambiare molteplici fattori clinici. Ciò rende importante esaminare il paziente nel suo complesso e valutare le sue condizioni e le terapie correlate al cancro, valutando il rischio di sanguinamento assieme a qualunque di questi cambiamenti.
Bibliografia
Yamashita Y, Morimoto T, Muraoka N, et al. Edoxaban for 12 months versus 3 months in cancer patients with isolated distal deep vein thrombosis (ONCO DVT study): an open-label, multicenter, randomized clinical trial. Circulation. 2023;Epub ahead of print.
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