Gli inibitori della pompa protonica sono stati fortemente collegati al rischio di gravi infezioni tra i neonati e i bambini secondo un nuovo studio
In oltre un milione di bambini seguiti per circa quattro anni, l’uso di inibitori della pompa protonica (PPI) è stato associato a un aumento del 34% del rischio di infezioni che richiedono il ricovero ospedaliero (HR 1,34), hanno riportato il primo autore Marion Lassalle e colleghi della French National Agency for the Safety of Medicines and Health Products a Saint-Denis, in Francia.
Il rischio eccessivo riguardava le infezioni del tratto digestivo di orecchio, naso e gola, del tratto respiratorio inferiore, dei reni o del tratto urinario e del sistema nervoso. Il rischio di infezioni era più alto del 56% (HR 1,56) per quelle batteriche e del 30% (HR 1,30) per le infezioni virali.
«Per quanto ne sappiamo questo è il primo studio che ha valutato il rischio di infezioni gravi associate all’uso dei PPI nei bambini piccoli per vari siti e agenti patogeni» hanno premesso gli autori. «Il loro uso è in aumento e in Francia è passato dal 3,6% nel 2010 al 6,1% nel 2019 nei bambini con meno di 2 anni, mentre in altri paesi come Svezia, Norvegia e Danimarca è aumentato da tre a cinque volte».
Uno studio di coorte a livello nazionale
Lo studio ha incluso tutti gli 1,26 milioni di bambini nati in Francia dal 2010 al 2018 che hanno ricevuto una prima prescrizione per farmaci per trattare i disturbi legati all’acidità gastrica. Circa la metà ha ricevuto PPI, mentre al resto sono stati prescritti H2 antagonisti o antiacidi/alginati dalla nascita al 31 dicembre 2019. I dati sono stati ricavati dal registro madre-bambino EPI-MERES, sviluppato dal sistema sanitario francese e che comprende tutte le gravidanze in Francia dal 2010.
L’età media alla quale un bambino ha ricevuto i PPI era di 88 giorni (intervallo inter quartile 44-282 giorni). La coorte è stata seguita fino a dicembre 2019. Durante questo periodo a 152mila bambini è stata diagnosticata una nuova infezione grave che ha richiesto il ricovero ospedaliero. Dopo avere adeguato i dati in base a fattori sociodemografici, caratteristiche della gravidanza, comorbilità infantili e utilizzo dell’assistenza sanitaria, è stato rilevato un aumento del rischio per i seguenti tipi di infezioni:
- Tratto digerente (HR 1,52)
- Orecchio, naso e gola (HR 1,47)
- Tratto respiratorio inferiore (HR 1,22)
- Reni o tratto urinario (HR 1,20)
- Sistema nervoso (HR 1,31)
Lo studio non includeva informazioni sull’allattamento al seno o sull’interazione sociale, importanti fattori di rischio per l’infezione, hanno osservato gli autori, e non ha distinto i bambini affetti da GERD da quelli trattati in modo inappropriato per GER non complicato.
«I PPI sono spesso prescritti off-label per questa indicazione, tuttavia, la loro efficacia sul pianto e sull’irritabilità, sul vomito e sul rigurgito, o anche sui segni e sintomi della GERD (rifiuto di mangiare, tosse cronica) non è dimostrata» hanno concluso «In questi pazienti gli inibitori della pompa protonica non dovrebbero essere utilizzati senza una chiara indicazione».
Possibili spiegazioni legate all’inibizione dell’acidità gastrica
I ricercatori hanno ipotizzato alcuni possibili meccanismi alla base dell’associazione. Alterando il pH gastrico, i PPI possono modificare il microbiota gastrico in modo tale da favorire le infezioni enteriche. Nell’infanzia il microbiota intestinale subisce importanti cambiamenti e l’esposizione a questi agenti potrebbe avere un impatto significativo. Inoltre potrebbero portare a infezioni respiratorie attraverso la microaspirazione del fluido gastrico arricchito di batteri o, in alternativa, attraverso l’asse intestino-polmone. Potrebbero anche interferire con le funzioni del sistema immunitario, comprese varie funzioni dei neutrofili.
In un editoriale di accompagnamento Jay Berry e Jonathan Mansbach del Boston Children’s Hospital hanno affermato che i medici utilizzano sempre più questi farmaci per gestire i neonati sani che soffrono di reflusso gastroesofageo (GER) e che si presentano con pianto eccessivo e rigurgito.
«I medici stanno utilizzando i PPI anche nei bambini con condizioni di salute croniche complesse per gestire il sospetto di GERD, che è un GER con complicazioni» hanno scritto. «Mentre il sottogruppo di questi bambini con funzionalità oromotoria compromessa ha maggiori probabilità di avere GERD rispetto ai bambini sani, non ci sono prove concrete a sostegno dell’uso dei PPI in nessuna delle due popolazioni. Peggio ancora, potrebbero provocare dei danni. Considerati i risultati convincenti di questo studio, è tempo di limitare l’uso di questi agenti nei neonati e nei bambini fino a quando ulteriori ricerche non identificheranno quali pazienti hanno il rapporto rischio-beneficio più favorevole».
Referenze
Lassalle M et al. Proton Pump Inhibitor Use and Risk of Serious Infections in Young Children. JAMA Pediatr. 2023 Aug 14;e232900.