Angelina Jolie lancia un appello per i profughi di Gaza


L’attrice Angelina Jolie interviene con un appello dopo il raid del campo profughi di Jabalia, nella regione dove 6 su 10 sono rifugiati: “Sono vittime prigioniere”

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Israele commette “crimini di guerra” e i leader mondiali ne sono “complici”: accuse mosse da Angelina Jolie, star di Hollywood impegnata nel sociale, dopo il bombardamento del campo profughi di Jabalia nella Striscia di Gaza. Una regione parte della Palestina storica, questa, che l’attrice definisce “una prigione a cielo aperto da circa 20 anni, che sta diventando rapidamente una fossa comune”. A Jabalia, nel nord della Striscia, vivono circa 116mila persone. Secondo l’amministrazione di Gaza, nel bombardamento di martedì le vittime sono state almeno 195. Erano abitanti di un campo rifugiati, uno dei tanti a Gaza o anche nella Cisgiordania occupata da Israele venuto su decenni fa. Non tendopoli ma città vere e proprie, con case e palazzi addossati gli uni agli altri, sovraffollati e con servizi carenti. Secondo stime rilanciate oggi dall’emittente Al Jazeera, a Gaza sono profughi o figli e nipoti di profughi oltre sei palestinesi su dieci.

Molti abbandonarono le loro case nel 1948, l’anno della “nakba“, la “catastrofe“, quando circa 700mila palestinesi dovettero lasciare terre e villaggi a causa del conflitto seguito alla nascita dello Stato di Israele. Molte delle famiglie che vivono a Gaza sono così originarie di città e distretti come Lod o Ramle, sotto la sovranità di Tel Aviv ormai da più di 70 anni. Nuovi sfollamenti seguirono la guerra del 1967. E fu peraltro allora che la Striscia passò dall’Egitto, che l’aveva governata per quasi 20 anni, a Israele, che l’avrebbe occupata per quasi altri 40, prima del ritiro degli ultimi coloni nel 2005, della presa del potere da parte di Hamas e dell’adozione da parte di Tel Aviv di una serie di restrizioni anche rispetto alla possibilità per gli abitanti di spostarsi.

Jabalia è il campo profughi più popoloso di Gaza. Altri sono Shati, Khan Younis e Nuseirat, dove vivono rispettivamente 90mila, 88mila e 85mila persone. Tutti sono venuti su dopo la “nakba”, proprio come in Cisgiordania. È in questa regione che si trova Aida, non lontano da Betlemme, all’ombra del muro di separazione costruito da Israele a partire dal 2002. Sui tetti degli edifici si vedono file di bidoni bianchi, di alluminio che brillano al sole o ricoperti di plastica nera: sono container per l’acqua, uno dei problemi più pressanti per i profughi palestinesi.

Fino al 2022, Jolie è stata inviata speciale dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). Le sue accuse su Jabalia sono affidate a un post su Instagram. Accanto all’immagine del cratere aperto tra le case dal raid israeliano l’attrice denuncia che a Gaza circa quattro persone uccise su dieci erano bambini. “Rifiutandosi di chiedere un cessate il fuoco umanitario e impedendo al Consiglio di sicurezza di imporlo a entrambe le parti”, sottolinea Jolie, “i leader mondiali sono complici di questi crimini”.

A Gaza, dopo gli assalti di Hamas del 7 ottobre, sarebbero detenuti a oggi oltre 230 ostaggi israeliani.