Sindrome di Crigler-Najjar, la terapia genica si conferma efficace a un anno e mezzo dal trattamento. Pubblicati i risultati dello studio clinico sul farmaco
Uno studio clinico, pubblicato sul New England Journal of Medicine, conferma la sicurezza e l’efficacia sull’essere umano della nuova terapia genica sperimentale per la cura della sindrome di Crigler-Najjar, una malattia genetica ultra-rara che impedisce all’organismo di eliminare la bilirubina. L’unica terapia risolutiva per tenere sotto controllo questa sostanza, tossica ad alte concentrazioni per l’organismo e causa di danni cerebrali irreversibili, è finora il trapianto di fegato.
Il dato più rilevante che emerge dallo studio è che per tre pazienti, trattate con la dose più alta due anni fa dai medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è stata dimostrata l’efficacia nel correggere la malattia. Non più costrette a sottoporsi di notte alle lampade a raggi ultravioletti per ridurre i livelli di bilirubina in eccesso, per queste pazienti è iniziata una nuova vita ‘senza luce blu’. Le pazienti sono state curate da un’equipe guidata da Lorenzo D’Antiga, Direttore della Pediatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, sperimentatore principale del trial clinico e primo autore dello studio.
“Lo studio ha dimostrato il ripristino dell’espressione del gene UGT1A1, responsabile della sindrome, e un’ampia riduzione dei livelli di bilirubina, rimasta al di sotto del livello tossico per 80 settimane o più dal giorno del trattamento”, spiega D’Antiga. “Siamo di fronte alla prima prova in assoluto dell’efficacia sull’essere umano di una terapia genica in una malattia metabolica del fegato. Questa terapia potrà in futuro scongiurare il trapianto di fegato, l’unica soluzione definitiva per i pazienti con la sindrome di Crigler-Najjar. I risultati sono entusiasmanti e ci spingono a proseguire il progetto in rete con i nostri partner internazionali. Ora puntiamo anche a nuove sperimentazioni sulle malattie genetiche del fegato”.
La terapia si avvale di un virus innocuo, il cui corredo genetico è stato sostituito con il gene da correggere. Il virus, chiamato in gergo tecnico “adeno-associato”, entra nelle cellule epatiche, raggiunge il nucleo e libera il piccolo frammento genetico che va a posizionarsi accanto al DNA della paziente, senza modificarlo. Da questo momento il ‘gene terapeutico’ inizia a produrre la proteina che i cromosomi originari non erano in grado di sintetizzare, a causa della mutazione che determina la malattia.
La sperimentazione internazionale è promossa da Généthon (Organizzazione fondata da AFM-Telethon, associazione di pazienti che organizza il Théléthon francese) e sostenuta da un finanziamento della Commissione Europea nel programma Horizon 2020. Le cinque pazienti finora trattate con questa innovativa terapia sono state arruolate da tre centri europei che fanno parte del consorzio scientifico CureCN.
Parole di apprezzamento arrivano da Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’ASST Papa Giovanni XXIII: “Il nostro Ospedale crede nelle terapie avanzate come parte integrante di un processo di continuo miglioramento dell’efficacia dell’attività clinica per i nostri pazienti. Il Papa Giovanni XXIII, anche grazie ad una intensa attività clinica e di ricerca nel settore dei trapianti, è tra i centri di riferimento in Europa per la cura delle malattie epatiche nei bambini, comprese quelle rare, che hanno impatti devastanti sulla vita dei bambini e delle loro famiglie”.
Maria Beatrice Stasi, direttore generale della ASST Papa Giovanni XXIII, dichiara: “La ricerca si conferma tra i principali asset strategici del nostro Ospedale, come evidenziato nel nostro Piano Organizzativo Strategico. La numerosità e la rilevanza della ricerca svolta dai nostri clinici trova anche con questa prestigiosa pubblicazione una ulteriore conferma delle competenze in nostro possesso e dell’impegno ogni giorno profuso per il progresso della medicina e per la cura delle patologie più severe quali facce di una stessa medaglia”.
“Occorre riconoscere come, ancora una volta, i nostri ospedali siano altamente all’avanguardia non solo dal punto di vista della cura della patologia ma anche da quello della ricerca scientifica”, commenta l’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso. “La terapia genica si è già rivelata efficace per il trattamento di diverse malattie e continua a dimostrarsi promettente per molte altre, tra le quali malattie rare finora considerate incurabili. Faccio i miei complimenti ai ricercatori coinvolti nello studio e ringrazio tutti coloro che hanno collaborato al raggiungimento del risultato clinico più importante: la guarigione delle pazienti”.