Nestlé ha l’obiettivo di creare un fertilizzante a basso contenuto di carbonio a partire dal riciclo dei gusci di cacao
Un nuova sinergia è stata messa in atto da Nestlé con l’obiettivo di creare un fertilizzante a basso contenuto di carbonio a partire dal riciclo dei gusci di cacao. I gusci di cacao sono forniti da Cargill, da oltre 60 anni fornitore Nestlé con sede a York in Inghilterra, mentre il processo di lavorazione e resa in pellet adatto per fertilizzare la terra è stato compiuto dalla CCm Technologies. La sperimentazione, già in atto nel Regno Unito, avrà la durata complessiva di due anni. Il progetto e la supervisione sono stati affidati all’azienda Fera Science Ltd che dovrà valutare se il fertilizzante sarà adeguato sia per la produzione agricola del grano destinato alla multinazionale svizzera sia per il controllo della salute del suolo.
Il riciclo dei gusci di cacao permetterà di creare una catena di approvvigionamento a basse emissioni di carbonio che potrebbe influenzare l’intero Regno Unito. La produzione e l’uso di fertilizzanti, ad oggi, incide per il 5% a livello globale sulle emissione dei gas serra. I primi risultati sono incoraggianti: al termine del raccolto del grano avvenuto quest’anno sono state compiute delle analisi sui terreni trattati con questa nuova formula di fertilizzante e non sono emerse differenze significative da un punto di vista della resa produttiva e qualitativa. Se il progetto darà i risultati sperati sarà possibile produrre fino a 7000 tonnellate di fertilizzante che potrà essere offerto agli agricoltori fornitori di grano del colosso svizzero offrendo un prodotto sicuro e sostenibile per le colture e per l’ambiente.
Questo progetto rientra in una serie di soluzioni innovative che la multinazionale, attiva nel settore alimentare sia umano sia animale, ha messo in atto per contribuire al raggiungimento delle emissioni nette pari a zero entro il 2050. L’agricoltura rigenerativa è anche un elemento chiave nel “Piano Cacao” di Nestlé che sta creando una catena di approvvigionamento più sostenibile nei Paesi di produzione del “cibo degli dei” da cui si approvvigiona come il Ghana e la Costa D’Avorio.