Due neonati sarebbero morti soffocati dalla madre: arrestata a Pedrengo, in provincia di Bergamo, una 27enne incastrata dall’esame autoptico
Avrebbe ucciso i suoi due figli neonati, soffocandoli a distanza di un anno uno dopo l’altro, perché non in grado di reggere la frustrazione del loro pianto prolungato. Per questo una donna di 27 anni, Monia Bortolotti, questa mattina è stata arrestata dai carabinieri a Pedrengo (in provincia di Bergamo) e condotta in carcere sulla base di un’ordinanza firmata dal gip di Bergamo. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bergamo e condotte dalla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Bergamo, hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico della donna, che avrebbe causato la morte della sua prima figlia Alice di soli 4 mesi il 15 novembre 2021, e del secondo figlio Mattia, di appena due mesi, il 25 ottobre 2022, data in cui era anche iniziata l’attività di indagine. L’arrestata ha origini indiane ma è in Italia da una vita perchè adottata da una famiglia di Bergamo.
I SOSPETTI DOPO LA MORTE DEL SECONDO FIGLIO
Le indagini sulla donna sono partite dopo la morte del piccolo Mattia, anche in questo caso avvenuta quando la donna era sola in casa. Era stata lei a chiamare i soccorsi quel giorno, proprio come nel novembre dell’anno prima, quando nello stesso modo era morta l’altra bambina di quattro mesi. Tutto troppo strano per non destare sospetti. Le analogie con la precedente morte della prima figlia hanno subito allertato i Carabinieri e portato a forti sospetti sulle cause del decesso. Per questo l’Autorità Giudiziaria, in quei giorni dell’ottobre 2022, aveva disposto l’autopsia del corpicino.
INCASTRATA DALL’AUTOPSIA: IL PICCOLO SOFFOCATO MECCANICAMENTE
L’esito dell’esame autoptico, arrivato a febbraio 2023, portava alla luce la circostanza per cui la morte del piccolo Mattia era stata causata “inequivocabilmente da una asfissia meccanica acuta da compressione del torace“: secondo gli investigatori, tale asfissia meccanica era stata ottenuta attraverso “un’azione volontaria, che evidenziava l’obiettivo di causare la morte del bambino”.
Le evidenze investigative avevano quindi reso indispensabile una rivalutazione delle cause della morte della prima figlia. Anche in quell’occasione a casa era presente solo la madre, la quale aveva riferito di aver dato il latte alla bambina e di averla fatta digerire in braccio fino a farla addormentare, per poi constatare, dopo essersi fatta una doccia, che la piccola, distesa nella propria culla, era diventata cianotica e non respirava più.
RIESUMATO IL CORPO DELLA PICCOLA MORTA L’ANNO PRIMA
Il medico intervenuto, nel constatare il decesso della bambina, in assenza di evidenti segni esteriori visibili all’esame esterno, aveva dichiarato di aver aspirato abbondante latte dal tubo endotracheale della bambina e aveva quindi spiegato che probabilmente la nascita prematura della stessa, nata di 7 mesi, aveva comportato un deficit della deglutizione, così da ritenere che la morte fosse avvenuta per cause naturali, riconducibili alla Sudden Infant Death Syndrome (SIDS), comunemente nota come ‘morte in culla’, che consiste nella morte improvvisa e inaspettata del lattante, senza che fossero necessari ulteriori approfondimenti, consentendo il successivo seppellimento della salma.
Così il Pubblico Ministero disponeva nel cimitero di Pedrengo, a distanza di quasi due anni dai funerali della piccola, la riesumazione del suo cadavere per effettuare l’esame autoptico. Purtroppo il pregresso danneggiamento della bara non aveva consentito una buona conservazione della salma della bambina, motivo per il quale l’esame in questione era risultato inevitabilmente falsato e non aveva restituito informazioni risolutive per le investigazioni in corso.
ASCOLTATI PARENTI, AMICI E MEDICI
Ciò nonostante l’indagine, proseguita in modo tradizionale, attraverso numerose escussioni di medici, parenti, specialisti e amici della donna, nonché attraverso l’analisi della documentazione medica acquisita, consentiva, anche in relazione alla morte della prima figlia, di far emergere “gravi indizi di colpevolezza a carico della donna”, risultati in particolare da una serie di dichiarazioni discordanti fornite dall’indagata nel corso del tempo, che non avevano trovato corrispondenza con quanto accertato dai carabinieri: la bambina, sebbene nata pretermine e leggermente sottopeso, all’atto delle dimissioni dal nido e nelle successive visite pediatriche era una bambina sostanzialmente sana, come il fratello. Pertanto la morte era “verosimilmente” avvenuta non per cause naturali, ma per asfissia, così da non lasciare sul cadavere segni esteriori visibili all’esame esterno, ma al tempo stesso compatibile sia con una condotta omicida analoga a quella utilizzata dall’indagata nei confronti del secondo genito, sia con l’utilizzo di un cuscino.
ERA STATA LA DONNA A PARLARE DI UN CUSCINO
Era stata proprio la donna, a un certo punto, quando aveva saputo di essere indagata, a parlare di un cuscino come possibile causa del soffocamento accidentale della piccola Alice. Così, all’esito degli accertamenti effettuati, il quadro indiziario delineato individuava la causa scatenante dell’azione infanticida, per entrambi i delitti, nell’incapacità della madre di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini, escludendone la possibile connotazione colposa.
LA DONNA AVREBBE AGITO IN MODO “RAZIONALE E FREDDO”
Nel corso dell’indagine non è emerso, dall’esame della documentazione sanitaria dell’indagata prima e dopo gli eventi criminosi, un disturbo di tipo psichico della donna, pertanto si ritiene che la stessa abbia agito nella “piena capacità di intendere e di volere, apparendo lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza“, caratteristiche palesate, tra l’altro, nell’organizzazione della propria difesa, dopo aver scoperto di essere sospettata dei due infanticidi.
Il G.I.P. presso il Tribunale di Bergamo, concordando con l’ipotesi investigativa formulata dalla Procura, ha emesso dunque nei confronti della donna, presunta responsabile del duplice omicidio, l’ordinanza di custodia cautelare in carcere che è stata eseguita questa mattina, evidenziandone la “spiccata pericolosità sociale” e un “concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato”.
FONTE: Agenzia di stampa Dire (www.dire.it).