Fibrillazione atriale: negli anziani fragili, warfarin superiore agli anticoagulanti orali ad azione diretta secondo lo studio FRAIL-AF
Il passaggio dal trattamento con antagonista della vitamina K (VKA) ad un anticoagulante orale non antagonista della vitamina K (DOAC) nei pazienti anziani fragili con fibrillazione atriale non valvolare si associa ad un maggior numero di complicazioni emorragiche rispetto al proseguimento del trattamento con VKA. Questo il risultato principale, in parte inatteso, proveniente dallo studio FRAIL-AF, presentato nel corso di una sessione Hot Line al Congresso ESC 2023 e, in contemporanea, pubblicato sulla rivista Circulation (1).
I presupposti dello studio
Come è noto, nei pazienti con fibrillazione atriale (FA), i DOAC sono preferiti ai VKA per la prevenzione dell’ictus (2). Fin da quando il primo inibitore della trombina, il dabigatran, seguito a breve distanza dagli inibitori del fattore Xa, l’apixaban, il rivaroxaban e l’edoxaban, sono entrati in sperimentazione clinica un decennio e mezzo fa, la classe dei NOAC si è sempre dimostrata superiore rispetto al warfarin in termini di safety, unitamente al vantaggio di assumere un farmaco orale non necessitante del monitoraggio periodico dell’INR.
Tuttavia, gli studi condotti con i NOAC avevano escluso i pazienti anziani, in particolare quelli con fragilità. Dato che questa popolazione è particolarmente soggetta a cadute ed emorragie, si era ipotizzato che anche i pazienti fragili avrebbero probabilmente ottenuto risultati migliori con i nuovi farmaci.
Mentre la prevalenza della fragilità nella popolazione generale si attesta intorno al 12%, questa sale al 18% negli adulti più anziani, un gruppo che, notoriamente, è quello che presenta un rischio maggiore di FA (fibrillazione atriale) e ictus.
Le linee guida ESC attuali sulla FA, hanno ricordato gli autori dello studio, specificano, a partire dal 2020, che i pazienti con FA di nuova diagnosi dovrebbero essere avviati alla somministrazione di un NOAC (classe IA); inoltre, coloro che sono in terapia con warfarin con tempi ridotti di permanenza nel range terapeutico (TTR) dovrebbero anch’essi passare a trattamento con un DOAC (2).
Un documento di consenso di esperti del 2023 sulla gestione delle aritmie nella fragilità, redatto dalla European Heart Rhythm Association, si è spinto oltre, suggerendo che i vantaggi derivanti dall’impiego di un NOAC rispetto al warfarin sono “probabilmente coerenti nei pazienti con FA fragili e non fragili” (3).
Fino ad ora, tuttavia, vi erano dati limitati sul confronto tra VKA e DOAC nei pazienti anziani fragili con FA e non è chiaro se quelli attualmente trattati con VKA debbano passare ai NOAC.
Di qui la messa a punto dello studio FRAIL-AF che si è proposto di verificare se il passaggio dal trattamento con VKA a quello con DOAC fosse superiore in termini di complicanze emorragiche maggiori e/o clinicamente rilevanti non maggiori in pazienti anziani fragili con fibrillazione atriale (1).
Caratteristiche dello studio
I pazienti dello studio FRAIL-AF, reclutati in ambiente extra-ospedialiero, erano affetti da FA non valvolare, avevano almeno 75 anni di età, un punteggio di fragilità (nello specifico il Groningen Frailty Indicator) pari o superiore a 3 ed erano in trattamento con VKA presso uno dei sette centri per la trombosi partecipanti al trial, dislocati sul territorio dei Paesi Bassi. I pazienti con grave insufficienza renale (tasso di filtrazione glomerulare stimato inferiore a 30 mL/min/1,73 m2) o con fibrillazione atriale valvolare sono stati esclusi dalla randomizzazione.
I partecipanti allo studio sono stati randomizzati, in aperto, secondo uno schema 1:1, ad un regime di trattamento che prevedeva lo switch da un VKA ad un NOAC o a continuare il trattamento con un VKA.
Sono stati utilizzati tutti e quattro i DOAC disponibili e la scelta del DOAC è stata lasciata a discrezione del medico curante. Il DOAC più frequentemente utilizzato è stato rivaroxaban (50,2%), seguito da apixaban (17,4%), edoxaban (16,5%) e dabigatran (8,6%). La durata del follow-up è stata di 12 mesi.
Outcome primari e secondari
L’outcome primario era rappresentato dal sanguinamento maggiore o da quello non maggiore clinicamente rilevante, a seconda di quale si verificasse per primo, tenendo conto dell’evento letale come rischio concorrente.
Le analisi intention-to-treat sono state stratificate per la funzione renale.
Tra gli outcome secondari avevamo gli eventi tromboembolici – ictus ischemico, attacco ischemico transitorio e/o tromboembolia arteriosa periferica.
Risultati principali
I ricercatori del trial hanno reclutato, tra gennaio 2018 e aprile 2022, 1.330 pazienti, randomizzando ad uno dei gruppi in studio sopra indicati. I pazienti avevano un’età media di 83 anni, con un 38,8% di donne.
Dopo 163 eventi di outcome primario (101 nel braccio di pazienti sottoposti a switch terapeutico, 61 nel braccio di pazienti sottoposti a trattamento ininterrotto con VKA) il trial è stato interrotto su indicazioni del Data Safety and Monitoring Board a seguito di un’analisi prespecificata.
Dai dati ad un anno è emerso che l’outcome primario composito del sanguinamento maggiore e di quello clinicamente rilevante è stato verificato nel 9,4% dei pazienti del braccio VKA e nel 15,3% dei pazienti del braccio NOAC (HR: 1,69; IC95%:1,23-2,32).
Analizzati separatamente, i tassi di emorragia maggiore (2,4 vs 3,6; HR: 1,52; IC95% CI: 0,81-2,87) e di emorragie clinicamente rilevanti (7,4 vs 12,9; HR: 1,77; IC95%: 1,24-2,52) erano tutti significativamente inferiori nel braccio VKA.
Lo stesso trend è stato osservato per l’outcome secondario degli eventi tromboembolici.
Nello specifico:
– L’HR di eventi tromboembolici è risultato pari a 1,26 (IC95%: 0,60-2,61)
– Sono stati registrati 6 eventi tromboembolici nel braccio DOAC versus 13 nel braccio VKA, che hanno determinato tassi di incidenza di 2,6 (IC95%: 1,5-4,3) e 2,1 (IC95%: 1,1-3,6) per 100 pazienti-anno, rispettivamente
I commenti allo studio
“Il passaggio dal trattamento con VKA a un DOAC nei pazienti anziani fragili con fibrillazione atriale è stato associato ad un maggior numero di complicazioni emorragiche rispetto al mantenimento di un VKA – ha concluso Linda Joosten, MD (University Medical Center Utrecht, Paesi Bassi), che ha presentato lo studio al congresso – Questo maggior rischio di sanguinamento con i DOAC non è stato compensato da un minor rischio di eventi tromboembolici”.
Pertanto, in assenza di un’indicazione chiara, i dati suggeriscono di non prendere in considerazione lo switch da un trattamento con VKA ad un trattamento con DOAC nei pazienti anziani fragili con FA non valvolare.
Nel commentare quanto osservato, Joosten ha ammesso che “…I risultati sono stati diversi da quelli che ci aspettavamo. L’ipotesi valutata in questo studio di superiorità era che il passaggio da un VKA a un DOAC portasse a un numero minore di sanguinamenti; abbiamo, invece, osservato il contrario”.
Anche Il moderatore della sessione nel corso della quale è stato presentato lo studio, Carlos Aguiar, MD (Hospital Santa Cruz, Lisbona, Portogallo), ha definito i risultati “sorprendenti”.
Le sue conclusioni, però, invitano alla prudenza: “In assenza di dati di studi randomizzati controllati, dovremmo essere molto cauti nell’estrapolare i dati degli studi di riferimento a popolazioni non arruolate in tali studi – ha aggiunto”.
Bibliografia
1) P.T. Joosten LPT et al. Safety of switching from a vitamin K antagonist to a non-vitamin K antagonist oral anticoagulant in frail older patients with atrial fibrillation: results of the FRAIL-AF randomized controlled trial. Circulation. 2023;Epub ahead of print.
Leggi
2) Hindricks G et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J. 2020;42:373–498.
3) Savelieva I et al. EHRA expert consensus document on the management of arrhythmias in frailty syndrome, endorsed by the Heart Rhythm Society (HRS), Asia Pacific Heart Rhythm Society (APHRS), Latin America Heart Rhythm Society (LAHRS), and Cardiac Arrhythmia Society of Southern Africa (CASSA). Europace. 2023;25:1249–1276.