La fiction su Rai 1 è ispirata al massacro del Circeo e ripercorre la vicenda di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, attirate in una villa e poi violentate e picchiate
La storia del massacro del ’75 e del processo che ne seguì visti, per la prima volta, dalla parte delle donne: le vittime, le loro avvocate e la sopravvissuta. La racconta “Circeo”, la serie in tre puntate premiata ai Nastri D’argento 2023 come miglior docuserie, diretta da Andrea Molaioli e scritta da Flaminia Gressi, Lisa Nur Sultan e Viola Rispoli (che firma anche come head writer), in onda il 14, il 21 e il 28 novembre alle 21.30 su Rai 1, in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della violenza contro le donne.
La serie – prodotta da Cattleya in collaborazione con Rai Fiction, Paramount Television International Studio e Paramount+ – racconta una storia privata e pubblica insieme: il dramma delle vittime e la difficile rinascita della sopravvissuta, Donatella Colasanti, ma anche un evento spartiacque nel cammino di emancipazione delle donne italiane, che in un crimine così agghiacciante trova la miccia per pretendere la revisione della legge sulla violenza sessuale.
“La serie ‘Circeo’ – dice Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction – nasce dalla convinzione che, per il servizio pubblico, la fiction sia il linguaggio attraverso cui raccontare temi, conflitti ed emergenze della contemporaneità. Ritornare, quindi, a quel delitto efferato e al processo che ne seguì significa toccare uno snodo decisivo della nostra storia civile e ricordare una presa di coscienza collettiva che avrebbe portato, da ultimo, alla legge 66 del 1996 in cui lo stupro venne considerato un crimine contro la persona e non più contro la morale pubblica. Presentare questa serie in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è per noi un motivo di orgoglio e la conferma della grande responsabilità del servizio pubblico e della funzione educativa del nostro racconto popolare”.
È il 29 settembre del 1975 quando, nel quartiere popolare della Montagnola a Roma, Donatella Colasanti (Ambrosia Caldarelli) e Rosaria Lopez (Adalgisa Manfrida), due adolescenti piene di vita e di sogni, si preparano a uscire con dei ragazzi della Roma “bene”, da poco conosciuti. Non sanno che alcuni di loro hanno dei precedenti penali e non immaginano certo che quella gita presto diventerà un incubo. Le due ragazze, infatti, vengono sequestrate, picchiate e violentate per ore in una villa al Circeo. E, alla fine, rinchiuse nel bagagliaio di una macchina perché credute morte.
La mattina del 1° ottobre, in un’auto lasciata in viale Pola, a Roma, le due ragazze vengono ritrovate. Avvolte, nude, nelle coperte. Una è morta. L’altra è viva: Donatella.
La notizia del delitto del Circeo scuote l’Italia. Il processo che segue viene raccontato quotidianamente da tutti i giornali nazionali. Donne da ogni angolo del Paese si presentano al Tribunale di Latina per sostenere Donatella e assicurarsi che gli assassini siano condannati all’ergastolo. Da quel momento Donatella diventa un simbolo del movimento femminista perché la posta in gioco è alta: cambiare la mentalità di un Paese in cui lo stupro non è considerato un crimine contro la persona, bensì un’offesa alla pubblica morale.
A difendere Donatella c’è Teresa Capogrossi (personaggio di fantasia interpretato da Greta Scarano), giovane e ambiziosa avvocata che lavora prima per il noto penalista Fausto Tarsitano (interpretato da Enrico Ianniello) e poi per Tina Lagostena Bassi (interpretata da Pia Lanciotti), impegnata in prima linea per la riforma della legge sulla violenza sessuale.
La serie copre l’arco temporale che va dal giorno che precede il delitto (29 settembre 1975) fino al processo di secondo grado (ottobre 1980) e affronta i passaggi cruciali del percorso di Donatella Colasanti: da anonima ragazzina di periferia a vittima che, suo malgrado, occupa le prime pagine di tutti i giornali; da icona del movimento femminista a donna finalmente consapevole che rivendica la libertà di essere soltanto sé stessa, errori compresi.
La televisione e i giornali fanno da sfondo alla storia per raccontare le mode, i gusti, gli eventi dell’epoca. Il rigore e la crudezza del massacro e del processo si scontrano con la voglia di leggerezza di una ragazza che non si arrende a essere solo una vittima, ma che invece vuole vivere, ascoltare musica, ballare e innamorarsi come le sue coetanee.
“Questa storia – spiega Andrea Molaioli nelle note di regia – ci racconta un’epoca, ma ci riporta continuamente al presente perché la cultura che ha alimentato quella violenza o altre simili è oggi tutt’altro che debellata e perché le conquiste sociali e civili che sono state raggiunte nel tempo vanno strenuamente difese anche con l’uso della memoria e della conoscenza della storia”.
Per questo, la lotta di Donatella Colasanti per riappropriarsi della libertà e del diritto a vivere la sua vita “ci aiuta a ricordare – aggiunge Molaioli – di puntare sempre i riflettori verso i responsabili e non, come purtroppo ancora oggi spesso accade, verso chi la violenza la subisce”.