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Tumore al polmone con mutazioni EGFR: patritumab deruxtecan efficace

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Tumore del polmone non a piccole cellule EGFR-mutato: il nuovo coniugato anticorpo-farmaco patritumab deruxtecan assicura risposte durature

In pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato portatori di mutazioni di EGFR e andati in progressione dopo il trattamento con un inibitore tirosin-chinasico (TKI) diretto contro l’EGFR e la chemioterapia a base di platino, il trattamento con il nuovo coniugato anticorpo-farmaco (ADC) patritumab deruxtecan ha mostrato un’efficacia clinicamente significativa e duratura nello studio di fase 2 HERTHENA-Lung01, presentato da poco a Singapore durante la Conferenza mondiale sul cancro al polmone (WCLC) e pubblicato in contemporanea sul Journal of Clinical Oncology.

Nei 225 pazienti inclusi nello studio, il tasso di risposta obiettiva (ORR) confermato è risultato del 29,8% (IC al 95% 23,9%-36,2%) e un paziente ha ottenuto una risposta completa. Il tasso di controllo della malattia (DCR) è risultato del 73,8% (IC al 95% 67,5%-79,4%) e la durata mediana della risposta (DOR) è stata di 6,4 mesi (IC al 95%, 4,9-7,8).

La mediana della sopravvivenza libera da progressione (PFS) è risultata di 5,5 mesi (IC al 95% 5,1-5,9) e dei 210 pazienti per i quali era disponibile la valutazione delle lesioni target al basale e post-basale, la maggior parte ha mostrato una riduzione delle dimensioni del tumore. Inoltre, la mediana della sopravvivenza globale (OS) è stata di 11,9 mesi (IC al 95%,11,2-13,1).

«I risultati dello studio HERTHENA-Lung01 forniscono prove convincenti dell’efficacia di patritumab deruxtecan in pazienti pesantemente pretrattati con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato, con EGFR mutato», ha affermato la prima autrice dello studio Helena A. Yu, oncologa toracica del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, in un comunicato stampa. «L’efficacia clinicamente significativa osservata in pazienti con un’ampia gamma di espressione di HER3 e diversi meccanismi di resistenza ai TKI dell’EGFR, nonché l’attività antitumorale osservata in pazienti con metastasi cerebrali, evidenziano il potenziale di patritumab deruxtecan di diventare un’importante opzione terapeutica per una popolazione di pazienti con cancro ai polmoni che al momento dispone di opzioni terapeutiche limitate».

Forte bisogno non soddisfatto di terapie efficaci
La Yu ha spiegato che il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato EGFR-mutato tipicamente comprende due o più regimi a base di TKI dell’EGFR. «Attualmente, lo standard di cura per i pazienti che vanno in progressione durante o dopo un trattamento con un TKI è rappresentato dalla chemioterapia a base di platino e le terapie di salvataggio successive forniscono un beneficio limitato e soltanto transitorio», ha ricordato l’autrice.

Infatti, ha osservato l’oncologa, analisi condotte nella real life su pazienti trattati con il TKI di terza generazione osimertinib e poi la chemioterapia a base di platino hanno mostrato una PFS di 3,3 mesi, con un ORR stimato del 14,1%. Numeri che evidenziano chiaramente il forte bisogno esistente in questo setting, per ora non soddisfatto, di terapie efficaci.

In più, la Yu ha fatto notare che questa popolazione di pazienti presenta spesso metastasi cerebrali e che i nuovi farmaci in sviluppo dovrebbero essere in grado di tenere sotto controllo la malattia anche a livello del sistema nervoso centrale (SNC), oltre che a livello sistemico.

HER3 e patritumab deruxtecan
Il recettore HER3 è iperespresso in circa l’83% dei tumori del polmone non a piccole cellule, e nell’85-100% dei tumori portatori di mutazione attivanti dell’EGFR. La proteina è implicata nella resistenza ai TKI dell’EGFR ed è associata alla progressione metastatica e a una ridotta sopravvivenza libera da recidiva.

Patritumab deruxtecan (HER3-DXd) è un ADC diretto contro il recettore HER3 e formato da un anticorpo monoclonale anti-HER3 interamente umano (patritumab), legato in modo covalente a un inibitore della topoisomerasi I tramite un linker idrolizzabile basato su un tetrapeptide stabile e selettivo per i tumori.

Il farmaco ha ricevuto la designazione di terapia rivoluzionaria dalla Food and drug administration (Fda) nel dicembre 2021 per il trattamento di pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule metastatico o localmente avanzato EGFR-mutati, andati incontro a una progressione della malattia durante o dopo il trattamento con un TKI di terza generazione e terapie a base di platino. La decisione dell’agenzia regolatoria si è basata sui risultati dello studio di fase 1 U31402-A-U102 (NCT03260491), nel quale si è osservato un ORR del 39% (IC al 95% 26%-52%) in 57 pazienti trattati con un dosaggio pari a 5,6 mg/kg ogni 3 settimane. Inoltre, la PFS mediana è risultata di 8,2 mesi (IC al 95% 4,4-8,3) e il DCR è stato del 72% (IC al 95% 59%-83%). I dati di questo trial hanno posto le basi per lo studio HERTHENA-Lung01.

Lo studio HERTHENA-Lung01
HERTHENA-Lung01 (NCT04619004) è un trial registrativo che ha arruolato pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato ed EGFR-mutato che avevano mostrato una progressione della malattia durante la terapia sistemica più recente. Inoltre, i partecipanti dovevano essere stati trattati in precedenza con un TKI diretto contro l’EGFR e la chemioterapia a base di platino, e doveva essere disponibile un campione di tessuto tumorale prelevato prima del trattamento. Potevano essere arruolati anche pazienti con metastasi cerebrali asintomatiche inattive o precedentemente trattate.

I partecipanti sono stati inizialmente assegnati in modo casuale, secondo un rapporto 1:1, al trattamento con patritumab deruxtecan a una dose fissa pari a 5,6 mg/kg ogni 3 settimane oppure con uno schema di dosaggio incrementale. Tuttavia, dopo una valutazione del rapporto rischio-beneficio sui dati della fase 1, il braccio della titolazione è stato chiuso e al congresso di Singapore sono stati presentati solo i dati relativi al braccio trattato con 5,6 mg/kg.

L’endpoint primario era l’ORR confermato, valutato in modo centralizzato da revisori indipendenti in cieco (BICR), mentre la DOR valutata mediante BICR rappresentava l’endpoint secondario chiave.

Pazienti pesantemente pretrattati
I pazienti arruolati nello studio HERTHENA-Lung01 erano pesantemente pretrattati, avevano già effettuato una mediana di tre linee terapeutiche precedenti (range: 1-11) nel setting localmente avanzato/metastatico e mostravano caratteristiche prognostiche avverse. Il 26% aveva già effettuato due linee di trattamento e il 73% ne aveva effettuate due o più; il 93% era già stato trattato con un TKI dell’EGFR di terza generazione e il 40% con l’immunoterapia.

L’età mediana era di 64 anni (range: 37-82) e la maggior parte dei pazienti era di sesso femminile (59%), aveva un performance status ECOG pari a 1 (66%), aveva una storia di metastasi cerebrali (51%) e il 32% presentava evidenze radiologiche di metastasi cerebrali già al basale. Inoltre, il 36,9% dei pazienti presentava al basale segni radiologici di metastasi ossee e il 33,3% di metastasi epatiche.

Efficacia in vari sottogruppi di pazienti
Il trattamento con patritumab deruxtecan si è dimostrato efficace in vari sottogruppi di pazienti, tra cui quello dei 209 pazienti che erano stati precedentemente trattati con un TKI di terza generazione e la chemioterapia a base di platino. In questo sottogruppo, l’ORR confermato è risultato del 29,2% (IC al 95% 23,1%-35,9%) e si è ottenuta una risposta completa. Il DCR è risultato del 72,7% (IC al 95% 66,2%-78,6%), mentre la mediana di PFS è risultata di 5,5 mesi (IC al 95% 5,1-6,4) e la mediana di OS di 11,9 mesi (IC al 95%,10,9-13,1).

Inoltre, patritumab deruxtecan ha dimostrato di esercitare un’attività intracranica nel sottogruppo di 30 pazienti con metastasi cerebrali al basale che non erano stati sottoposti in precedenza alla radioterapia. In questo sottogruppo, l’ORR intracranico confermato è risultato del 33,3% (IC al 95% 17,3%-52,8%), con un tasso di risposte complete del 30%, un DCR del 76,7% (IC al 95% 57,7%-90,1%) e una mediana della DOR di 8,4 mesi (IC al 95% 5,8-9,2).

Profilo di sicurezza gestibile e tollerabile
Nello studio, patritumab deruxtecan ha mostrato un profilo di sicurezza gestibile e tollerabile.

La maggior parte dei pazienti ha manifestato un effetto avverso di qualsiasi grado emergente dal trattamento (TEAE) (99,6%). Il 64,9% ha manifestato TEAE di grado ≥3 e il 28,9% TEAE di grado ≥4.

I TEAE hanno richiesto la sospensione della somministrazione nel 40,4% dei pazienti, una riduzione del dosaggio nel 21,3%e l’interruzione definitiva del trattamento nel 7,1%.

La malattia polmonare interstiziale (ILD), un evento avverso di particolare interesse che rappresenta un effetto di classe degli ADC, ha avuto un incidenza del 5,3%. Altri TEAE comuni di grado 1 o 2 sono stati nausea (63%), trombocitopenia (44%), diminuzione dell’appetito (39%) e stitichezza (34%). Fra i TEAE di grado ≥3 sono stati riportati trombocitopenia (21%), neutropenia (19%), anemia (14%) e leucopenia (10%).

Ulteriori sviluppi
Patritumab deruxtecan è attualmente oggetto di sperimentazione in svariati altri studi.

Fra questi ci sono lo studio HERTHENA-Lung02 (NCT05338970), un trial di fase 3 in cui si confronta questo ADC con la chemioterapia a base di platino in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico, con mutazioni di EGFR, andati in progressione dopo la terapia con un TKI dell’EGFR di terza generazione, e uno studio di fase 1 (NCT04676477) in cui patritumab deruxtecan viene valutato combinazione con osimertinib in pazienti con tumore del polmone non a piccole EGFR-mutato andati in progressione dopo una terapia di prima linea con osimertinib o in pazienti non trattati in precedenza.

Bibliografia
H.A. Yu, et al. HERTHENA-Lung01, a phase II trial of patritumab deruxtecan (HER3-DXd) in epidermal growth factor receptor–mutated non–small-cell lung cancer after epidermal growth factor receptor tyrosine kinase inhibitor therapy and platinum-based chemotherapy. J Clin Oncol. Published online September 10, 2023. doi:10.1200/JCO.23.01476. Link

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