Omicidio Saman Abbas: chiesto l’ergastolo per il padre della ragazza


Omicidio Saman Abbas: chiesto l’ergastolo per il padre e 30 anni per zio e cugini della ragazza di Novellara uccisa nel 2021 per aver rifiutato nozze combinate

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Ergastolo per il padre Shabbar Abbas, carcere a vita per la madre Nazia Shaeen- ad oggi latitante- e 30 anni di reclusione per lo zio Danish Hasnain che ha portato gli inquirenti sul luogo della sepoltura della ragazza. Stessa richiesta anche per i cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq. Per tutti gli imputati è stata invece chiesta l’assoluzione per l’accusa di sequestro di persona. Sono le richieste di pena avanzate dalla Procura di Reggio Emilia per i cinque imputati della morte di Saman Abbas, la 18enne di Novellara uccisa nel 2021 dai familiari per aver rifiutato le nozze combinate con un parente in Pakistan. A formularle, dopo circa 10 ore di requisitoria, sono il procuratore capo Calogero Gaetano Paci e il sostituto Laura Galli, secondo cui l’omicidio della figlia “ribelle”, avvenuto il primo maggio di due anni fa, sarebbe stato organizzato fin dal 21 aprile precedente.

“LA DECISIONE FINALE DI UCCIDERLA L’HA PRESA IL PADRE”

Esaminando le singole posizioni, su Shabbar il pubblico ministero dice: “La decisione finale di uccidere Saman l’ha presa sicuramente lui. Non può essere l’esecutore materiale dell’omicidio perché non è mai stato fuori dalla visuale delle telecamere di sorveglianza, ma ha concorso materialmente al delitto portando la figlia fuori dove l’attendevano gli assassini e moralmente avendolo deciso”.

LA MADRE DI SAMAN “IMPASSIBILE, FREDDA, GLACIALE E MALVAGIA”

Per quanto riguarda la moglie di Shabbar Nazia Shaeen, che sfugge tuttora alla cattura, Galli evidenzia: “È senz’altro una vittima del marito che la picchiava, ma ha pienamente aderito a quei valori ed era convinta che Saman fosse morta per colpa sua, perché era una pazza e una disgrazia per la famiglia”.

Per il procuratore Paci la donna “con impassibilità, freddezza, glacialità e lucida malvagità, ha consegnato la figlia allo zio che l’ha uccisa”. Infine, fa notare Galli, la donna “dal Pakistan cercava di manipolare il figlio perché non raccontasse cosa era accaduto e appartiene ad una famiglia potente, con il fratello che minacciò la famiglia del fidanzato di Saman”.

LO ZIO “L’ESECUTORE MATERIALE DEL DELITTO”

Sullo zio Danish, il Pm afferma: “È senz’altro l’esecutore materiale del delitto ed era il piu partecipe di tutte le vicende degli Abbas. Conosceva la storia di Saman, dalle sue fughe al rifiuto del matrimonio, e si occupava del fratello minore”. Inoltre “sapeva dov’era Saman, come solo chi ha scavato poteva sapere e nell’interrogatorio di garanzia non ha detto una cosa vera”.

“TUTTI DENTRO IL DELITTO”

Infine i due cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq, “sapevano del piano per uccidere Saman e può essere che non la maltrattassero per non farla scappare. Ci sono dentro tutti“. Per l’accusa ci sono infine prove che i due cugini hanno contribuito alle fasi di scavo della buca dove Saman è stata sepolta. Nella prossima udienza, fissata per martedì prossimo, parleranno gli avvocati di parte civile.

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“LA FAMIGLIA ABBAS COME UNA ‘NDRINA”

La famiglia Abbas come una ‘ndrina calabrese, cioè una cosca della ‘ndrangheta. Il paragone lo fa Calogero Gaetano Paci, procuratore capo di Reggio Emilia, nella requisitoria contro i 5 parenti imputati per la morte di Saman, che sarebbe stata uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato.

Il procuratore fa in particolare riferimento al “sistema di valori” a cui tutti gli Abbas si attenevano e cita delle intercettazioni tra il capofamiglia Shabbar Abbas e il figlio minore, captate dopo il delitto, che “avevano come scopo quello di mantenere solida la struttura del clan“.

Paci si è quindi soffermato sulla figura del fratello minore di Saman, evidenziandone la “limitata capacità intellettiva data la minore età (all’epoca dell’omicidio, ndr)”. L’accusa ha così ridimensionato la figura di un testimone che le difese hanno secondo Paci “sopravvalutato”, solo per confutarne le dichiarazioni fatte contro i loro assistiti.

LE PAROLE DEL PROCURATORE NELLA REQUISITORIA

L’omicidio della 18enne pachistana Saman Abbas, avvenuta a Novellara l’1 maggio del 2021, è ” una vicenda terribile, di una tragicità immane“. In cui “la semplice laconicità del capo di imputazione indica il più odioso, atroce, aberrante e malvagio delitto che ci possa essere: quello commesso dai genitori verso una figlia, con l’aiuto di altri familiari (due cugini e uno zio)”. Così il procuratore capo di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci, ha iniziato questa mattina in Corte d’Assise la requisitoria nel processo iniziato quasi due anni e mezzo fa contro cinque imputati (di cui uno, la madre di Saman Nazia Shaeen, ancora latitante).

“NESSUNO HA AVUTO UN SENTIMENTO DI UMANA PIETÀ”

In un passaggio, Paci, rivolto direttamente verso l’imputato Shabbar Abbas, padre della ragazza, ha voluto anche sottolineare come “nessuno dei protagonisti di questo processo ha voluto mostrare un cedimento ad un sentimento di umana pietà per l’orrore e lo strazio compiuto verso questa ragazza”. Entrando nel merito dell’impianto accusatorio il magistrato ha poi premesso che qui “non esiste una prova regina del momento in cui Saman é stata uccisa o seppellita, ma una molteplicità di elementi, provenienti da fonti diverse, indipendenti dalla volontà degli imputati, che mettono davanti alla Corte una piattaforma indiscutibile”.

Paci ha quindi ringraziato i giudici popolari e la sostituta Laura Galli, “senza il cui impegno avremmo avuto un processo di fantasmi, senza imputati e senza le spoglie di Saman”.

Il primo argomento affrontato dal procuratore é stato poi quello degli accertamenti medico legali fatti dai periti, che hanno confermato la morte di Saman per rottura dell’osso ioide. Questo a riprova che “è stata uccisa” ed escludendo cioè, come ventilato dai legali del padre, che la morte di Saman possa essere avvenuta accidentalmente. Per quanto riguarda Shabbar Abbas, che oggi avrebbe voluto rilasciare dichiarazioni spontanee, i giudici hanno infine ritenuto che non è possibile dopo la conclusione dell’istruttoria, avvenuta martedì scorso. L’imputato, chiedendolo, potrà però parlare per ultimo prima del ritiro della Corte in Camera di consiglio.

FONTE: Agenzia di stampa Dire (www.dire.it).