Infarto del miocardio: benefici da un trattamento farmacologico aggressivo per ridurre i valori di LDL-C, basato sull’aggiunta di un inibitore di PCSK9
L’adozione di un trattamento farmacologico aggressivo per ridurre i valori di LDL-C, basato sull’aggiunta di un inibitore di PCSK9 (alirocumab, evolocumab) alla terapia con rosuvastatina ed ezetimibe sin dalla dimissione ospedaliera a seguito di un infarto del miocardio, è stata in grado di dimezzare i livelli di LDL-C, abbattendo il rischio di recidive di sindrome coronarica acuta, in una popolazione di pazienti infartuati e sottoposti ad angioplastica coronarica.
Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio basato sui dati del registro italiano JET-LDL, presentato nel corso del Congresso ESC (1).
Informazioni e obiettivi del registro JET-LDL
Il Registro JET-LDL è uno studio osservazionale che ha coinvolto 35 Ospedali di Piemonte, Lombardia e Liguria, coordinato dai dottori Giuseppe Musumeci (Cardiologia, Ospedale Mauriziano di Torino), Marco Ferlini e Luigi Oltrona Visconti (Cardiologia, Policlinico Sana Matteo, Pavia).
“L’obiettivo dello studio – ha spiegato ai nostri microfoni il Prof. Giuseppe Musumeci è stato, in primis, quello di valutare la terapia ipolipemizzante alla dimissione dei pazienti colpiti da sindrome coronarica acuta e sottoposti ad angioplastica coronarica in queste tre regioni del Paese. Il secondo obiettivo, invece, di diffondere sin dalla dimissione ospedaliera di questi pazienti un approccio al trattamento farmacologico con farmaci anti-colesterolo più aggressivo, già in uso presso l’Ospedale Mauriziano”.
I presupposti dello studio: l’esperienza pilota all’Ospedale Mauriziano
Il colesterolo LDL rappresenta il fattore causale più importante nei pazienti con infarto del miocardio e una sua riduzione dopo l’evento aumenta la sopravvivenza e riduce il rischio di recidive.
In base all’aggiornamento del 2019 delle linee guida congiunte ESC/EAS sulla gestione delle dislipidemie, si raccomandano, dopo una recente sindrome coronarica acuta (SCA), l’adozione di interventi farmacologici mirati ad una riduzione dei livelli di (C-LDL) ≥50% rispetto ai valori basali e il raggiungimento di una soglia <1.4 mmol/l (<55 mg/dl) (raccomandazione di classe I, livello di evidenza A (2).
Per raggiungere l’obiettivo di LDL-C, le linee guida raccomandano, nella pratica clinica, di ricorrere ad un’aggiunta graduale (4-6 settimane) di modifiche dello stile di vita più un trattamento farmacologico basato sull’impiego di statine ezetimibe e anticorpi monoclonali (inibitori della proprotein convertase subtilisin/ kexin type 9 – PCSK9i), in monoterapia o in associazione.
Nel mondo reale, tuttavia, la percentuale di pazienti trattata con la terapia ipolipemizzante raccomandata è inferiore all’atteso, con la conseguenza che solo una minoranza di pazienti raggiunge i target lipidici consigliati (stando ad alcune stime, solo il 20% dei pazienti riesce, con la terapia, a dimezzare i valori di LDL-C).
Lo studio JET-LDL nasce da un’esperienza pilota condotta presso l’ospedale Mauriziano nel 2020: “Ad aprile – racconta Musumeci – si è deciso di cambiare l’approccio alla terapia ipolipemizzante nella nostra struttura, partendo il prima possibile con l’impiego degli anticorpi monoclonali (PCSK9i) e della terapia combinata con rosuvastatina ed ezetimibe nei pazienti con sindrome coronarica acuta”.
Entrando nei dettagli:
– se il paziente era in trattamento con statine ed ezetimibe e presentava livelli di LDL-C superiori a 100 mg/dl – attualmente più di 70 mg con la nuova rimborsabilità relativa ai farmaci anti-LDL – si aggiungeva alla dimissione un anticorpo monoclonale PCSK9i
– se il paziente era in trattamento solo statine e presentava livelli di LDL-C indicati sopra, si aggiungevano alla dimissione sia ezetimibe che un PCSK9i
– se un paziente naive alla terapia presentava livelli di LDL-C superiori a 140 mg/dl, lo si dimetteva con una terapia triplice a base di rosuvastatina, ezetimibe e PCSK9i.
Presso la Cardiologia dell’Ospedale Mauriziano dei 1.024 pazienti reclutati, quasi un paziente su 4 (23%) era stato dimesso con la triplice terapia (statina, ezetimibe, PCSK9i) e dai risultati è emerso che in questi ultimi si osservava una drastica riduzione dei valori di LDL-C a 6 mesi di follow-up (LDL-C al basale 125 mg/dl vs 22 mg/dl a 6 mesi, p<0,001), con oltre il 98% dei pazienti con valori di LDL-C a target (<55 mg/dl); inoltre nel complesso il 92% di tutti i pazienti reclutati risultava a target a sei mesi (3).
Disegno dello studio JET-LDL
Visti i risultati di questo approccio al trattamento della dislipidemia, si è deciso di replicarne l’impiego nello studio Jet-LDL, condotto in 35 centri dislocati nelle regioni Piemonte, Lombardia e Liguria.
“In questo caso, però – ha notato Musumeci – sono stati arruolati pazienti colpiti da infarto e sottoposti ad angioplastica coronarica, dimissionati, ove possibile, con una terapia farmacologica intensiva che prevedesse l’impiego di anticorpi monoclonali (PCSK9i)”.
Lo studio è stato condotto nei primi 3 mesi del 2022. L’endpoint primario era rappresentato dalla riduzione di LDL-C a livelli superiori al 50% rispetto al basale o dal raggiungimento di concentrazioni di LDL-C <1.4 mmol/L (55 mg/dL) ad un mese.
Risultati principali
Sono stati inclusi 1.095 pazienti nello studio, aventi un’età mediana di 67 anni (58-75); di questi, il 35% era già in trattamento dislipidemico. I livelli di LDL-C al basale erano pari a 105 (76,5-137) mg/dl.
Alla dimissione ospedaliera, 442 pazienti (40%) erano stati sottoposti a trattamento con sole statine, 547 (50%) a trattamento combinato statine-ezetimibe e 93 (8,5%) ad aggiunta di un PCSK9i.
Dopo un mese, si è avuto un crollo significativo dei livelli di LDL-C a 53 (38-70) mg/dl (p<0,001 vs. basale). L’endpoint primario è stato soddisfatto nel 62% dei casi.
Sempre ad un mese, i livelli di LDL-C sono arrivati a target nel 55,5% dei pazienti trattati, mentre la prescrizione di PCSK9i non è aumentata.
Dopo 3 mesi, si è avuta una riduzione ulteriore dei livelli di LDL-C, che si sono attestati su valori pari a 50 (38-65) mg/dl (p<0.001 sia vs basale che ad un mese); il 58.5% dei pazienti ha raggiunto livelli di LDL-C a target, ed è stato aggiunto l’impiego di un PCSK9i in 7 pazienti.
Ottimizzazione del paradigma di trattamento: da “the lower is better” a “the sooner is better”
“L’esistenza di una associazione lineare tra una riduzione dose-dipendente per variazione unitaria dei livelli di LDL-C e il rischio di malattia CV è stata documentata da tempo in letteratura e ha portato alla definizione del paradigma di trattamento “the lower, the better” (meno colesterolo c’è, meglio è) ormai acclarato nella cura delle dislipidemie sottostanti in un paziente con infarto del miocardio pregresso – ricorda Musumeci ai nostri microfoni per commentare i risultati dello studio presentato al congresso”.
“Alla luce della nostra esperienza monocentrica all’Ospedale Mauriziano e dello studio JET-LDL – continua – è arrivato il momento di aggiungere (non sostituire) al paradigma attuale di trattamento il seguente: “the sooner, the better”, ovvero “il trattamento deve essere il più precoce possibile”.
I nuovi farmaci ipolipemizzanti, se somministrati già alla dimissione ospedaliera dopo l’evento acuto (infarto miocardico), portano rapidamente i valori del colesterolo sotto il limite indicato dalle recenti Linee guida internazionali per prevenire un secondo evento (55 mg/dl), e riducono quindi il rischio di morte cardiovascolare, ictus e/o di un nuovo infarto del 20 per cento.
I risultati dello studio suggeriscono fortemente di iniziare una terapia aggressiva già alla dimissione ospedaliera per raggiungere il livello target nella maggior parte dei pazienti.
Pertanto, è stata recentemente proposta la strategia “colpisci presto e colpisci forte”, invece del raccomandato “approccio graduale”, sulla base delle seguenti affermazioni (4): nei pazienti con ACS il rischio di un evento ricorrente è più probabile che si verifichi precocemente dopo l’evento indice (5); la relazione lineare tra livelli più bassi di LDL-C e la riduzione degli eventi venti più bassi è stata ampiamente stabilita (6); una terapia aggressiva precoce nella gestione della dislipidemia è significativamente associata ad un miglioramento del raggiungimento dell’obiettivo di LDL-C (9).
Peraltro, spiega Musumeci “…L’AIFA rende rimborsabili gli anticorpi monoclonali non solo nei pazienti con sindrome coronarica acuta ma anche in quelli che hanno avuto più di un evento CV nel corso della loro vita (es: pazienti con angioplastica o vasculopatia periferica pregressa, ri-ospedalizzati per sottoporsi nuovamente a procedura). Questo consente l’impiego in terapia triplice, anche nei pazienti che eseguono un angioplastica coronarica elettiva che hanno subito in passato un’altra angioplastica ho hanno sofferto di un altro evento cardiovascolare ”.
Lo studio ha documentato come l’impiego degli anticorpi monoclonali sia ancora troppo limitato nei pazienti con ACS sottoposti ad angioplastica coronarica. Sarebbe dunque opportuno, nell’ottica di un’ottimizzazione precoce della terapia contro la dislipidemia alla dimissione ospedaliera dopo un infarto del miocardio, includere fin da subito l’impiego di questi farmaci.
Bibliografia
1) Ferlini M et al. Target LDL cholesterol level in patients with acute coronary syndromes undergoing percutaneous coronary intervention: the JET-LDL registry. Poster P518; Presented at ESC 2023, Amsterdam
2) Mach F et al. 2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk. Eur Heart J 2020; 41: 111-188
3) Delnevo F et al. A real world single center experience with early use of triple lipid lowering therapy. Poster P599 ; Presented at ESC 2023, Amsterdam
4) Krychtiuk KA et al. Acute LDL-C reduction post ACS: strike early and strike strong: from evidence to clinical practice. A clinical consensus statement of the Association for Acute CardioVascular Care (ACVC), in collaboration with the European Association of Preventive Cardiology (EAPC) and the European Society of Cardiology Working Group on Cardiovascular Pharmacotherapy. Eur Heart J: Acute Cardiovasc Care 2022; 11: 939–949
5) Fox KAA et al. Prediction of risk of death and myocardial infarction in the six months after presentation with acute coronary syndrome: prospective multinational observational study (GRACE). BMJ 2006;333:1091–4
6) Boren J et al. Low-density lipoproteins cause atherosclerotic cardiovascular disease: pathophysiological, genetic, and therapeutic insights: a consensus statement from the European atherosclerosis society consensus panel. Eur Heart J 2020; 41: 2313–2330
7) Koskinas KC et al. Evolocumab for early reduction of LDL cholesterol levels in patients with acute coronary syndromes (EVOPACS). J Am Coll Cardiol 2019; 74: 2452–62.