Nuovo studio fa chiarezza sulla profilassi antibiotica, pratica comunemente utilizzata nei bambini nati con malformazioni congenite dei reni e delle vie urinarie
Qual è il ruolo della profilassi antibiotica nei bambini nati con malformazioni congenite ai reni e alle vie urinarie? È realmente utile oppure rischia solo di sviluppare un rischio di antibiotico-resistenza in pazienti già fragili?
La risposta arriva dai risultati dello studio europeo PREDICT, pubblicati oggi su New England Journal of Medicine, che chiariscono finalmente il ruolo della profilassi antibiotica. La ricerca è stata coordinata dal professor Giovanni Montini, docente di Pediatria dell’Università degli Studi di Milano e direttore della Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi Pediatrica – Trapianti di Rene del Policlinico di Milano, e dal dottor William Morello del suo staff medico.
I bambini nati con malformazioni congenite dei reni e delle vie urinarie sono infatti a elevato rischio di insufficienza renale, dialisi e trapianto di rene rispetto a chi nasce con reni normali. Questi bambini, purtroppo, sviluppano molte infezioni sintomatiche delle vie urinarie (pielonefriti), che potrebbero lasciare cicatrici renali e peggiorare la funzione dei reni nel tempo. Per questo motivo, per molti decenni, sono stati sottoposti a profilassi antibiotica prolungata (piccole dosi di antibiotico quotidiane per anni) per cercare di ridurre le infezioni e preservare la funzione dei reni, ma nessuno studio prima di PREDICT aveva stabilito se questa pratica fosse realmente utile.
Lo studio è stato condotto in 39 centri pediatrici provenienti da 6 Paesi Europei ed è riuscito ad arruolare oltre 290 lattanti nei primi 4 mesi di vita, con una malformazione congenita rara ai reni (reflusso vescico-ureterale). I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi, di cui solo uno ha eseguito la profilassi antibiotica per 2 anni. Tutti i bambini sono stati strettamente monitorati e trattati per eventuali infezioni urinarie.
I risultati indicano che la profilassi antibiotica riduce il rischio di infezioni delle vie urinarie di circa il 15%, che la maggior parte (2 su 3) dei bambini con reflusso vescico-ureterale non sviluppa infezioni. Tuttavia, allo stesso tempo la profilassi non modifica il rischio di danno renale o di riduzione della funzione renale dopo 2 anni e allo stesso tempo, aumenta le infezioni da germi aggressivi come Pseudomonas aeruginosa e lo sviluppo di resistenze antibiotiche. Lo studio inoltre chiarisce il rapporto tra cicatrici renali e infezioni delle vie urinarie, dimostrando come queste alterazioni dei reni siano spesso congenite e non abbiano una relazione con l’infezione.
“I risultati di questo studio rappresentano il coronamento di un progetto, iniziato molti anni fa, mirato a offrire una risposta definitiva rispetto all’utilità di una pratica molto diffusa come la profilassi antibiotica”, commenta Giovanni Montini. “I nostri dati quantificano per la prima volta il suo effetto e ci fanno capire come possa essere riservata a chi soffre di infezioni ricorrenti, risparmiando lunghe terapie e molte visite ospedaliere in gran parte di questi bambini. Ancora più importante è l’impatto sullo sviluppo di resistenze batteriche. L’uso incontrollato di antibiotici rappresenta una vera emergenza medica della nostra epoca: si stanno, infatti, selezionando batteri sempre più resistenti agli antibiotici attualmente disponibili e per i quali potremmo non avere più terapie efficaci. I dati del nostro studio cambieranno l’approccio gestionale di questi pazienti”, conclude Montini.
Lo studio è stato finanziato dal Ministero della Salute Italiano e da due associazioni non profit, il Sogno di Stefano ONLUS e l’Associazione per il Bambino Nefropatico ONLUS, fondamentali per supporto ai bambini con malattie renali.