Alzheimer: così lecanemab elimina gli effetti della beta-amiloide


Alzheimer: nuovo studio ha spiegato il possibile meccanismo d’azione di lecanemab nel prevenire la tossicità della beta-amiloide

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Lecanemab, una terapia anticorpale diretta alla beta-amiloide, è stato approvato a gennaio dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento della malattia di Alzheimer (AD), ma come il farmaco fosse in grado di eliminare gli effetti della beta-amiloide non era esattamente chiaro. Ora una nuova ricerca – pubblicata negli Atti della National Academy of Science (PNAS) – suggerisce che il farmaco agisce su una particolare cascata molecolare, il sistema di contatto al plasma, che guida la tossicità della beta-amiloide.

I ricercatori hanno testato l’efficacia di varie forme di amiloide-beta nell’attivare il sistema di contatto plasmatico e hanno scoperto che le protofibrille amiloide-beta, note per essere la forma più tossica di amiloide-beta, hanno promosso l’attivazione di questa cascata molecolare e che il lecanemab ha inibito l’attivazione della via.

«Nel nostro studio, abbiamo esaminato lecanemab e abbiamo scoperto che può bloccare l’attivazione del sistema di contatto, che potrebbe essere uno dei motivi per cui è così efficace nel trattamento dell’AD» scrivono i ricercatori della Rockefeller University di New York.

Alterati livelli dei fattori del sistema di coagulazione intrinseca
«Molti anni fa, abbiamo iniziato a esaminare il coinvolgimento della disfunzione vascolare nell’AD allo scopo di verificare se la coagulazione irregolare del sangue o i problemi con il flusso sanguigno fossero problematici nei pazienti con AD» spiegano.

I ricercatori hanno scoperto che la fibrina, componente importante nella coagulazione del sangue, può stravasare nel cervello. «La barriera emato-encefalica può rompersi nell’Alzheimer, quindi gli elementi del sangue possono spostarsi nel cervello e depositarsi» aggiungono. La fibrina interagisce quindi con la beta-amiloide, la principale proteina patogena nell’AD.

I coaguli di fibrina possono formarsi in due modi diversi, ricordano gli autori: attraverso il normale processo che si verifica quando c’è una ferita e un sanguinamento oppure attraverso la coagulazione intrinseca, che avviene attraverso il sistema di contatto.

«Abbiamo iniziato a esaminare questo sistema e abbiamo scoperto che il plasma dei malati di Alzheimer mostrava livelli irregolari di questi enzimi e delle proteine che fanno parte del sistema di coagulazione intrinseca rispetto a quelli dei controlli normali» riportano gli studiosi. «L’attuale articolo è un’estensione di anni di studio di questa pathway e di questi meccanismi. È stato anche ispirato dall’approvazione del lecanemab e dal suo rilascio per l’uso nei pazienti con Alzheimer» specificano.

In ricerche precedenti, gli stessi ricercatori avevano scoperto che la beta-amiloide ha forme diverse. «È normalmente solubile ed è una molecola molto piccola. Ma nel tempo, e in diverse situazioni, può iniziare ad aggregarsi, diventando sempre più grande» sottolineano.

Coinvolto anche il rilascio di bradichinina
L’analisi del tessuto post mortem ha trovato placche fibrillari raggruppate insieme, insolubili e difficili da eliminare. «Le protofibrille sono il passo precedente al fatto che la beta-amiloide formi fibrille e sono considerate la forma più tossica, anche se il meccanismo alla base del perché siano così tossiche non è compreso» aggiungono gli autori.

Ricerche precedenti avevano già dimostrato che la beta-amiloide può attivare il sistema di contatto. Quest’ultimo ha due bracci, il primo dei quali è coinvolto con la coagulazione e il secondo con l’infiammazione, affermano gli autori. In effetti, è il sistema di contatto del plasma che collega le vie vascolari e infiammatorie.

Il sistema di contatto al plasma porta alla coagulazione della fibrina, continuano gli autori, e attiva il fattore XII (FXII) e porta alla coagulazione del sangue legandosi al fattore XI della coagulazione (FXI). Il sistema di contatto provoca con il secondo braccio anche infiammazione. La bradichinina, potente molecola infiammatoria, viene rilasciata legandosi al chininogeno ad alto peso molecolare (HK). Oltre all’infiammazione, la bradichinina può causare edema e permeabilità della barriera emato-encefalica.

Sebbene sia noto che la beta-amiloide può attivare il sistema di contatto, la particolare forma di beta-amiloide implicata in questa cascata non è stata identificata. E così, i ricercatori hanno incubato beta-amiloide-42 con plasma umano, testando vari tipi di beta-amiloide – monomeri, oligomeri, protofibrille e fibrille – per vedere quale avrebbe attivato il sistema di contatto.

Le protofibrille di beta-amiloide hanno promosso l’attivazione del sistema di contatto, come evidenziato da diverse reazioni, tra cui l’attivazione di FXII, mentre altre forme di beta-amiloide non lo hanno fatto. HK si è anche «legata strettamente» alle protofibrille di beta-amiloide, con un legame «più debole» ad altre specie della molecola, riferiscono gli autori, confermando che le protofibrille si legano a HK e FXII. Inoltre, i livelli di bradichinina sono risultati aumentati dalle protofibrille di beta-amiloide, che hanno anche indotto una coagulazione più rapida rispetto ad altre forme di beta-amiloide.

I ricercatori hanno introdotto il lecanemab nel quadro e hanno scoperto che «inibiva drasticamente» l’attivazione del sistema di contatto indotta dalle protofibrille di beta-amiloide. Per esempio, ha bloccato il legame di FXII alla beta-amiloide. Al contrario, le IgG umane (che i ricercatori hanno usato come controllo) non hanno avuto alcun effetto. Lecanemab ha anche impedito la coagulazione intrinseca accelerata nel plasma umano normale mediata dalle protofibrille di beta-amiloide.

Implicazioni per altre patologie non neurodegenerative
I risultati hanno implicazioni che vanno oltre l’AD, sottolinea l’autore senior Sidney Strickland, docente di Malattie neurodegenerative della Rockfeller University. «Il sistema di contatto è implicato in molte patologie diverse, tra cui anemia falciforme, sepsi, malattia infiammatoria intestinale e così via». Bloccare il sistema di contatto potrebbe essere un approccio utile anche in queste condizioni.

Fonte:
Chen ZL, Singh PK, Calvano M, Norris EH, Strickland S. A possible mechanism for the enhanced toxicity of beta-amyloid protofibrils in Alzheimer’s disease. Proc Natl Acad Sci U S A, 2023; 5;120(36):e2309389120. doi: 10.1073/pnas.2309389120. leggi