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Sclerosi multipla: arriva un nuovo strumento di intelligenza artificiale

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Uno strumento di intelligenza artificiale che confronta le strutture di farmaci e alimenti ha trovato numerose interazioni nel trattamento di pazienti con sclerosi multipla

Uno strumento di intelligenza artificiale che confronta le strutture di farmaci e alimenti ha trovato numerose potenziali interazioni nel trattamento di pazienti con sclerosi multipla (SM) e ha suggerito combinazioni terapeutiche meno rischiose.

I risultati sono stati presentati a Milano, nel corso del 9th Joint European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis-Americas Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ECTRIMS-ACTRIMS) 2023.

Il team di ricercatori – guidati da Michael Hecker, del Dipartimento di Neurologia del Centro Medico dell’Università di Rostock (Germania) – ha inserito i piani terapeutici di quasi 630 pazienti in una rete neurale profonda, che ha identificato le interazioni farmaco-farmaco in oltre l’80% dei casi, in particolare nel passaggio (switch) da un farmaco all’altro, insieme a potenziali interazioni alimentari.

Fondamentalmente, lo strumento è stato in grado di identificare interazioni specifiche che potrebbero essere evitate se un farmaco fosse sostituito con un’altra molecola con un profilo farmacologico simile, ma con un rischio inferiore di effetti avversi.

«Le potenziali interazioni tra farmaci sono una delle principali preoccupazioni per la sicurezza nei pazienti con SM» ha detto Hecker. Tali metodi basati sull’apprendimento profondo (deep learning) sono «utili» nello screening di potenziali interazioni sia tra farmaci che con gli alimenti, ha affermato.

Politerapia per mitigazione dei sintomi e comorbilità
Durante la sua presentazione, Hecker ha osservato che la maggior parte dei pazienti con SM assume due o più farmaci «per trattare la malattia e mitigare i sintomi e le comorbilità». Ha sottolineato, peraltro, che i pazienti che assumono più farmaci sono a maggior rischio di effetti collaterali, poiché un farmaco può influenzare le proprietà farmacocinetiche o farmacodinamiche di un altro.

«Per esempio, un farmaco può cambiare il metabolismo di un altro farmaco», ha detto Hecker, e quindi influenzarne il meccanismo d’azione e la risposta, con molecole che potenzialmente hanno effetti sinergici, antagonisti o additivi.

Hecker ha spiegato che il database online DrugBank «fornisce un’enorme raccolta» di interazioni note tra farmaci per composti che hanno un ‘track record’. «Tuttavia, per altri farmaci, e in particolare quelli che sono testati solo in studi clinici, non ci sono informazioni sulle interazioni farmaco-farmaco e farmaco-cibo» ha specificato. «Inoltre, è piuttosto dispendioso in termini di tempo cercare in un database le singole interazioni farmaco-farmaco».

Uno strumento con 34 milioni di parametri
Di conseguenza, c’è un crescente interesse per l’uso di reti neurali profonde (deep learning framework) per studiare le interazioni farmaco-farmaco, ha detto Hecker. DeepDDI, ha dichiarato, è il «framework di deep learning all’avanguardia (state-of-the-art)» per la previsione delle interazioni.

DeepDII considera coppie farmaco-farmaco o farmaco-cibo e confronta le loro strutture per determinare la loro somiglianza. Queste informazioni vengono inserite in una rete neurale profonda con quasi 34 milioni di parametri addestrabili (sottoponibili a training). Il framework fornisce quindi una previsione di eventuali interazioni negli stessi termini della DrugBank, suggerendo, per esempio, che il farmaco A può diminuire le attività antipertensive del farmaco B.

Per il presente studio, i ricercatori hanno addestrato la rete neurale profonda utilizzando la versione più recente del database DrugBank, scoprendo che il framework  era in grado di replicare le interazioni farmaco-farmaco del database con un’accuratezza di circa il 92,2%.

Il team di Hecker ha quindi inserito i piani terapeutici di 627 pazienti con SM nella rete neurale profonda. I pazienti avevano un’età media di 48,6 anni, il 70,3% erano donne e la durata mediana della malattia era di 10 anni. I soggetti in studio stavano assumendo una media di 5,3 farmaci e il 62% stava utilizzando farmaci modificanti la malattia (DMD).

Il team ha confrontato le strutture dei farmaci che i pazienti stavano assumendo con quelle di 367 farmaci utilizzati per il trattamento della SM, nonché con i dati strutturali di 1.673 composti alimentari dal database FooDB.

Rischi ridotti individuando molecole alternative
La prevalenza complessiva delle potenziali interazioni farmacologiche tra i pazienti inclusi nello studio è stata dell’81,2%. I ricercatori hanno quindi determinato la percentuale di pazienti che sarebbero stati a rischio di ulteriori interazioni farmaco-farmaco se fossero passati da un DMD a un altro oppure a un inibitore della tirosin-chinasi Bruton, considerati tutti gli altri farmaci.

Gli autori hanno scoperto, per esempio, che oltre il 40% dei pazienti che sono effettuato uno switch all’immunomodulatore fingolimod sarebbe stato a maggior rischio di bradicardia. Poco meno del 40% dei pazienti che hanno cambiato il loro DMD con l’analogo purinico cladribina avrebbe avuto un rischio aumentato, o un peggioramento, di sanguinamento, così come circa il 25% di coloro che fossero passati a mitoxantrone, antracenedione agente antineoplastico.

Hecker ha anche mostrato che la rete neurale profonda avrebbe potuto dare suggerimenti su come le interazioni critiche farmaco-farmaco potessero essere evitate sostituendo i farmaci interagenti con alternative dagli effetti farmacologici simili.

Per esempio, la carbamazepina potrebbe essere sostituita con il topiramato per evitare l’epatotossicità nei pazienti che assumono anche paracetamolo, mentre la liotironina potrebbe sostituire la levotiroxina nei pazienti che assumono anche teriflunomide.

Infine, Hecker ha riferito che c’era un sottoinsieme di 6.860 potenziali interazioni farmaco-cibo, con conseguente riduzione o aumento delle concentrazioni delle terapie mediche, in particolare in caso di consumo di pesce o funghi.

Ha ammesso, tuttavia, che c’erano diverse limitazioni allo studio, tra cui il fatto che includeva solo farmaci a piccole molecole e che non era state raccolte informazioni dai pazienti relative alla loro dieta alimentare o circa il fatto se avessero osservato effetti indesiderati del farmaco.

Inoltre, ha aggiunto, «solo un piccolo numero» delle potenziali interazioni farmaco-farmaco o farmaco-cibo che hanno identificato sarebbe «clinicamente rilevante». Hecker ha anche sottolineato come ogni farmaco ha un record, ma che lo stesso farmaco viene utilizzato per indicazioni diverse, con dosaggi diversi e che ha effetti collaterali diversi a seconda di come viene utilizzato. «Il modello non distingue questi aspetti» ha detto «e quindi alcune delle interazioni che evidenzia potrebbero essere correlate a dosi diverse da quella utilizzata nella SM, per esempio».

Per ora una promessa, presto possibili utili informazioni cliniche
Come per tutti gli strumenti di intelligenza artificiale, «è valido solo quanto sono validi i dati che stiamo inserendo» ha commentato Pavan Bhargava, professore associato di neurologia al Johns Hopkins Precision Medicine Center of Excellence for Multiple Sclerosis di Baltimora (USA). Bhargava, che ha co-presieduto la sessione, ha affermato in particolare che «ci sono limitazioni alle informazioni presenti nei database» che vengono immesse nella rete neurale profonda.

Ha anche sottolineato che, «allo stato attuale, non sembrerebbe che si sia arrivati a molte informazioni clinicamente utili», osservando comunque che «potremmo arrivare a quel punto». In altre parole, «in questo momento c’è una promessa, che non è ancora stata del tutto mantenuta».

Fonte:
Hecker M, Fitzner B, Frahm N, Zettl UK. Deep learning-based prediction of interactions between drugs used by patients with multiple sclerosis. ECTRIMS-ACTRIMS 2023, Milano. Abstract n. 1197/O042. leggi

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