Ogni anno nel mondo si verificano 10 milioni di casi di Trombosi venosa ed Embolia polmonare, che complessivamente prendono il nome di Tromboembolismo Venoso
Ogni anno nel mondo si verificano 10 milioni di casi di Trombosi venosa ed Embolia polmonare, che complessivamente prendono il nome di Tromboembolismo Venoso (TEV).
Mentre il Tromboembolismo Arterioso, che vede come prevalenti patologie l’infarto miocardico acuto e l’ictus cerebrale, è molto più noto alla popolazione generale, le conseguenze del TEV sono meno conosciute e note.
Dopo la cardiopatia ischemica e l’ictus cerebrale ischemico il TEV è la patologia cardiovascolare più frequente e causa importante di mortalità e morbilità: è al terzo posto tra le cause di morte nella popolazione generale ed al primo posto nei pazienti ospedalizzati. Tuttavia, mentre l’impatto di infarto e ictus sulla mortalità e disabilità globali è ben riconosciuto e percepito, non lo è altrettanto quello del TEV.
La trombosi venosa profonda si verifica quando si forma un trombo (coagulo di sangue) in una vena profonda, solitamente a livello degli arti inferiori e talora un frammento del coagulo si stacca e migra verso i polmoni, causando embolia polmonare, una complicanza potenzialmente letale della trombosi venosa profonda.
Il tasso di incidenza di TEV è generalmente più elevato nelle donne in età fertile (probabilmente a causa dell’uso di contraccettivi ormonali e della gravidanza), mentre gli uomini hanno un tasso di incidenza più elevato al di sopra dei 45 anni.
Il dott. Claudio Picariello – Chairman Area Malattie del Circolo Polmonare ANMCO – ha spiegato: “Molti dei fattori di rischio per il tromboembolismo arterioso lo sono anche per il TEV, come obesità fumo e malattie infiammatorie intestinali, mentre è meno noto che l’immobilità prolungata, fratture o esiti di chirurgia ortopedica e l’assunzione di estroprogestinici, soprattutto in caso di familiarità per TEV, sono fattori di rischio importanti da conoscere. I pazienti con neoplasia hanno un elevato rischio di TEV, che si riscontra incidentalmente alle TAC di stadiazione di malattia, ma un altrettanto alto rischio emorragico. Banalmente, un prolungato viaggio aereo se non interrotto da momenti di stretching muscolare o blande passeggiate, aumenta il rischio”.
“Poiché il TEV è poco conosciuto dalla popolazione – prosegue il dott. Picariello – la diagnosi spesso non è semplice ed i sintomi più frequenti, come gonfiore, rossore e dolore ad un arto inferiore, tosse, mancanza di fiato, febbricola e dolore al petto o addirittura perdita di coscienza, possono essere sfumati, non tutti presenti o ricordare altre patologie frequenti (polmonite, scompenso cardiaco, aritmie), complicando e rallentando il percorso diagnostico-terapeutico.
Non per niente, l’embolia polmonare viene comunemente chiamata <la grande simulatrice> e quando un paziente si presenta in pronto soccorso con una perdita di coscienza transitoria, bisogna sempre escludere tra le cause il TEV”.
“Molti dei sintomi di esordio – conclude il dott. Picariello – sono aspecifici e spesso sottovalutati, come la triade dell’embolia (tosse, mancanza di fiato, dolore toracico), non sempre sono presenti segni di trombosi venosa profonda evidente (gonfiore rossore e dolore ad un arto), a volte addirittura il paziente ha caratteristiche cliniche ed elettrocardiografiche che ricordano un infarto miocardico. E soprattutto, in caso di sincope o perdita di coscienza transitoria, diversi studi autoptici dimostrano che non si pensa ancora al TEV come prima diagnosi in pronto soccorso, ma spesso la diagnosi viene fatta all’autopsia. In casi di gravità clinica estrema (stato di shock) oltre alla trombolisi sistemica con farmaci molto potenti, sta prendendo piede l’idea di una “angioplastica ed aspirazione” degli emboli sulla scia dell’angioplastica primaria sulle coronarie per l’infarto miocardico acuto. La diagnosi precoce in pronto soccorso e la relativa terapia anticoagulante già al sospetto clinico è fondamentale.”
Il dott. Domenico Gabrielli – Presidente Fondazione per il Tuo cuore – ha sottolineato: “conoscere la trombosi significa curarla e salvare delle vite e per questo la diagnosi precoce è fondamentale. È molto importante dunque aumentare la sensibilità tra la popolazione sui meccanismi della Trombosi e dell’Embolia Polmonare, problematiche altamente prevenibili, che possono provocare un evento drammatico e spesso mortale. Se ci si focalizza ad esempio sui pazienti ricoverati, solo 25 su 100 sanno che il fatto stesso di essere ricoverati in ospedale aumenta la probabilità di Trombosi. Il TEV è in costante aumento per diversi motivi, fra i quali l’allungamento della vita media, l’incremento della chirurgia geriatrica e delle patologie traumatiche”.
“C’è poca consapevolezza – continua il dott. Gabrielli – tra la popolazione sulla prevenzione del TEV soprattutto dopo incidenti, traumi o ricoveri ospedalieri, dove la profilassi con eparina a basso peso molecolare per periodi limitati è fondamentale, adeguata al peso corporeo. Sicuramente insistere su un corretto stile di vita (attività fisica moderata, astensione dal tabagismo, dieta a basso contenuto di sodio e lipidi, idratazione adeguata) aiuta non solo la circolazione arteriosa, ma anche quella venosa. In alcune situazioni è opportuna anche la collaborazione con altri specialisti per la prevenzione del TEV, come i ginecologi in caso di assunzione di anticoncezionali che devono fornire adeguato counseling in determinate situazioni (pazienti sovrappeso, fumatrici o con storia familiare di TEV), e gli oncologi vista l’elevata incidenza di TEV nei pazienti neoplastici
I nuovi anticoagulanti orali hanno quasi completamente sostituito il caro vecchio warfarin, in quanto di pari efficacia e maggiore sicurezza, in mono o doppia somministrazione giornaliera, e non richiedono frequenti controlli dei tempi di coagulazione. Anche l’infezione da SARS COV 2 si e mostrata essere un fattore di rischio, per fortuna transitorio, per l’insorgenza di TEV, ed in alcune situazioni va concordato col curante se intraprendere una profilassi eparinica sottocutanea.”
“I suggerimenti per prevenirla – conclude il dott. Gabrielli – sono, nella vita quotidiana, innanzitutto attività fisica regolare, abolizione del fumo, corretta alimentazione e peso corretto; è bene evitare di restare seduti per lunghi periodi e ad esempio nel caso di viaggi ad ampio raggio il consiglio è quello di indossare vestiti leggeri, sgranchirsi le gambe, idratarsi e bere acqua in abbondanza; valutare inoltre la predisposizione in famiglia all’ipertensione, e se il proprio medico di fiducia lo ritiene opportuno, intensificare i controlli della circolazione sanguigna. In caso di ricoveri prolungati è molto importante discutere con l’operatore sanitario sui metodi di prevenzione e sui fattori di rischio. Le calze a compressione possono essere utili in caso di specifici fattori di rischio, come la presenza di vene varicose o intervento chirurgico. Gli anticoagulanti, infine, rappresentano il trattamento di prima linea poiché impediscono al sangue di coagularsi ed ai coaguli esistenti di aumentare di dimensioni. Essi possono essere prescritti in casi specifici, quali un precedente episodio, periodo post-operatorio o ricovero. Poiché alcune strategie di prevenzione possono fermare lo sviluppo di trombi negli individui a rischio, è importante identificare e quantificare il rischio individuale attraverso le caratteristiche personali e la storia familiare. Nonostante l’esistenza di linee guida di provata efficacia a supporto della profilassi del TEV, è necessario migliorare l’aderenza alle linee guida e fornire cure appropriate ai pazienti a rischio”.