Diagnosi di Alzheimer e lieve decadimento cognitivo più probabile in pazienti con storia di depressione o esaurimento indotto da stress
Le persone con una storia di depressione o stress hanno significativamente più probabilità di ricevere una diagnosi di lieve decadimento cognitivo (MCI) o malattia di Alzheimer (AD) più avanti nel corso della vita rispetto a quelli senza entrambe le condizioni. È quanto riporta un nuovo studio pubblicato su “Alzheimer’s Research & Therapy”.
Il disegno dello studio finanziato dal Karolinska Institutet
Lo studio di coorte longitudinale è stato condotto su 1.362.548 persone con record nel database sanitario amministrativo della regione di Stoccolma e diagnosi di esaurimento indotto da stress (SED), depressione o entrambi i disturbi tra il 2012 e il 2013. La coorte (di età compresa tra 18 e 65 anni) è stata seguita per la diagnosi di MCI o AD tra il 2014 e il 2022.
Lo studio, finanziato dal Karolinska Institutet, è stato condotto da Johanna Wallensten, dottoranda del Dipartimento di Scienze Cliniche all’Ospedale Danderyd, nell’area settentrionale di Stoccolma (Svezia), e colleghi.
I risultati principali
Il SED è stato diagnosticato nello 0,3% della coorte, la depressione nel 2,9% mentre il riscontro anamnestico sia di SED che di depressione si è avuto nello 0,1% della popolazione considerata.
Rispetto alle persone senza SED o depressione, il rischio di AD era più che doppio nei pazienti con SED (odds ratio aggiustato [aOR], 2,45; 99% CI, 1,22-4,91) o depressione (aOR, 2,32; 99% CI, 1,85-2,90) e quattro volte superiore nei pazienti con SED e depressione (aOR, 4,00; 99% CI, 1,67-9,58).
Anche il rischio di MCI era più alto nelle persone con SED (aOR, 1,87; 99% CI,1,20-2,91), depressione (aOR, 2,85; 99% CI, 2,53-3,22) o sia SED che depressione (aOR, 3,87; 99% CI, 2,39-6,27) rispetto ai pazienti senza storia di SED o depressione.
Solo i pazienti con depressione avevano un rischio più elevato per un altro tipo di demenza (aOR, 2,39; 99% CI, 1,92-2,96), cioè con corpi di Lewy, vascolare e mista.
Limitazioni dello studio
L’uso di un registro sanitario potrebbe aver portato a sovra- o sottostima di depressione, MCI e AD. Lo studio probabilmente identifica la maggior parte delle persone con depressione ma non la maggior parte delle persone con sintomi depressivi.
Più precisamente, le diagnosi in questo ampio set di dati clinici sono state registrate in base alla pratica clinica, il che può differire dai requisiti utilizzati per le diagnosi negli studi clinici. È proprio questo che può comportare sia sovrastime che sottostime della prevalenza.
Tuttavia, sottolineano gli autori, quando le diagnosi sono state registrate, questo studio non era stato pianificato e non avrebbe potuto quindi essere responsabile di una possibile sottostima o sovrastima.
Implicazioni future per la pratica clinica
Sono necessarie ulteriori esplorazioni sulla potenziale associazione tra biomarcatori, geni di rischio (per esempio, APOE) e biomarcatori legati allo stress e allo stress (come il cortisolo e i marcatori derivati dagli astrociti), da un lato, e la depressione, dall’altro.
Ciò – sottolineano Wallensten e coautori – è particolarmente rilevante data la proposta che, in un prossimo futuro, i biomarcatori plasmatici, come la tau fosforilata, la proteina della catena leggera dei neurofilamenti (NfL) e la proteina acida fibrillare gliale (GFAP) possano servire come biomarcatori diagnostici di routine.
«Studi futuri dovrebbero esaminare la possibilità che i sintomi della depressione e/o dello stress cronico possano essere sintomi prodromici di demenza piuttosto che fattori di rischio» aggiungono Wallensten e colleghi.
I risultati suggeriscono che lo stress cronico e la depressione possono essere fattori di rischio indipendenti per la demenza e insieme possono avere un effetto additivo sul rischio di demenza successiva, concludono.
Fonte:
Wallensten J, Ljunggren G, Nager A, et al. Stress, depression, and risk of dementia – a cohort study in the total population between 18 and 65 years old in Region Stockholm. Alzheimers Res Ther. 2023;15(1):161. doi: 10.1186/s13195-023-01308-4. leggi