Simone Verde, classe 1975, già direttore del Complesso Monumentale della Pilotta, è stato nominato direttore delle Gallerie degli Uffizi
Simone Verde, classe 1975, già direttore del Complesso Monumentale della Pilotta della quale ha portato a termine il totale restauro e riallestimento, è stato nominato direttore delle Gallerie degli Uffizi.
Ha un curriculum internazionale: ex Responsabile Ricerca scientifica e Pubblicazioni per il Louvre di Abu Dhabi/Afm, è stato attivo nella cooperazione in paesi non occidentali, al servizio della cultura come strumento di promozione della democrazia. In questo spirito ha rivestito il ruolo di componente del comitato scientifico dell’Ermitage in Italia ed ha assicurato numerose expertise all’estero, tra le quali alcune per i musei della capitale dell’Arabia Saudita, Riyadh. E’ uno degli autori del documento del Louvre per la riforma dell’Unesco commissionato nel 2013 dalla Presidenza della Repubblica francese.
È laureato in filosofia teoretica a Roma, ha conseguito un master in filosofia antica a Parigi, si è diplomato in storia dell’arte all’École du Louvre ed ha ottenuto un dottorato in antropologia dei beni culturali all’EHESS di Parigi. Da storico dell’arte e antropologo culturale è curatore e autore di cataloghi e mostre, tra cui spicca l’enciclopedica I Farnese, arte, architettura, potere, del 2021. Nel corso degli anni ha collaborato come producer e corrispondente con quasi tutte le tv nazionali francesi e con la radio France Culture. Ha tradotto dal francese per gli editori Adelphi e Sellerio ed ha lavorato come editor per numerose case editrici italiane. E’ autore di vari volumi, tra i quali Cultura senza Capitale, vincitore del Premio Pisa 2013, Le belle arti e i selvaggi (2017), Voltare Pagina (2022), La scuola del mondo (2023).
Schmidt chiude il mandato con due acquisizioni e una donazione
Raffigurazioni di personaggi storici, d’opere d’arte, di oggetti preziosi, decorazioni floreali e meticolose geometrie architettoniche: questo e molto altro è racchiuso nell’ampio fondo Valadier, appena acquisito dalle Gallerie degli Uffizi, che da oggi ne accresce la vasta collezione di opere grafiche, custodite nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. Il corpus, costituito da oltre duecentosettanta esemplari, è riconducibile alla prestigiosa attività della bottega romana di Luigi Valadier (1726-1785), il principale orafo italiano del XVIII secolo, e del poliedrico figlio Giuseppe (1762-1839), architetto, orafo e argentiere il cui lavoro ebbe fondamentale importanza per lo sviluppo del Neoclassicismo.
Il ricco nucleo presenta una variegata gamma di tecniche impiegate. A seconda della natura del disegno, veniva selezionato un diverso tipo di carta e una particolare tecnica artistica: la penna e l’inchiostro bruno per gli schizzi veloci, elaborate acquarellature per progetti completi come i cosiddetti disegni “di presentazione”. Inoltre, all’interno dell’officina, la creazione di ogni bozzetto scaturiva dal lavoro di più maestri altamente specializzati tra cui sono stati identificati, oltre ai Valadier e ai loro collaboratori. Infine, i disegni passavano nelle mani di numerosi artigiani, a cui era affidato, come dimostrano le indicazioni operative sui fogli, il compito di trasformare gli studi in lavori compiuti.
Altro elemento di varietà sono i soggetti dei disegni. Cinquantasette bozze ritraggono argenti e oggetti liturgici, come croci d’altare, calici, pissidi, ostensori; sessantasei raffigurano disparati objets d’art, mentre quasi ottanta erano destinati allo spolvero, ovvero al trasferimento su lamine di metallo delle forme progettate su carta. Alle decorazioni si dedicano trentanove disegni, e nove sono gli studi preparatorie per le sculture. Completano la raccolta quarantaquattro carte di progetti architettonici, che ampliano la raccolta di fogli di Giuseppe Valadier ospitata all’interno del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe.
Per il numero, la qualità e lo stretto legame dei disegni con l’officina dei Valadier, l’acquisizione rappresenta un fondamentale arricchimento per il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, e vuole essere un preciso atto di tutela contro la dispersione del patrimonio artistico, poiché molti dei disegni ora custoditi dal museo fiorentino sono, in passato, rimasti in balia del mercato antiquario estero.
L’artista portoghese Joana Vasconcelos ha donato il suo autoritratto alle Gallerie degli Uffizi. Si tratta di un’opera realizzata con una varietà di materiali, in perfetto stile Vasconcelos: un’impressione su alluminio è stata utilizzata come base per il volto dell’artista, che è poi stato coperto da un uncinetto colorato. Il tutto è stato quindi posto all’interno di una cornice finto antica, mentre la scelta di aggiungere il croquet costruisce un collegamento diretto con una delle installazioni attualmente presenti nella mostra dell’artista alle Gallerie degli Uffizi, Between Sky and Heart, che possiede la stessa caratteristica: si tratta di Happy Family, esposta nella Sala di Bona a Palazzo Pitti). Between Sky and Heart è visitabile, nella doppia sede di Uffizi e Palazzo Pitti, fino al 14 gennaio.
Ancora due importanti acquisizioni per la collezione ottocentesca della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti: il Ritratto detto dell’intendente Delanoy di François-Xavier Fabre e il busto marmoreo dello stesso Fabre scolpito da Emilio Santarelli. Agli inizi degli anni Novanta del Settecento il granducato di Toscana offriva un pacifico rifugio per coloro che fuggivano dalla Francia in piena rivoluzione. Tra questi il pittore neoclassico François-Xavier Fabre, di simpatie monarchiche, che giunse a Firenze nel 1793 dopo aver soggiornato a Roma come vincitore del famoso Prix de Rome. Egli vi rimase fino agli anni Venti dell’Ottocento, stringendo rapporti d’amicizia con gli artisti e gli intellettuali che animavano l’illuminato granducato di Toscana, come l’Alfieri e la Contessa d’Albany, diventando a tutti gli effetti un fiorentino d’adozione. E proprio a Firenze l’artista dipinse questo ritratto, firmato e datato 1809, nei primissimi tempi del regno della sorella di Napoleone, Elisa Baciocchi, che resse il granducato fino al 1813. Se rimane ancora qualche dubbio che la tradizionale identificazione del giovane in uniforme con l’intendente Delanoy sia veramente attendibile, è indubitabile l’ambientazione: il personaggio è rappresentato in piedi su una terrazza della collina di Boboli, con vista sul centro cittadino e sulla cupola del Duomo, il campanile di Giotto e Orsanmichele. I suoi interessi botanici sono sottolineati dal libro che regge nella mano sinistra, un volume del naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus, detto Linneo, mentre con la destra indica un vaso fiorito. L’alta qualità pittorica del ritratto consente di annoverarlo tra i migliori realizzati da Xavier Fabre, del quale gli Uffizi possiedono già quelli della famosa coppia romantica, Vittorio Alfieri e Luisa Stolberg, contessa d’Albany (1793).
Emilio Santarelli, autore del busto marmoreo di François-Xavier Fabre, effigiato con straordinaria eleganza neorinascimentale, era figlio dello scultore e ceroplasta Giovanni Antonio Santarelli, ma fu nominato erede universale dallo stesso Fabre, tanto da far ipotizzare che il pittore fosse in realtà suo padre naturale. Per il ruolo centrale che François-Xavier Fabre ebbe nel panorama culturale di Firenze dei primi anni venti dell’Ottocento, queste due acquisizioni costituiscono un importantissimo arricchimento per le raccolte della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti cui sono destinate.
Commenta il direttore uscente delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Sono particolarmente felice di concludere il mio secondo mandato da direttore delle Gallerie degli Uffizi con l’acquisto del busto di François-Xavier Fabre, scolpito da Emilio Santarelli, suo erede universale e forse anche suo figlio naturale; e dello straordinario ritratto dell’intendente Delanoy oppure di un altro personaggio di spicco, ancora misterioso, appassionato di botanica tanto da farsi ritrarre nel Giardino di Boboli, con il panorama di Firenze alle spalle. Esposto nel capoluogo toscano per alcuni mesi in una mostra una trentina d’anni fa, il quadro ora torna per sempre nel suo luogo d’origine, a testimoniare il ruolo fondamentale di Firenze nei rapporti internazionali per tutto il periodo lorenese”.